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Unità: L'Europa non regge il passo del resto del mondo

Pietro Greco

17/01/2010
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l'Unità

Pochi vi hanno fatto caso. Ma c’è un dato, nel2010 R&D Global Forecast – il nuovo rapportosulla ricerca scientifica e lo sviluppotecnologico pubblicato nei giorni scorsi dallarivista R&D Magazine – che ci parla dell’Europacon la potenza di mille analisi. Nell’anno appena trascorso,il 2009, l’Unione Europea ha speso nellascienza e nelle tecnologie innovative l’1,69% dellaricchezza che ha prodotto (Pil). Il mondo, in media,ha speso l’1,97% della ricchezza prodotta.È il secondo anno consecutivo che l’Europa si trovaa investire in ricerca e sviluppo meno della mediamondiale. È un dato che parla da solo, con più forzadi mille dotte analisi, per tre motivi. Primo: l’investimentoin ricerca e sviluppo è un fattore, ormai macroeconomico,che più di ogni altro indica sia la capacitàdi innovazione di un’economia e (quindi) diuna società sia la capacità di competere sui mercatimondiali. Secondo: è la prima volta – nell’ultimomezzo millennio – che l’Europa investe in ricercascientifica e innovazione tecnologica meno del restodel mondo. Al contrario: dal XVII secolo all’iniziodel XX secolo, il nostro continente ha detenuto ilmonopolio pressoché assoluto di questi investimentie (di conseguenza?) la leadership economica mondiale.Dopo l’arrivo sulla scienza degli Stati Uniti e,poi, del Giappone, nel corso del XX secolo l’Europa ècomunque rimasta uno dei grandi poli mondiali dellascienza e dell’innovazione tecnologica. Oggi il datopubblicato dal R&D Magazine ci dice che l’Europanon solo viene dopo le Americhe, che nel complessospendono in ricerca il 2,32% della ricchezzaprodotta, ma anche dopo l’Asia, che nel complessospende l’1,95% della ricchezza prodotta. Terzo: nelmarzo dell’anno 2000 a Lisbona i capi di stato e digoverno europei si diedero un obiettivo ambizioso:fare entro il 2010 dell’Unione l’area leader al mondonell’economia della conoscenza. Due anni dopo,nel 2002 a Barcellona, l’Unione ha definito anche ilpercorso concreto per realizzare l’ambizioso obiettivo:aumentare entro il 2010 gli investimenti europeiin ricerca e sviluppo (che allora erano intorno al2%) fino ad almeno il 3% del Pil. Ebbene il 2010 èinfine arrivato. Mal’Europa non ha centrato l’obiettivoqualitativo di Lisbona: non è diventata l’area leaderal mondo nell’economia della conoscenza. Introducendo,con la sua tradizione di welfare, anche unprincipio di maggiore uguaglianza sociale nella societàglobale della conoscenza. Non lo ha fatto ancheperché non ha centrato l’obiettivo quantitativodi Barcellona: non ha aumentato gli investimenti inricerca fino al 3% del Pil. Anzi, al contrario, li haridotti. Fino a una quota che, per la prima volta dopo svariatisecoli, è scesa sotto quella media mondiale.v


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