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Unità-Scuola a pezzi: i ricchi di qua, gli altri di là

Netta separazione tra due percorsi che non si incontreranno più. Gli studenti: "Provvedimento classista". Critica Confindustria Scuola a pezzi: i ricchi di qua, gli altri di là Secondarie,...

16/01/2005
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l'Unità

Netta separazione tra due percorsi che non si incontreranno più. Gli studenti: "Provvedimento classista". Critica Confindustria

Scuola a pezzi: i ricchi di qua, gli altri di là

Secondarie, al via la grande battaglia: Moratti vuole che già a 13 anni i ragazzi scelgano tra licei e professionali

Roberto Monteforte

ROMA Perplessità, freddezza, critiche esplicite e, soprattutto, domande di chiarimenti: così sono state accolte, anche nella maggioranza di centrodestra, le ipotesi di riforma delle "superiori" avanzate dal ministro Moratti. Dopo le diverse bozze fatte girare nei mesi scorsi, definite "carta straccia" dal ministero della Istruzione, ora siamo alle versioni ufficiali.
Nei giorni scorsi il ministro ha iniziato la consultazione delle altre istituzioni, delle Regioni, delle associaziazioni di docenti, studenti e e genitori. Ha incontrato le forze sociali ed i sindacati. Una "consultazione" di massa. Al Miur sono stati convocati anche gli ordini professionali, ma non proprio tutti. Sono rimasti fuori i Cobas della scuola e Lega Ambiente. Più che momenti di confronto sono parsi, lamentano gli invitati, occasioni per illustrare quel documento di 60 pagine dal titolo impegnativo "Ragioni e Sfide del Cambiamento", presentato come lo schema del decreto di riforma. Su questo documento in un primo tempo sono state chieste osservazioni. Tempo 15 giorni. Quel testo è stato ritenuto troppo generico e contraddittorio come base di discussione. Di fronte alle richieste di ulteriori chiarimenti avanzate in modo particolare da Regioni e sindacati il ministro ha aggiustato il tiro. Domani presenterà un vero e proprio articolato. Sempre una bozza, ma che dovrebbe consentire di vedere più chiaro sulla riforma voluta da una Moratti cauta, alla disperata ricerca di consenso. Non sarà facile trovarlo, anche perché al di là delle apparenze, l'unica certezza è il bisogno di portare a casa un risultato prima della fine della legislatura. Anche se i tempi di applicazione della riforma saranno lenti. Comunque, malgrado le assicurazioni del ministro sull'unitarietà del sistema, quello che non convince molti dei suoi interlocutori è la netta separazione tra il sistema liceale e la formazione professionale affidata alle Regioni. Le "passerelle" che dovrebbero consentire il passaggio tra i due sistemi e al loro interno, sembrano più ipotetiche che reali. Critiche arrivano alla "liceizzazione" degli istituti professionali, assorbiti nei "licei tecnologici" ed economici, che finirebbe per avere come unico sbocco l'università. Addio, quindi ai periti industriali, tecnici o informatici, ai ragionieri, ai geometri e così via, tutte figure che hanno costituito una risorsa importante per il tessuto produttivo di intere Regioni, in particolare per il sistema delle piccole e medie imprese. Per chi è interessato ad un percorso più professionale non restano che i 4 anni di formazione affidati alle Regioni.
Non nasconde la sua freddezza la Confindustria. Chiedono chiarimenti le Regioni, che dedicheranno alla riforma una sessione della Conferenza Stato-Regioni. Protestano i sindacati e gli studenti. "Altro che confronto, è stata una farsa e un pericoloso ritorno al passato. Si va verso una riforma iniqua e classista con i "bravi" ai licei e gli altri alla formazione professionale" commentano i giovani dell'Uds, il sindacato studentesco, preoccupati anche per i contenuti ancora oscuri delle nuove "superiori", compreso l'ipotesi di insegnare latino anche nei licei "tecnologici". "È una scelta di modello sociale precisa" commenta il segretario generale dello Flc-Cgil, Enrico Panini, critico verso la netta divisione tra i due percorsi. Ma non sono meno preoccupate le prese di posizione della Cisl, della Uil, di Gilda e dei Cobas. In attesa dell'articolato arrivano già i distinguo dalla maggioranza. Dice no ad una liceizzazione dell'istruzione tecnica e professionale, Luca Volontè, capogruppo Udc alla Camera. Critiche arrivano anche da Paolo Santulli (Fi).
"Sono tante e profonde le contraddizioni presenti nel documento illustrato dalla Moratti che rivelano come i giochi non siano ancora fatti e come la maggioranza sia divisa su come affrontare questa riforma" osserva Andrea Ranieri, responsabile scuola e formazione per i Ds. "L'unica cosa chiara e sbagliata - aggiunge - è la confermata separazione precoce dei percorsi, a soli tredici anni, tra settore liceale e quello professionale. Una separazione che diventa anche una separazione istituzionale, visto che la formazione professionale viene affidato alle Regioni. Questo rende più difficile praticare le logiche di integrazione e le possibilità di passaggio da un sistema all'altro". Ranieri avanza una proposta alla Moratti, che afferma di volere percorsi culturali forti comuni a quelli liceali anche nella formazione professionale: "Perché non si percorre la strada del biennio unitario obbligatorio che sia unitario negli obiettivi e che metta tutti in grado, anche se con diverse modalità, di avere una base culturale comune?". "La realtà - aggiunge - è che il modello indicato dalla Moratti rende ancora più visibile e odiosa la discriminazione sociale che di fatto viene proposta: i licei per quelli bravi e la formazione professionale per i più bisognosi. Così si cancella l'istruzione tecnica nel nostro paese che è stato un formidabile contribuito allo sviluppo industriale del Paese. Quello che viene proposto per gli istituti tecnici è un percorso assolutamente liceale negli orari, nella cultura e nelle modalità. La professionalità viene declassata a quattro anni e affidata alle Regioni, gli istituti tecnici diventano licei tecnologici che perdono ogni relazione con il mondo della professione, dell'impresa e del territorio. Questo è un fatto grave perché negli istituti tecnici c'è un patrimonio di conoscenze, di modalità di imparare anche la cultura alta che rischiamo di perdere". Per l'eponente ds è sull'insieme della progettazione dell'attività didattica che occore riconoscere un ruolo alle Regioni. "Se allo Stato spetterà fomulare gli standard degli obiettivi educativi uguali per l'intero territorio nazionale, spettano alla Regione la programmazione formativa e la gestione organizzativa, dai licei alla istruzione. Solo così si costruisce la rete delle scuole sul territorio e non lo spacchettamento ordinamentale tra Stato e Regioni".


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