FLC CGIL
Elezioni CSPI, si vota il 7 maggio 2024

https://www.flcgil.it/@3817557
Home » Attualità » Sindacato » Il DPEF visto da scuola, università, ricerca

Il DPEF visto da scuola, università, ricerca

La FLC sul Documento di Programmazione Economico Finanziaria per gli anni 2007-2011.

17/07/2006
Decrease text size Increase  text size

Il Governo ha presentato il 7 luglio il Documento di Programmazione Economico Finanziaria per gli anni 2007-2011.
Un documento molto atteso per verificare la coerenza tra programmi ed obiettivi di governo con le linee concrete di intervento da predisporre in un contesto di grande difficoltà economica del paese.
Ad una prima lettura del poderoso testo, che si compone di 160 pagine, possiamo avanzare alcune prime considerazioni di metodo e di merito.

IL METODO

  1. Il confronto con le parti sociali è stato molto limitato in fase di predisposizione del DPEF e questo rende più difficile il rapporto futuro sulla legge finanziaria;

  2. Il DPEF è molto generico: fatto salvo il punto cardine, esplicitato, rappresentato dall’entità complessiva della manovra (pag. 144: 35 miliardi di euro, pari al 2,3% del PIL per il 2007), è difficile capire, e bisogna agire mettendo a confronto diversi parametri non tutti esplicitati, da dove vengono prese le risorse, in che modo, come vengono distribuite, come vengono utilizzate.

IL MERITO

  1. Il risanamento del bilancio, obiettivo condivisibile, dovrebbe essere uno strumento per aggredire i nodi strutturali della crisi economica e produttiva del paese, vero obiettivo da raggiungere. Se invece, come appare, i vincoli quantitativi diventano loro il vero obiettivo, la soluzione dei problemi strutturali rimane inchiodata ed insoluta.

  2. Questa inversione rischia di rendere reale, di fatto, una politica dei due tempi (prima il risanamento e poi lo sviluppo) che non condividiamo.

  3. Conferma di questo sta nel fatto che non troviamo tracce concrete di investimenti in innovazione e ricerca (in coerenza con i tagli proposti dal decreto Bersani su scuola, università, ricerca ed Afam); al contrario, quando di queste si parla, viene affrontato il problema in termini di razionalizzazione dell’esistente e di competizione all’interno del sistema formativo, in particolare di quello universitario. L’innovazione rimane soprattutto una questione di diffusione di nuove tecnologie sia nel privato che nel pubblico. Questo vuol dire essere fruitori e non produttori nei settori qualificanti e trainanti dell’economia mondiale (riferimenti a questi argomenti si trovano, in particolare, alle pagine 91, 97 e 98 del documento);

  4. Dalla pagina 68 alla pagina 71, parlando delle spese del personale, viene proposta una analisi del settore della scuola piuttosto superficiale e sommaria (si spende di più che in altri Paesi, c’è un rapporto docenti/alunni squilibrato; ecc.) che, se pur in modo intuitivo, avvalora l’ ipotesi fatta sopra che in questo campo difficilmente verrà proposto un investimento di nuove risorse. Peccato, per chi ha scritto quelle pagine, che i dati siano diversi e un po’ più ostici ad analisi fatte a palmi!

L’esame del DPEF che qui abbiamo presentato, è sicuramente parziale in quanto il punto di osservazione si è limitato agli aspetti della formazione. Questo non vuole negare che esistono nel documento anche affermazioni importanti e propositi di intervento altrettanto importanti.

Però, per noi e per i comparti che rappresentiamo come FLC questo DPEF non va bene e non possiamo che essere preoccupati per molte delle affermazioni contenute nel documento.
Utilizzeremo tutti gli strumenti sindacali di cui disponiamo per ottenere dei cambiamenti di rotta sostanziali.

Roma, 17 luglio 2006