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Unità-Legge Gasparri, su misura per l'assalto del premier

28.05.2003 Legge Gasparri, su misura per l'assalto del premier di Silvia Garambois Le mani sul Corriere... L'informazione in Italia ha mille nomi, ma ha anche dei simboli: e il Corr...

29/05/2003
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l'Unità

28.05.2003
Legge Gasparri, su misura per l'assalto del premier
di Silvia Garambois

Le mani sul Corriere... L'informazione in Italia ha mille nomi, ma ha anche dei simboli: e il Corriere della Sera, che ha attraversato la storia dell'Italia unita, è anche un simbolo. Una bandiera. Come il Milan, come il grido del tifoso allo stadio ('Forza Italia'), come il cavallone morente della Rai. Ma chi potrebbe allungare le mani sul Corriere?

La risposta è nel Capo V, articolo 23, comma 1 del disegno di legge sul sistema radiotelevisivo in discussione alle Camere, meglio noto come 'legge Gasparri': "Sono abrogate le seguenti norme: a) articoli 1, 2, 15, commi da 1 a 7 della legge 6 agosto 1990, n. 223...". Chiaro, no? Viene abrogato tra gli altri l'articolo della legge Mammì che vietava gli incroci tra tv e carta stampata, vengono aboliti con un colpo di spugna i limiti, ogni limite proprietario tra i diversi media.

In questo modo il padrone del Corriere della Sera potrà finalmente diventare padrone di tv, come da lungo tempo si discute nel nostro Paese ("troppo rigide le norme antitrust in un sistema multimediale", si diceva, "troppo punitive'"). O viceversa: perché Berlusconi non può avere la proprietà del 'Giornale' (che è del fratello) o del 'Foglio' (che è della moglie), o magari del 'Corriere' (nel cui consiglio siedono cari amici)?

La nuova legge in discussione pone comunque nuovi limiti antitrust, bisogna andarli a cercare al Capo II, articolo 11, comma 2 dove si parla di 'Tutela della concorrenza': "L'Autorità, su segnalazione di chi vi abbia interesse o, periodicamente, d'ufficio, individuato il mercato rilevante conformemente ai principi di cui agli articoli 15 e 16 della Direttiva 2002/21/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, verifica che non si costituiscano, nel sistema integrato delle comunicazioni e nei mercati che lo compongono, posizioni dominanti e che siano rispettati i limiti di cui agli articoli 12 e 13, tenendo conto, fra l'altro, oltre che dei ricavi, del livello di concorrenza all'interno del sistema, delle barriere all'ingresso nello stesso, delle dimensioni di efficienza economica dell'impresa nonché degli indici quantitativi di diffusione dei programmi radiotelevisivi, dei prodotti editoriali e delle opere cinematografiche o fonografiche" In questa manciata di righe è detto chiaramente (proprio nell'ultima riga) che cinema, tv e giornali possono essere di un unico proprietario, basta sia garantita la concorrenza. E l'unica persona in Italia che può permettersi lussi del genere è il Presidente del Consiglio.

Nella legge Gasparri, però, un vincolo vero, a ben vedere, c'è, ma non per Berlusconi: per i suoi concorrenti. Chi si occupa già di un settore di telecomunicazione non può pretendere di espandersi senza freno in quello della tv. E in questa posizione in Italia, oggi, c'è solo Telecom.

Per capirne di più bisogna scivolare all'articolo 13, quello dedicato ai 'limiti della raccolta delle risorse': "Gli organismi di telecomunicazioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 1997, n. 318, i cui ricavi nel mercato dei servizi di telecomunicazioni, come definiti da tale decreto, sono superiori al 40 per cento dei ricavi complessivi di quel mercato non possono conseguire nel settore integrato delle comunicazioni ricavi superiori al 10 per cento del settore medesimo". Il senso è tutto racchiuso in quel numeretto finale: non più del 10 per cento. I giornali non se ne sono accorti, ma dietro le quinte c'è stata grande polemica su questo articolo, la cifra ha oscillato tra il 5 e il 10 prima di stabilizzarsi, ma comunque il risultato non cambia: La7, di proprietà Telecom, non potrà mai più sognare di diventare il terzo polo televisivo italiano. Sulla vicenda telefono-tv la storia in realtà è lunga, perché la legge Maccanico vietava del tutto a chi aveva la concessione telefonica di possedere anche tv, ma '#8211; dopo la liberalizzazione del settore '#8211; una sentenza del Consiglio di Stato aveva aperto le porte a Telecom, che è così diventata proprietaria di La7, di Mtv e che ha una quota (il 19,9%) nella satellitare Sky Italia.

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