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Unità: I padroni sognano di tornare al passato

Gli industriali si comportano come venditori di tappeti, adesso il cerino acceso passa al governo

15/01/2008
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l'Unità

Bruno Ugolini

Il cerino acceso del contratto dei metalmeccanici passa dunque nelle mani di Romano Prodi, anzi del Ministro del Lavoro Cesare Damiano. Un rito, un’usanza che sembrava rimanere negli archivi di altri tempi, i tempi di Carlo Donat Cattin o di Vincenzo Scotti.
Gli ultimi contratti non avevano avuto bisogno d’interventi ministeriali. E anche la stagione recente, almeno per l’industria privata, aveva visto ad esempio il rapido comporsi del conflitto per il settore chimico.
Ma i dirigenti della Federmeccanica hanno voluto fare un tuffo nel passato, costringendo i sindacati a richiedere l’intervento di un arbitro. Hanno provocato tale richiesta con due mosse davvero inusuali per chi intende raggiungere un accordo. La prima è stata quella di dichiarare, nel bel mezzo del negoziato, un “ultimatum”, ovverosia un prendere o lasciare, chiudendo ogni possibilità di discussione. Una pretesa accompagnata da un’offerta ridicolmente ingannatrice, come non si vedeva da tempo.
Hanno, infatti, dichiarato alle agenzie di stampa (che naturalmente si sono affrettate a diffondere la notizia) che loro offrivano 120 Euro di aumento salariale. Un prodigioso salto in avanti, addirittura un superamento delle richieste sindacali pari a 117 Euro. Solo che gli stessi sindacati subito dopo, fatti i debiti conti, hanno spiegato che trattavasi di 96 Euro, altro che 120. Un imbroglio da venditori di tappeti.
La seconda mossa è stata quella di annunciare minacciosamente che da domani, se Fiom Fim e Uilm avessero rinunciato alla prodigiosa offerta, avrebbero pensato loro ad aumentare le buste paghe di operai, impiegati e tecnici con quel gruzzolo rifiutato.
Una sortita inqualificabile: come dire che avrebbero fatto a meno delle organizzazioni sindacali perché loro sono i “padroni”, loro hanno in mano il “comando” nelle imprese e fuori. E questo pur avendo raggiunto nella faticosa trattativa già traguardi importanti. Anche se su punti decisivi l’impasse non era stato superato. Così sul nuovo sistema di qualifiche, sulla possibilità di ridurre il ricorso al lavoro precario, sulla possibilità di rendere flessibili gli orari senza aumentare il tempo di lavoro come invece si pretenderebbe.
Una partita impegnativa rimandata a un arbitro superiore. Non è che le materie in gioco siano bazzecole. Rimandano alle questioni di fondo emerse con drammaticità proprio in queste settimane, quando si è scoperta la condizione operaia, con i riflettori accesi su tragedie come quella di Torino. Certo è chiaro che al fondo dell’atteggiamento degli industriali c’è il tentativo di mostrare la grinta feroce per nascondere le proprie divisioni interne.
Con la speranza che sia il governo a sciogliere la matassa magari con lo scopo di approfittare della vicenda per tentare di mettere in discussione il glorioso istituto rappresentato dal contrato nazionale. Oppure, in caso non siano accolte le varie loro pretese, per contribuire alla canea antigovernativa che sale dal centrodestra ogni giorno di più.


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