Contratto scuola, ultimo appello
Trattativa in stallo sui 200 milioni del bonus merito di Renzi e sulle sanzioni disciplinari. Pressing su Palazzo Chigi. Enti locali pronti al subentro
Alessandra Ricciardi
Saltato il calendario iniziale, che prevedeva la firma già per metà gennaio, più si va avanti e più aumenta il rischio che il contratto vada a dopo il 4 marzo. Una consapevolezza che i sindacati condividono con l'agenzia governativa per la contrattazione nel pubblico impiego.
Le trattative per il rinnovo del contratto del mega comparto di scuola, università e ricerca si sono arenate su due punti chiave: i 200 milioni del merito, il cosiddetto bonus della Buona scuola di Matteo Renzi, e le sanzioni disciplinari. Sul primo punto i sindacati chiedono che il fondo sia distolto dall'attribuzione discrezionale dei dirigenti scolastici, che ha visto premiare un docente di ruolo su tre, per essere assegnato sullo stipendio tabellare; per le sanzioni disciplinari, hanno ritenuto irricevibile la proposta di prevedere anche per gli insegnanti il sistema sanzionatorio, comprese le sospensioni fino a dieci giorni, che farebbero perno sul preside, così come avviene già per il personale ausiliario tecnico e amministrativo.
Le aperture contenute nell'integrazione all'atto di indirizzo, che, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, il Mef ha licenziato, sarebbero insufficienti. A parere dell'Aran, l'agenzia governativa per la contrattazione nel pubblico impiego, la nuova direttiva non consentirebbe di accogliere le richieste delle sigle. Servirebbe una modifica normativa su entrambi i punti. La sola contrattazione a livello nazionale dei criteri a cui i dirigenti dovrebbero attenersi nell'assegnare i premi, a cui l'Agenzia ha aperto, è stata ritenuta non risolutiva dai sindacati. Che hanno rilanciato chiedendo che invece i 200 milioni siano considerati a pieno salario accessorio. Entrando così a far parte dello stipendio in senso stretto.
La questione è stata rinviata al livello politico: è la ministra dell'istruzione Valeria Fedeli, e indirettamente lo stesso premier Paolo Gentiloni a cui i sindacati si sono appellati perché si possa procedere alla chiusura del tavolo e alla firma del contratto, che dovrà dire fin dove si può spingere in via interpretativa l'Aran. Sul bonus merito ma anche sulle sanzioni disciplinari.
Non giova in questo quadro che la campagna elettorale sia ormai entrata nel vivo: la scuola è bacino elettorale sensibile, una volta appannaggio del centrosinistra, ora incline all'astensionismo e con forti interessi verso il Movimento5Stelle. Una situazione che rende dunque delicato sciogliere i punti chiave della trattativa. Visto che infatti la soluzione non può essere solo tecnica, è la politica che deve farsene carico.
Intanto il comparto degli enti locali si sta portando avanti anche sul fronte del reperimento delle maggiori risorse richieste per assicurare gli aumenti mensili degli 85 euro. E a questo punto non è più escluso che, dopo lo stato e le forze dell'ordine, possa essere il prossimo comparto che rinnova il contratto al termine di nove anni di blocco. Questa settimana, comunque, assicurano da viale Trastevere, sarà decisiva per capire come si chiuderà la partita della scuola che interessa oltre un milione di dipendenti pubblici. Mentre cresce il pressing dei sindacati seduti al tavolo perché, con responsabilità, si chiuda il contratto a cui sono demandati capitoli importanti, economici ma anche normativi, che altrimenti resterebbero in sospeso.