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Unità-Qui crolla il castello della scienza

Pietro Greco Il coreano Woo Suk Hwang, pioniere della clonazione terapeutica umana ed "evangelista delle biotecnologie" per autodefinizione, è caduto dall'Olimpo delle scienze con la stessa ...

17/01/2006
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l'Unità

Pietro Greco

Il coreano Woo Suk Hwang, pioniere della clonazione terapeutica umana ed "evangelista delle biotecnologie" per autodefinizione, è caduto dall'Olimpo delle scienze con la stessa clamorosa rapidità con cui vi era assiso. Una commissione dell'università di Seul ha dimostrato, nei giorni scorsi, che quello che era diventato il più famoso scienziato dell'Asia orientale ha letteralmente falsificato i due lavori con cui, nel 2004 e nel 2005, si era accreditato presso la comunità scientifica e l'opinione pubblica di tutto il mondo come il primo e maggiore esperto di clonazione di cellule umane per trasferimento di nucleo.
Poche persone, nel corso dell'intera storia della scienza, avevano ottenuto tanta fama e tanti riconoscimenti sulla base di risultati falsi come Woo Suk Hwang. Poche storie, più di questa, hanno qualcosa da insegnarci sui rischi che corre la ricerca nell'era post-accademica della scienza. Ma anche sulle capacità di auto-correzione che, tutto sommato, il sistema riesce ancora ad avere.
Veniamo ai fatti. Nel 1999 il dottor Woo Suk Hwang, un veterinario coreano di 47 anni sconosciuto fuori dal suo ambiente disciplinare, annuncia di aver clonato una mucca e si accredita, in questo modo, come grande esperto in un settore di punta di un settore della scienza mondiale, le biotecnologie, intorno a cui si condensano grandi speranze e grandi interessi.
Il governo coreano intende fare della scienza e, in particolare, delle scienze biologiche la leva di un nuovo ciclo di sviluppo che consenta non solo di consolidare la posizione del paese tra le nazione affluenti - la Corea è undicesima nella classifica dei paesi col più altro Pil (Prodotto interno lordo) - ma anche di non restare schiacciato nella competizione per l'economia fondata sulla conoscenza che i colossi vicini (Giappone, Cina e India) hanno già iniziato. E così accetta di finanziare in maniera generosa, 65 milioni di dollari, la proposta di Hwang: creare a Seul, sotto la sua guida, il centro leader al mondo nella clonazione umana a fini terapeutici. La Corea, sostiene Hwang, donerà all'umanità la fonte più ricca di cellule staminali embrionali che, in prospettiva, cureranno malattie gravissime e diffusissime. E si affermerà come grande potenza biotecnologica.
Il centro nasce e i risultati sono immediati. Nel 2004 il dottor Hwang, a capo di un gruppo di oltre venti persone, pubblica sulla rivista americana Science un articolo in cui annuncia di aver messo a punto una tecnica molto efficiente per la clonazione di cellule umane. Nel marzo 2005 con un nuovo report su Science annuncia di aver ottenuto, per clonazione, 11 diverse linee di cellule staminali embrionali pronte per essere usate nella cura di malattie. L'articolo su Science è firmato anche da un noto esperto americano, Gerald Schatten, che si è trasferito in Corea alla corte di Hwang. Negli Usa qualcuno coglie in questo evento un segnale preoccupante: l'asse della ricerca biologica di frontiera si sta spostando in Asia?
Nel mese di agosto infine, con un articolo sulla rivista inglese Nature, Hwang annuncia, insieme a Schatten, di essere riuscito a clonare un cane, cui è stato dato il nome di Snuppy. Nessuno c'era riuscito prima. Così come nessuno era riuscito a clonare cellule umane, non con l'efficienza del gruppo di Seul almeno. Woo Suk Hwang è ormai acclamato come il leader mondiale della clonazione.
Ma a settembre inizia, con rapidità impressionante, la discesa. Non tutti in Corea sono convinti della bontà delle affermazioni di Hwang. Si scopre che il suo gruppo ha pagato le donatrici di ovuli. E che poi, quando la pratica è diventata illegale, che ha consentito a due sue ricercatrici di fornire gli ovuli: un conflitto di interessi mal visto dalla comunità scientifica. Poi si scopre che i dati pubblicati su Science non sono completi. Parte un'inchiesta dell'università di Seul le cui conclusioni sono clamorose: Hwang si è inventato tutti i dati relativi alla clonazione umana (Schatten ha apposto con imprudenza la sua autorevole firma a un lavoro cui non ha partecipato). L'unica cosa che ha davvero realizzato è la clonazione di Snuppy. Il ricercatore si dimette da tutti i suoi incarichi, mentre la magistratura coreana gli intima di non lasciare il paese. In Corea il governo è imbarazzato. In America Science ritira i lavori pubblicati. Il mondo scientifico è sbigottito. Pochi scienziati avevano osato tanto. Forse nessuno aveva mai raggiunto in breve tempo una fama così grande sulla base di risultati così infondati.
Cosa ci insegna la vicenda? Almeno due cose. Anzi tre. La prima è che nell'era post-accademica della scienza - l'era in cui la scienza si afferma come il fondamento della società e dell'economia fondate sulla conoscenza - le pressioni economiche, politiche, di immagine sui ricercatori sono diventate così forti da risultare, talvolta, irresistibili. Nuovi valori, mercantilistici, stanno entrando nel mondo della produzione scientifica e competono con quelli che per quattro secoli hanno caratterizzato la "Repubblica della scienza".
Il secondo insegnamento riguarda la capacità di autocorrezione del sistema. In molti tratti non regge più. La più importante rivista scientifica americana, Science, ha pubblicato due volte articoli su lavori di grande importanza con carenze metodologiche vistose. Il sistema di peer-review, di revisione critica, non le ha individuate. Di più, l'intera comunità scientifica ha impiegato ben due anni per verificare la totale infondatezza dei due lavori. Un tempo troppo lungo in un settore di frontiera che crea grandi aspettative sociali e, quindi, gravi tensioni.
C'è un terzo insegnamento, tuttavia, che ci fornisce la vicenda. Alla fine il comportamento scorretto di Hwang è emerso grazie alla critica intransigente di ricercatori del suo stesso paese, della sua stessa università. Un segno che la comunità scientifica conserva potenti anticorpi che le consentono di correggere i propri errori. È su questi anticorpi che bisognerà fondare il nuovo sistema di regole che consentano alla scienza di conservare la sua integrità e la sua vitalità nella società e nell'economia fondata sulla conoscenza.


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