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Unità-Corte Costituzionale: il crocifisso in classe? Non c'è legge che lo imponga

La Consulta respinge il ricorso del Tar del Veneto: non è nostra materia, visto che si tratta di norme regolamentari. La destra fa finta di non capire ed esulta Corte Costituzionale: il crocifis...

16/12/2004
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l'Unità

La Consulta respinge il ricorso del Tar del Veneto: non è nostra materia, visto che si tratta di norme regolamentari. La destra fa finta di non capire ed esulta

Corte Costituzionale: il crocifisso in classe? Non c'è legge che lo imponga

Gregorio Pane

ROMA Una vittoria di Pirro. Il crocifisso nelle aule per ora resta, ma la questione è tutt'altro che chiusa. La palla passa ora ai Tar, ai comuni, ai provveditorati, alle Regioni. È quanto ha implicitamente stabilito la Corte Costituzionale che ieri ha respinto il ricorso presentato dal Tar del Veneto sulle norme che impongono l'obbligo di esposizione del simbolo religioso nelle aule di tutta Italia.
Con una sentenza di otto pagine i giudici hanno dichiarato inammissibile la domanda: siccome non esiste una norma che impone quest'obbligo - hanno sentenziato il giudici - non è possibile entrare nel merito e far decadere la norma stessa. O, detto in altre parole, il crocifisso resta perché non esiste una norma che lo impone. Ecco perché non si può decidere di toglierlo. Tant'è. Ma tanto basta a far esultare il Polo: "È un freno verso chi sta lavorando per una deriva laicista - dice la Lega. "Perdono i fondamentalisti del laicismo e gli estremisti islamici come Adel Smith, colui che ha chiesto di togliere il crocifisso dalle scuole di Ofena", sostiene An. "È una sentenza che riconosce il valore della tradizione cristiana e il crocifisso come simbolo di amore universale", intuzza il ministro Moratti. "Guai a voler attribuire alla Corte una volontà o un'altra - avverte invece l'ex ministro dell'Istruzione Luigi Berlinguer - Perché i giudici non hanno detto né si né no".
Di vittoria parla anche la donna che ha sollevato il caso, una signora di origine finlandese, Soile Lautsi, atea convinta e madre di due bambini, che si era rivolta al tribunale amministrativo per chiedere l'annullamento di una delibera di una scuola media di Abano Terme (dove risiede) contro la rimozione del crocifisso dalle aule. La decisione era stata presa il 27 maggio 2002 dal consiglio dell'Istituto Comprensivo "Vittorino Da Feltre" di Abano, dopo che la donna aveva chiesto di togliere il simbolo religioso dalle pareti. Non una "guerra di religione", dunque, ma una richiesta di affermazione della laicità della scuola di Stato, che non avrebbe dovuto, a detta della ricorrente, privilegiare un simbolo religioso rispetto a un altro. Il Tar aveva poi deciso di rinviare tutta la materia alla corte Costituzionale che ieri ha risposto con una decisione di inammissibilità (ordinanza n.389 scritta dal presidente della Consulta, Valerio Onida) della domanda.
I giudici non sono neanche entrati nel merito della questione, vale a dire se l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche contrasti o meno con il principio della laicità dello Stato. Questo perché il Tar del Veneto, pur avendo formalmente impugnato davanti alla Consulta tre norme (gli articoli 159, 190 e 676) del testo unico in materia di istruzione, in realtà ha messo impropriamente in discussione la legittimità di due norme che regolamentano solamente gli arredi gli arredi scolastici, cioè gli arredi che i Comuni sono obbligati a rifornire a proprie spese alle scuole. Non esiste nessuna norma, infatti, secondo la Corte Costituzionale, che obbliga invece le scuole ad esporre il crocifisso nelle aule. Ma, visto che non c'è una norma che impone l'obbligo del crocifisso e che dunque non si può nemmeno cassare, chi è chiamato a decidere se il simbolo religioso può rimanere nelle aule?
La questione è aperta. Nel 2000 la Cassazione ha emesso una sentenza importante. Si era espressa sulla condanna inferta a Marcello Montagnana dopo che questi, dopo un'occhiata al Crocifisso sul muro del seggio a Torino, si era rifiutato di assumere l'incarico di scrutatore in occasione delle elezioni politiche del 1994 ribadendo la "libertà di coscienza" e il principio di "laicità dello Stato". La Cassazione annullò la condanna di Montagnana e, senza rinvio, ne accolse le motivazioni.
E poi c'è ancora in ballo la questione di Ofena. Da allora, di ricorsi, ne sono stati presentati altri e altre persone sono ricorse ai giudici in nome della laicità dello Stato. Basta ricordare che si è ancora in attesa della sentenza della Cassazione sul ricorso presentato da Adel Smith contro la scuola di Ofena. Sarà la Cassazione infatti a dover decidere se spetta al Tar a deliberare su una questione ritenuta, appunto, amministrativa o dovrà, come chiede Smith, occuparsene il tribunale perché è in campo la violazione di un diritto soggettivo. Il crocifisso dunque resta ancora lì, ma la palla è passata ai giudici ordinari.


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