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Unità: Concorsi, nuove opportunità per i ricercatori

Il decreto-legge 180 sull’università, contiene diverse dichiarazioni velleitarie, prive di effetti concreti, e molte disposizioni affrettate, talvolta inapplicabili.Contiene anche, però, una norma che dovrebbe avere effetti positivi sul reclutamento dei docenti,

09/01/2009
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l'Unità

Alessandro Figà Talamanca

Il decreto-legge 180 sull’università, più propriamente detto decreto Gelmini-Giavazzi (dal nome del ministro proponente e del professore ispiratore), contiene diverse dichiarazioni velleitarie, prive di effetti concreti, e molte disposizioni affrettate, talvolta inapplicabili.
Contiene anche, però, una norma che dovrebbe avere effetti positivi sul reclutamento dei docenti, che, come è noto, avviene quasi esclusivamente con i concorsi a ricercatore. D’ora in poi le commissioni per i concorsi a ricercatore saranno formate da tre professori, di cui due ordinari estranei all’università che ha bandito il posto. Questa è l’unica disposizione del decreto-legge che potrebbe porre un freno al localismo (a volte venato di nepotismo) nel reclutamento dei docenti.
In commissione ci saranno due testimoni autorevoli, di rango almeno pari a quello del membro interno. Si aprirà uno spiraglio per i candidati estranei all’ambiente della facoltà che ha bandito il concorso.
Finora, per i concorsi a ricercatore la prassi vigente era che la facoltà interessata delegasse un professore, il cosiddetto membro interno della commissione, a scegliere il vincitore, tra i suoi allievi o seguaci. La commissione era poi completata, attraverso l’elezione di altri due membri, i quali però erano di rango accademico inferiore e scarsamente interessati ad interferire con la decisione di chi ne sapeva di più. L’accordo generale era che ogni barone fosse sovrano nel suo feudo.
Come ha reagito il mondo accademico a questa innovazione? Prima di tutto cercando di scongiurarla. Così ad esempio il Consiglio Universitario Nazionale (CUN), all’unanimità, ha chiesto di ritornare alla vecchia composizione delle commissioni. Poi chiedendo che fossero esentati dalla concorrenza a livello nazionale i concorsi per ricercatore "a tempo determinato".
Anche il co-proponente del decreto legge, il prof. Francesco Giavazzi, ha proposto (www.lavoce.info 18 novembre 2008) di "riconsiderare l’estensione delle regole dei concorsi per i ricercatori a tempo indeterminato a quelli per ricercatore a tempo determinato per i quali conviene mantenere, almeno in alcune sedi, maggiore autonomia".
Il progetto dei "baroni", che speriamo non vada in porto, è dunque ora quello di spostare il reclutamento su posti "a tempo determinato" con il doppio scopo di sottrarsi nelle scelte per le assunzioni alla censura dei colleghi, e di mantenere più a lungo un controllo diretto sull’operato e la "fedeltà" dei loro giovani colleghi.


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