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Unità: Fermiamo la violenza. A Rosarno non deve morire il sogno di un’Italia giusta

intervista a Guglielmo Epifani Il segretario della Cgil: bisogna reagire, non rassegnarci al decadimento culturale del Paese. Battere il razzismo, lo schiavismo in cui sono costretti i lavoratori migranti. Maroni disumano, ascolti almeno le parole della Chiesa

10/01/2010
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l'Unità

Rinaldo Gianola

A Rosarno gli italiani sparanocontro i lavoratoristranieri. È una tragedianon solo per chi vivedirettamente questifatti, ma per il Paese: perdiamo lacapacità di vivere insieme, di comprenderei problemi degli altri, dirispettare le diversità, i diritti, i nostrivalori. Guglielmo Epifani, leaderdella Cgil, commenta amaramentele notizie che arrivano dallaCalabria.

Si aspettava questa esplosione di violenza?

«Purtroppo è la conferma di una situazionemolto grave che noi avevamodenunciato. Questo dramma èla somma di più elementi. Primo:un insostenibile assetto legislativo,la Bossi-Fini, in cui oggi è più facilerestare clandestino che essere regolarizzati.Secondo: le condizioni divita insostenibili in cui sono costrettii lavoratori migranti nelle campagnedel Sud, questo è schiavismo.Terzo: il caso di Rosarno dimostral’assenza di una volontà politica dirisolvere i problemi,si lascianoscoppiare piuttosto che affrontarliquando sarebbe più facile».

Il ministro Maroni parla di eccessivatolleranza verso i clandestini.

«È un’affermazione infelice e disumana.La sua analisi è sbagliata. ARosarno è la criminalità che favoriscela clandestinità, non il contrario.Sono zone ad altissima densitàmafiosa, dove il governo del mercatodel lavoro è esercitato con metodimalavitosi. Non si può interveniresolo come si fa oggi spostando ilavoratori da un’altra parte senzadistiguere tra chi è clandestino, chiha il permesso di soggiorno e chinon ce l’ha perchè ha perso il lavoro».

Ma c’è un problema di ordine pubblico,di sicurezza dei cittadini.«Non sono un buonista: la lotta allacriminalità e la sicurezza dei cittadinisono sacrosante. Ma spostarequalche centinaio di immigrati nonrisolve il problema, domani si ricominciase non si cambia. Perchè chiprende 20 euro al giorno, 600 euroal mese quando va bene ed è costrettoa vivere senza casa, in emergenza igienico-sanitaria, senza diritti,sentirà prima o poi la necessità diribellarsi. Tali tensioni generano rivalse,ritorsioni tra la popolazione,spesso alimentate e governate da interessimalavitosi».

La rivolta di Rosarno è coincisa con lequote Gelmini del 30% degli studentistranieri nelle classi. Una coincidenzacuriosa, almeno.

«Non è casuale. È il segno del degradodella vita civile, del governo, dellacultura. C’è un unico filo che lega ilgiudizio di Maroni sugli immigrati,le quote della Gelmini e le parole delleghista Cota. L’immigrazione e il lavorodevono essere affrontati in unadimensione morale, non ideologica.Gli immigrati sono sfruttati in condizionidisumane e quando non servonopiù si buttano via e si massacranoper strada, così non va».

Come se ne esce?

«Vedo solo una risposta: se ne escecon l’umanità e la razionalità, affrontandoi problemi, garantendo un minimodidiritti a chi viene qui a lavoraree viene sfruttato ogni giorno. Vogliamoiniziare a risolvere questidrammi? Decidiamo che ai lavoratoridei campi sia garantito un minimoretributivo e contributivo, rendiamotrasparente il mercato del lavoro inagricoltura liberandolo dai caporalie dalla malavita».

Perché questo governo non ascolta almenola Chiesa?

«Il governo ha un atteggiamentoschizofrenico: in alcuni campi, pensoalle questioni bioetiche, segue lalinea della Chiesa, mentre su altriproblemi, come la difesa del lavoro ei diritti degli immigrati, fa l’opposto.La verità è che il governo rispecchia ildeterioramento dei valori, favorisceuna società che tende a richiudersi ea dividersi. In più è forte l’egemonialeghista che impone la chiusura diogni spazio di tolleranza verso gli immigrati.Gli attacchi della Lega allaChiesa, al cardinale Tettamanzi nonsono casuali».

La sensazione, all’inizio del 2010, è chel’Italia viva un decadimento culturale,di valori,un clima in cui prevalgono l’individualismoe l’aspirazione all’arricchimento.

«Questa è la realtà. Ma dobbiamo reagireal decadimento, non dobbiamorassegnarci. Viviamo i riflessi deldeclino del Paese e dei suoi gravi problemieconomici e sociali, abbiamoperso il nostro ruolo in Europa e nelcontesto internazionale. Nella societàcresce l’egoismo, i più ricchi sonotutelati mentre c’è l’abbandono deipiù poveri. Parole come solidarietà,diritti, uguaglianza sono vissute come unaminaccia da alcuni. Lo avvertiamoanche nel sindacato: c’è il rischiodi corporativismo tra chi ha ilposto e chi lo perde, tra italiani e immigrati».

