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Scuola: la mannaia della manovra: decimare gli istituti

Decimazione degli istituti nascosta dietro il verbo “ridimensionare”. Il governo vuol tagliare 700 scuole in 2 anni

26/11/2022
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Il Fatto Quotidiano

Virigina Della Sala
"Dimensionare": una parola che nel vocabolario degli infiniti tentativi di riorganizzazioni del sistema scolastico esiste almeno dal2011. Eppure, neanche l'austerità Monti era arrivata al punto da rendere questo "dimensionamento" una sdoganata mira alla "riduzione del numero delle istituzioni scolastiche". Difficile contestare l'obiettivo nonostante i tentativi di gradualità e i correttivi presenti nella bozza della legge di Bilancio in circolo. Secondo le prime stime che circolano potrebbero essere tagliate fino a 700 scuole in pochi anni.
LA MANNAIA è al momento in due articoli: il primo affida alle Regioni il compito di riorganizzare il sistema scolastico dal 2024 con forme di "compensazione interregionale", "su base triennale". Si riorganizza la rete delle scuole sul territorio con un decreto scritto dal ministero dell'Istruzione (e del Merito), dal Mefe "previo accordo in sede di Conferenza unificata" dove le Regioni potrebbero provare a far sentire le loro istanze.
Il problema sorge se entro quella data non si dovesse trovare un accordo con le Regioni: la palla passa al Governo che entro il 31 agosto emana un decreto di natura non regolamentare (che si usa per le materie concorrenti tra Stato e Regioni) in cui decide i contingenti dei dirigenti sulla base di un coefficiente "non inferiore a 900 e non superiore a 1000" e in cui si terrà conto del numero "degli alunni iscritti nelle istituzioni scolastiche statali e dell'organico di diritto" e "integrato dal parametro della densità degli abitanti per chilo metro quadrato". Proviamo a renderlo semplicemente: a grandi linee se si divide il numero degli studenti di una Regione per mille o per 900 o per un numero in mezzo e il risultato darà il numero degli istituti che sopravviveranno, salvo l'incidenza - da dettagliare - di altri fattori. La prassi porta a pensare che questo sarà anche il contenuto del primo decreto che sarà proposto alle Regioni. E in questa zona del testo sembra arrivare il vero punto. Si legge: ''Al fine di garantire una riduzione graduale del numero delle istituzioni scolastiche, per i primi tre anni si applica un correttivo pari rispettivamente al 7%, al 5% e al 3%, anche prevedendo forme di compensazione interregionale".
Il rischio che si corre con questa impostazione è che Regioni in sofferenza, come Sardegna, Calabria o Basilicata ma anche Abruzzo, Molise e Campania (dove oltretutto finora il dimensionamento 'spontaneo' è stato più lento) potrebbero dover chiudere molte scuole, a partire dalle sotto-dimensionate e gestite con le reggenze. Viceversa altre come Lombardia, Puglia ma anche Emilia Romagna potrebbero risultare dover avere più istituti, ma sdoppiamenti con apertura di nuove scuole sono improbabili. Secondo le prime stime (che in assenza di un testo definitivo e della relazione tecnica non possono essere considerate definitive) se la norma non cambia si potrebbe arrivare a chiudere tra le 600 e le 700 scuole in un paio di anni e soprattutto al sud.
TORNIAMO al testo. "Quanto leggiamo nelle bozze sul dimensionamento scola-stico si configura nei fatti come un vero e proprio taglio che ancora una volta andrà a colpire le Regioni e i territori più deboli - spiega Francesco Sinopoli, segretario della FLC CGIL - invece di potenziarle e sostenerle le affossano, senza investimenti e con una riduzione delle risorse". Il sindacato fa anche notare che la manovra non prevede fondi per i nuovi contratti nazionali, dopo che qualche settimana fasi è raggiunto l'accordo per la parte economica di quello che a breve colmerà un vuoto di oltre tre anni. ''Non vogliamo che si ritorni alla stagione dei blocchi contrattuali, ci auguriamo sia terminata con l'ultimo accordo". Il governo deve dimostrare che non si è trattato di un contentino momentaneo per silenziare lo scontento. ''Anche l'Istruzione segue la stessa direzione iniqua, ingiusta e classista di buona parte di questa manovra - conclude Sinopoli - e per questo riteniamo che, stando così le cose, sia necessaria una mobilitazione in coerenza con quello che abbiamo sempre detto in questi anni a prescindere dal colore dei governi".


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