Le gare, i concorsi e l’Inquisizione
Nicola Casagli
“Avete detto che farete una gara. Come fate a sapere che la vince Fincantieri?” – tuona l’On. Andrea Orlando in Parlamento all’audizione del Ministro Toninelli sulla ricostruzione del ponte di Genova.
La domanda mi pare un po’ ingenua. Con il vigente codice appalti, così complesso e confuso, è del tutto ovvio che il nome del vincitore lo sappiano tutti ben prima dell’obbligatoria gara pubblica.
Gli appalti sono esattamente come i concorsi universitari, per questo mi interessano così tanto: più complesse fai le regole, più facile è pronosticare il nome del vincitore.
Ho provato a spiegare questo al sottosegretario Fioramonti nel breve incontro che mi ha concesso, così come provai a spiegarlo ai suoi predecessori.
Mi pare che i miei consigli sulla semplificazione non siano stati per niente presi in considerazione, visto che la prima iniziativa del sottosegretario sembra essere la costituzione di un osservatorio sulla trasparenza dei concorsi presso il MIUR, affidato nientemeno che a un ex conduttore delle Iene.
Personalmente non ho niente contro Dino Giarrusso e non entro nel merito delle sue competenze. Il problema non è la persona, ma la creazione dell’ennesima struttura ispettiva del sistema più controllato del mondo. Esattamente l’ultima cosa di cui l’Università italiana ha bisogno.
Il nuovo osservatorio a mio parere aggiungerà ulteriore complessità a un sistema già complesso, stratificando un’altra sovrastruttura sulle troppe che già ci sono (ANAC, ANVUR, TAR, osservatori già esistenti, nuclei di valutazione, collegi di disciplina, etc.).
Il sottosegretario evidentemente è convinto che i principali problemi dell’Università italiana siano i concorsi truccati e i baroni. Esattamente quello che ci hanno raccontato per anni Moratti, Gelmini, Giannini e Fedeli.
In nome della lotta ai baroni per la meritocrazia, la destra ci ha regalato una riforma ottusa e strampalata, la sinistra l’ANVUR e le linee guida ANAC. Nel frattempo tagliavano fondi e speranze dei giovani, edificando una surreale burocrazia paralizzante.
Il sottosegretario afferma di aver ricevuto una trentina di segnalazioni di anomalie di concorsi. Poiché di concorsi se ne tengono ogni anno a migliaia, mi pare che il numero di segnalazioni rappresenti un problema residuale, del tutto gestibile con gli strumenti ordinari (TAR) come di fatto avviene.
Ben più gravi anomalie si riscontrano in concorsi e gare in altri settori della Pubblica Amministrazione.
L’eccessiva “trasparenza” sui concorsi, così come nelle gare, perseguita moltiplicando regole e strutture preposte alla vigilanza, produce solo opacità. Mi dispiace che pochi lo capiscano.
L’Università ha bisogno di poche regole semplici, di libertà e di autonomia, come in tutti i paesi civili. Se no il nome del vincitore lo sapremo sempre prima e raramente sarà quello del migliore.
Il Premier Conte ha detto le uniche cose sensate sui concorsi:
«Ogni riforma ha fallito, compresa la Gelmini che infilò nelle commissioni lo ‘straniero’, una specie di marziano di Flaiano, che poi marziano non era perché tutti conoscono tutti. Perciò può non servire neppure il sorteggio dei commissari. Una soluzione potrebbe essere un ferreo codice di autodisciplina in cui tutti si impegnino a rispettare i principi dell’art. 54 della Costituzione: “disciplina e onore“.
Costituzione, disciplina e onore, non regole e osservatori ministeriali.
Credo di aver capito che con il governo del cambiamento non ci sarà nessun cambiamento, almeno per l’Università, e si continuerà a favoleggiare di baroni, centauri e sirene, per eludere gli interventi che veramente sono urgenti e necessari.
In molti ci aspettavamo la Liberazione, ma adesso cominciamo a temere che ci arriverà solo l’Inquisizione!