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Unità-Finanziaria, passa al Senato fra urla e insulti. L'Ulivo: "Tremonti se ne vada. Subito"

Finanziaria, passa al Senato fra urla e insulti. L'Ulivo: "Tremonti se ne vada. Subito" di red "Ormai non chiediamo nemmeno più le dimissioni di Tremonti. Perché avendo messo in queste condizio...

21/12/2002
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l'Unità

Finanziaria, passa al Senato fra urla e insulti. L'Ulivo: "Tremonti se ne vada. Subito"
di red

"Ormai non chiediamo nemmeno più le dimissioni di Tremonti. Perché avendo messo in queste condizioni il Paese è lui che se ne deve andare". La Finanziaria è alla fine passata al Senato, nel modo che ormai conoscono tutti: risse, scontri, un senatore diessino colpito da un telefonino, il ministro Tremaglia che - anche se non cita mai la parola "dimissioni" - ormai fa capire di non voler aver nulla a che fare con questo governo. Il documento - quello dei condoni, del mancato aiuto al Molise, ecc - è stato appena approvato e già si possono ricavare le conseguenze. La prima, la più immediata richiesta viene dall'opposizione: Tremonti se ne deve andare.

L'hanno chiesto, un'ora dopo il voto di Palazzo Madama, in una conferenza stampa, i capigruppo dell'Ulivo. Se ne deve andare. Il presidente dei deputati diessini, Luciano Violante, ha fatto osservare l'esistenza di "attriti" - li ha definiti così, ironicamente - tra il ministro e alcuni membri del suo stesso governo ricordando solo l'ultimo episodio. Quello "con gli spintoni tra lui e il suo sottosegretario" avvenute sull'emendamento riguardante l'appalto della Brescia-Bergamo-Milano. Tratto di strada ribatezzata da Violante "la Tremonti-Vegas".

Sintomatico di una situazione insostenibile, secondo tutti i capigruppo dell'opposizione, anche le critiche, "pesantissime" di cui Tremonti è stato fatto oggetto l'altro giorno sul Corriere della Sera da parte dell'economista di Forza Italia, Renato Brunetta. Per l'Ulivo, insomma, non c'è più alcun dubbio: dopo quanto accaduto al Senato per l'esame della finanziaria, il ministro del Tesoro deve togliere il disturbo.

Ed è una richiesta unitaria. "È inevitabile che Tremonti rifletta sull'opportunità di rimanere al suo posto - dice Antonio Boccia, della Margherita - ma si rende conto delle condizioni in cui sta trascinando il Paese?". "Il ministro del Tesoro - aggiunge il verde Marco Boato - dovrebbe meditare anche sulle accuse di irresponsabilità che gli ha lanciato Renato Brunetta e che hanno forse maggiore rilevanza di ciò che può affermare l'opposizione".

E per Bordon, "lo stato confusionale in cui versano governo e maggioranza fa di questa finanziaria un ibrido pericoloso per il paese. Per utilizzare una calzante metafora la legge finanziaria sembra quella petroliera in avaria, abbandonata da equipaggio e capitano, di cui si sono occupati i mass media in queste settimane. Il comandante Tremonti lascia che la finanziaria vada a schiantarsi contro gli scogli e, nei fatti, disconosce la legge di bilancio. In queste settimane di discussione e di caos nella maggioranza in Senato c'è stato infatti un solo grande latitante, il ministro dell'economia".

Latitanza intenzionale. Visto che attraverso un'infinità di emendamenti - "trecento grammi di emendamenti", per usare l'espressione sempre di Antonio Boccia - il governo ha di fatto riscritto la Finanziaria: "Norme approvate e mai esaminate in Commissione, svuotato il Patto per l'Italia, pesanti tagli sulla scuola." "Questa - dice ancora l'esponente della Margherita - è una finanziaria totalmente nuova". Quindi? "Lavoreremo duramente alla Camera, non pensi la maggioranza che sarà una passeggiata. Obbligare a votare entro Natale è una pressione molto forte, atta a mettere al muro il Presidente Casini, che comunque abbiamo informato di tutta la vicenda". Non si può fare, insomma, dicono i capigruppo dell'Ulivo, delle due Camere un "votificio". E denunciano: "La vicenda rappresenta comunque un colpo alla qualità democratica nel nostro paese, una pagina nera". Quel che si è visto al Senato con la Finanziaria - aggiunge Boato - non si era mai visto: stravolti i tempi procedurali, articoli mai passati in commissione e letti in aula dal relatore.

