Unità: Ladri di futuro

Fabio Luppino
Il futuro è nelle mani di chi sa, di chi ha strumenti per afferrare il reale, per essere forza lavoro appetibile. Si tratta di un assioma in ogni parte del mondo alle prese con la disoccupazione globale e irreversibile, soprattutto di manodopera non riconvertibile: non a caso si invoca la formazione permanente. Cosa fa il governo di Silvio Berlusconi? Butta alle ortiche l’obbligo scolastico a sedici anni istituito per legge ai tempi di Prodi: un emendamento nel ddl lavoro che consente, di fatto, di lasciare la scuola a quindici anni. Apprendistato, lo chiamano. Esiste anche nella vicina Francia. Ma la scuola italiana non è quella francese. La dispersione già oggi è altissima e l’odierna misura appare simile ad un escamotage per accompagnare con educazione alla porta centinaia di migliaia di ragazzi. E farli precari per sempre, marginali, fuori dal mercato del lavoro. Facciamo una fotografia delle zone difficili del nostro Paese e si ottiene un risultato inquietante: lo Stato lascia lì dove sono, senza riscatto alcuno, senza possibilità di modificare il proprio stadio di partenza obbligando allo studio. Come si può decidere a quindici anni, nella maggior parte dei casi in via irreversibile, di finirla là con la scuola? Così si ritorna all’istruzione di classe, di élite. La riforma delle superiori che ieri è passata in Commissione alla Camera farà il resto. Un danno epocale e incommensurabile.