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Unità-Quel che c'è alla periferia dei ragazzi

Quel che c'è alla periferia dei ragazzi Luigi Galella Come si governa il caos? E cosa ne è del principio di responsabilità se è vero - come sostiene la teoria matematica delle catastrofi -...

12/12/2005
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l'Unità

Quel che c'è alla periferia dei ragazzi

Luigi Galella

Come si governa il caos? E cosa ne è del principio di responsabilità se è vero - come sostiene la teoria matematica delle catastrofi - che un battito d'ali di una farfalla in un continente potrebbe essere "causa remota" di un uragano in un altro? "Chi" è responsabile di cosa nella società postmoderna e globalizzata?
In risposta alla crisi delle "banlieues" - scrive "Le Monde" - il primo ministro francese, Dominique de Villepin, ha pensato di coinvolgere le famiglie nella lotta contro l'insuccesso scolastico, sospendendo gli assegni familiari ai genitori manchevoli, "defaillants". E già il premier britannico Tony Blair, che arriva sempre prima di tutti, più di un anno fa aveva deciso il coprifuoco per i ragazzi sotto i sedici anni, perché, come spiegavano a Scotland Yard, "a nessun genitore responsabile piacerebbe vedere il proprio figlio quindicenne in giro per il West End non accompagnato di notte".
Il tema della responsabilità è scivoloso e infido. I genitori spesso vengono dai noi insegnanti a implorarci di essere severi nei confronti dei figli, perché loro non ci riescono. Denunciano così l'incapacità di affrontare il "problema", delegandone la risoluzione alla scuola. E il "problema" è costituito da un ragazzo, che si vede rimpallato fra scuola e famiglia, e che se ti capita di parlarci scopri problematico e "perso", dentro relazioni familiari inesistenti, o perlomeno "complicate". Come recuperare alla famiglia e alla società chi dalla famiglia e dalla società è espulso? Villepin sostiene che la scuola è il luogo d'appuntamento della Repubblica. Ma qual è l'indirizzo? In una società complessa, che ha a che fare con lo spinoso tema dell'integrazione, è proprio "questo" il problema. Curiosa, rivelatrice tautologia quella di Villepin, che nell'affermazione cerca la soluzione. La responsabilità è un dato culturale, sociale e familiare, che la realtà postmoderna e globale frantuma in una molteplicità di concause. Di contro l'atteggiamento repressivo è la spia di un'impotenza "educativa". Che ne sancisce i limiti o l'impossibilità. Che fare allora? A scuola siamo giornalmente alle prese con questa domanda. E oscilliamo fra atteggiamenti giustificazionisti e impeti repressivi. Fra il permettere, il tollerare e il proibire. Alcuni ragazzi, a furia di sanzioni, vengono man mano allontanati, ricacciati verso altri "luoghi d'appuntamento", periferici e bui, dove la luce della "Repubblica" arriva a stento. E dove più forte invece dovrebbe sentirsi la sua presenza.
Se provo a ricordare, di "incoraggiati" verso altri "luoghi" me ne vengono in mente tanti. Incontrati e persi. Qualificati di volta in volta come borderline. Violenti o nullafacenti. Dediti al piccolo spaccio, facili alle risse. Fastidiosi, insopportabili. Patologie sociali di cui non vedevamo l'ora di sbarazzarci. Che reagivano istericamente quando cercavamo di riprenderli, e con sospetto se provavamo a parlarci. Ma che, se eravamo fortunati e pazienti, prima o poi qualcosa di sé raccontavano. Aprendo uno squarcio nel tessuto rigido e compatto che ne aveva confezionato il giudizio.
Nel contatto individuale, alla pari, più di una volta ho avuto la sensazione di avere tra le mani il loro destino. Come se volessero affidarmene la responsabilità e dicessero: se mi aiuti forse posso farcela anch'io. In quell'età nella quale la scelta è ancora possibile e tutte le strade sembrano percorribili allo stesso modo. Mi hanno raccontato storie curiosamente simili, in cui la figura paterna è amata e odiata e la violenza è misura di realtà. Violenza nel rapporto con gli amici. Violenza nel rapporto con la persona amata, che si ritiene la conquista più bella della propria vita, ma che prima o poi inevitabilmente si perde. Un professore, in questi casi, può essere l'occasione. Sempre che non si limiti a riascoltare una lezione appresa a memoria, ma voglia risalire il fiume di quell'accidentato percorso di tante piccole "responsabilità", che hanno determinato il presente di questi ragazzi difficili. Fragili e arroganti. "Irresponsabili". Che a loro modo reclamano ascolto e attenzione.
luigalel@tin.it


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