Questo inquietante bilancio lo si è fatto, s'è detto, un'ora, un'ora e mezzo dopo che era stato approvato il documento finanziario al Senato. Approvazione avvenuta con le ultime due sedute, cominciate ieri sera, dove è accaduto di tutto. Si è sfiorata la rissa, un ministro, Tremaglia, ha fatto ormai capire di volersene andare, un deputato - Giuseppe Maconi, dei diesse - è stato colpito da un telefonino.

Ma andiamo con ordine. A Palazzo Madama ieri pomeriggio la tensione è salita alle stelle. Su due argomenti: i medici pubblici e le pensioni per gli italiani all'estero.
Polemiche crescenti ma la bagarre è scoppiata attorno alle 23. Ed è qui che dai banchi della maggioranza qualcuno ha tirato un telefonino contro Giuseppe Maconi, diesse. Causa della tensione in questo caso era l'emendamento proposto dal ministro per gli italiani nel mondo, Mirko Tremaglia (An) che innalza la pensione minima per i pensionati italiani all'estero.

L'idea del governo era, al contrario, quella di concedere il beneficio solo a chi aveva alle spalle almeno 10 anni di contributi. Durissima la presa di posizione di Tremaglia: "Questo governo ha ridotto i fondi per gli italiani all'estero senza che il ministro competente ne fosse stato informato. Invito pertanto il Senato a votare secondo coscienza, eventualmente per parti separate".

Poi la minaccia di dimissioni: "A conclusione dell'esito parlamentare di questa vicenda - dice Tremaglia - informerò il Presidente del Consiglio e il Presidente della Repubblica, anche rispetto alle mie responsabilità personali".

L'opposizione ha applaudito, mentre il capogruppo An, Nania, urlava. Il centrosinistra ha chiesto la verifica del numero legale, voto per voto. E' a questo punto che Maconi viene colpito, la seduta viene sospesa e riprenderà dopo oltre un'ora.

Altro punto di contrasto la Sanità. Il Governo con un colpo di mano aveva cercato di cancellare il principio dell'escusività del rapporto introdotto dalla legge Bindy durante il governo Prodi. Ma non c'è riuscito ed è stato costretto a ripiegare dall'emendamento all'ordine del giorno. Grande soddisfazione fra le fila dell'opposizione per il risultato raggiunto.

E soddisfazione anche fra i medici. Gli stessi che venerdì, appena appresa la notizia, si sono messi sul piede di guerra. E c'è da ricordare che contrarie alla misura s'erano dichiarate anche le Regioni, preoccupate dalle ricadute che questo provvedimento avrebbe avuto, in termini organizzativi, sul sistema sanitario.

Il principio dell'esclusività del rapporto prevede che per accedere alla carriera di dirigente di un ospedale pubblico, il medico debba rinunciare alla possibilità di lavorare anche in una struttura privata. La legge Bindy garantisce, inoltre, per coloro che scelgono di avvalersi di questo principio, un indennità. "Sia le Regioni che i medici hanno costretto il Governo a fare marcia indietro '#8211; commenta ora Livia Turco, responsabile Sanità Ds '#8211; È una grande vittoria".

E dopo questo successo dell'opposizione, dopo gli insulti che ancora una volta la maggioranza ha rivolto all'opposizione, Pera - commentando così: "c'è follia in giro" - ha dovuto prendere atto che non c'erano più le condizioni per proseguire. E così, alle 3 del mattino il Presidente del Senato ha deciso di mandare a casa tutti. Dopo l'estenuante tour de force, la seduta è ripresa stamane sempre a Palazzo Chigi. Dove, poco fa, il documewnto economico è stato approvato: con 144 sì, e 51 no. Già da oggi pomeriggio, la Finanziaria ritorna alla Camera per la terza lettura. E dovrà essere approvata entro il 31 dicembre, pena l'esercizio provvisorio. Inutile aggiungere che i tempi del dibattito sono strettissimi. Ma, come detto, in conferenza stampa i leaders dell'Ulivo hanno spiegato che "non ci staranno a farsi contingentare i tempi".


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