Quali rischi vede oggi?

«Mi rammarica e mi fa paura le perditadella memoria. In questi giorni èstato pubblicato un volume che ricordal’eccidio di otto lavoratori italianiin Francia, nell’Ottocento, quandonoi eravamo stranieri. Possibile che cisiamo dimenticati tutto: chi siamo,da dove veniamo, i sacrifici e le lottedei nostri padri? Ci vorrebbe un soprassaltoideale, morale delle forzepolitiche, trovare un metodo unitarioper guardare in faccia i problemi. Possibileche non si parli più di povertà?Non sono questioni solo del sindacato.L’Italia è davanti a prospettive moltodure: la crisi cambierà l’impresamanifatturiera, sconvolgerà il destinodi molte comunità, scomparirannoattività e lavori. Stiamo già vedendola desertificazione industriale delSud: il distretto del divano, TerminiImerese, Alcoa...».

L’agenda di Berlusconi prevede giustizia,fisco, riforme istituzionali.

«Berlusconi si occupa di molte cose,ma non delle questioni sociali prioritarie.E anche sul fisco vuole fare unpo’ di propaganda, alzare il polveronein vista delle elezioni per garantireun certo blocco sociale. Se ne parlae non si fa nulla, se fosse ridotto ilpeso del fisco su salari e pensioni noisaremmo i primi a condividere. Invecelavoratori e pensionati sono quelliche pagano di più». Come giudica l’opposizione?

«Il pd è ancora in fase di riorganizzazione,ha evidenti difficoltà. Non sonostati risolti i problemi gravi aperticon la caduta del governo Prodi. C’èuna grande debolezza e una profondadivisione, prevale l’attenzione alparticolare invece che al generale,continua la frantumazione in gruppi,con un gusto per la divisione semprepiù forte. La vicenda delle candidaturealle elezioni regionali è laspia di questo malessere»

Bersani?

«Bersani tiene bene il profilo del partitosulle questioni sociali e sulle riforme,ma ci sono troppi sospetti edivisioni anche tra chi gli è vicino.Ha detto parole giuste e coraggiosesull’immigrazione. La democraziadel Paese ha bisogno di un’opposizioneforte, decisa, che faccia valere ilsuo punto di vista. La strada è lungae difficile».

Nel Lazio si affrontano due donne, cosane pensa?

«Se saranno confermate le candidaturedella Bonino e della Polverinisarà una bella novità,un duello emblematico.Dico subito che ci sonocose che mi dividono da Emma Bonino,ma è una candidata straordinaria,che rappresenta la migliortradizione del movimento radicale,dei diritti civili, con un forte radicamentoin Europa. Potrebbe fareun bel lavoro sulla sanità, la trasparenza,la lotta alla corruzione, nellepolitiche ambientali e dell’accoglienza.».

E la Polverini?

«Ha fatto cose importanti in un sindacatoche era solo una costola delladestra. È una persona capace. Potrei,se mi è consentito, suggerirledi stare attenta a una parte dellesue compagnie perchè c’è chi hacontribuito allo sfascio della sanitànel Lazio, e a qualche figura dell’ultradestra.Attorno alla Polverini vedo giàmolti pronti ad arraffare quotedi potere».

Epifani, lei ha una formazione socialista.Cosa pensa delle polemiche attornoalla figura di Craxi?

«Pensavo che dopo dieci anni si potessediscutere serenamente anchesu Craxi. Mi sbagliavo, è ancoratroppo presto. Certo mi sorprendeche in questo Paese nessuno muovaun dito se Brunetta dichiara divoler abolire il primo articolo dellaCostituzione e invece si scateni unputiferio su un personaggio politicoscomparso dieci anni fa».

Allora dica cosa pensa lei di Craxi.

«Craxi è stato un grande leader politiconella storia italiana del Novecento.Ma è stato tante cose: discepolodi Nenni, difensore dell’autonomiasocialista, della socialdemocraziaquando erano in pochi a farlo,è stato l’uomo che ha rinsaldatola cultura socialista sul ceppo garibaldino-mazziniano. Ha semprecercato di liberarsi dal dualismo tradc e pci, usando tanti mezzi, ancheilleciti e spregiudicati, porta purelui la responsabilità di non aver agitoper modificare quel sistema. Mirimane il dubbio se si sia arricchitopersonalmente. Craxi è stato unprotagonista delle occasioni mancate.Forse nel dialogo a sinistra,col pci, poteva fare di più, ma eranoanni difficili, lo scontro era duro.Il mancato incontro tra quelleculture politiche, tuttavia, lo stiamopagando ancora oggi».


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