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Scuole libere dalla pubblicità

Spot nelle scuole? No grazie. L’idea è circolata qualche settimana a Genova, ma, per fortuna, non ha trovato molti sostenitori. Articolo di Anna Oliverio Ferraris

20/04/2006
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L’idea può affascinare in quanto potrebbe servire a portare qualche euro nelle casse delle scuole svuotate da 5 anni di Governo Berlusconi…ma quanto di diseducativo contiene una tale iniziativa lo spiega in questo articolo la psicologa Anna Oliverio Ferraris.

Roma, 20 aprile 2006

“Da alcuni mesi il signor Pigalli sta percorrendo in lungo e in largo il nostro Paese proponendo sponsorizzazioni ai dirigenti scolastici. Poiché, come si conviene ad un venditore professionista, è educato nei modi e convincente nel linguaggio, Pigalli è già riuscito a convincere, vari presidi della Liguria e della Campania, a introdurre una serie di cartelloni pubblicitari nelle aule scolastiche.

Che discorso faccia il signor Pigalli ai presidi e ai direttori didattici lo possiamo facilmente immaginare. Il Ministero vi ha tagliato i fondi del 30-40% - dirà nella sostanza il nostro venditore - sappiamo che siete in difficoltà al punto da non riuscire nemmeno a scaldare le aule e a comprare la carta per le fotocopie: niente paura, ci siamo qui noi a darvi una mano! Il Ministro predilige le scuole private? noi, sponsor e pubblicitari, preferiamo le scuole pubbliche! E come un vero deus-ex-machina eccolo proporre una cifra “congrua” (ma non elevata) in cambio di un congruo numero di cartelloni pubblicitari da appendere sui muri, dentro le aule.

Il nostro venditore è bravo, sa cosa dire e cosa fare per vincere le resistenze dei dirigenti scolastici e degli insegnanti. L’inizio deve essere soft. Le prime pubblicità devono assomigliare il più possibile alle pubblicità progresso: l’acquario di Genova, i musei, i viaggi… soltanto in seguito, con calma, magari il prossimo anno, subentreranno le bibite, le merendine, i capi di abbigliamento e tutto il resto. L’importante è sfondare. Una volta entrati tutto sarà più semplice. Se si vince la prima battaglia si vincerà la guerra. Pubblicitari e sponsor potranno dettare le condizioni, tirare sul prezzo, imporre un numero sempre più elevato di pubblicità, passare da quelle mute a quelle sonore come sulle spiagge, da quelle statiche a quelle dinamiche su schermo come negli aeroporti, nelle stazioni ferroviarie, nelle metropolitane.

Che dire di questo scenario che sta prendendo forma sotto i nostri occhi? Da un lato possiamo capire i dirigenti scolastici e solidarizzare con loro: all’improvviso si trovano in gravi difficoltà, è normale che si aggrappino a chi tende loro una mano. L’entrata delle sponsorizzazioni delle scuole è la logica conseguenza della politica ministeriale che privilegia il privato al pubblico, ma bisogna pur sopravvivere! Qualcuno, rendendosi conto della gravità della scelta (la scuola era uno dei pochi spazi ancora liberi dalla manipolazione pubblicitaria), cerca una via d’uscita nel seguente ragionamento: sarà un’occasione per riflettere sui meccanismi della pubblicità, per rendere i ragazzi più critici nei confronti delle sponsorizzazioni. Non era però necessario introdurre la pubblicità nelle aule per poter fare un lavoro che molti insegnanti fanno ormai da anni. La pubblicità nelle aule renderà invece questo lavoro più difficile per l’ambiguità creata dalla sua presenza.

I pubblicitari sanno perfettamente che esistono vari livelli di comunicazione: razionale, emotiva, percettiva. Che si può affermare un principio e contemporaneamente negarlo. Sanno come aggirare la razionalità per colpire l’emotività e la percezione. Sanno come far restare impressi nella memoria un’immagine e un jingle. Sanno quali testimonial utilizzare per sedurre i ragazzi, favorire l’identificazione, farli sentire inadeguati, indurli ad assumere un determinato modello di comportamento e acquistare l’ultimo status simbol voluto dalla moda. Sanno anche che la presenza è efficace e convincente di per sé.

Che cosa significa? Significa che un alunno può fare, tra sé e sé, questo tipo di considerazione: “Ok, i prof criticano la pubblicità, ci spiegano che ci manipola, che ci suggestiona, che ci influenza, dicono che dobbiamo sviluppare il senso critico, poi però appendonole pubblicità sui muri della nostra aula. Vuol dire che la pubblicità conta, vuol dire che è importante, vuol dire che vince! io voglio stare con chi vince”.

Anna Oliverio Ferraris