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«Una sorpresa, il passo in avanti ha coinciso con i tagli alla spesa»

Paolo Sestito - Presidente INVALSI

04/12/2013
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Il Messaggero
L’INTERVISTA
ROMA «Abbiamo superato uno scalino, ma ce ne sono ancora altri da superare. Leggere questa indagine è un po’ come vedere il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Nel senso che l’Italia sta migliorando, ma rimane significativamente ancora sotto la media Ocse». Paolo Sestito, presidente (dimissionario) dell’Invalsi, l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo, commenta l’indagine e guarda già oltre: «L’Italia ha mostrato dei miglioramenti nel quadro internazionale – spiega - e sono miglioramenti non recentissimi. Perché il 2012 conferma i passi avanti che si sono registrati tra il 2006 e il 2009. Diciamo che abbiamo consolidato i risultati raggiunti. Ma c’è ancora da fare. Il divario Sud-Nord che per quanto sia leggermente ridotto, rimane ancora importante».
A chi attribuisce i meriti dei miglioramenti?
«C’è molto da ragionarci. E con attenzione. Il miglioramento è intervenuto per esempio in una fase storica in cui l’Italia ha ridimensionato la spesa per la scuola. Questo conferma che spesso conta più la qualità della spesa che la quantità».
Di mezzo c’è anche la riforma Gelmini delle superiori.
«Sì, bisogna capire. Anche se il miglioramento è intervenuto prima della riforma del secondo ciclo, più tra il 2006 e il 2009 che tra il 2009 e il 2012, che sono gli anni interessati da questa novità».
Qualità della spesa. Ancora più importante in tempi di tagli.
«Il problema è molto complesso. E’ evidente che le operazioni di taglio lineare non vanno bene. Ma forse non andrebbero bene anche nelle condizioni in cui la spesa venisse aumentata. E’ un problema di scelte».
Dall’indagine emerge un quadro di forti differenziazioni per l’Italia.
«Sì, ci sono differenziazioni interne. Alcune più positive, altre meno. Anche qui bisognerà capire bene».
Abbiamo ancora un’Italia a due velocità, secondo lei perché?
«Il Mezzogiorno risente di condizioni di contesto più difficili, a cominciare dalla minore scolarità e capacità di supporto che le famiglie sono in grado di dare ai ragazzi. La scuola non riesce a respingere sostanzialmente questo divario. I fattori possono essere molteplici. In parte ci può essere anche un problema di risorse. Non tanto in termini di docenti, perché tutto quanto attiene la spesa viene definito centralmente, ma quanto a infrastrutture, più scadenti nel Sud».
Un’altra di queste differenze italiane è nei risultati nella matematica. Le ragazze hanno voti più bassi rispetto ai ragazzi.
«Forse c’è anche un fattore culturale. Il fatto che questo andamento in Italia sia più marcato che altrove, mentre in generale le ragazze hanno spesso migliori risultati scolastici, ha un po’ a che fare con il credo che la matematica non sia una cosa per loro».
E poi abbiamo il nodo degli alunni stranieri. I loro risultati sono molto inferiori a quelli degli italiani.
«Ma non stiamo facendo peggio di altri Paesi. Certo è un problema di crescente rilevanza e quindi meriterebbe un’attenzione specifica».
A suo avviso la cultura della valutazione manca nelle nostre scuole?
«Sta progressivamente emergendo. L’importante è capire che è uno strumento e non un fine. Serve al sistema nel suo complesso per migliorare. Questo è il punto di partenza. La valutazione non deve fissarsi su un singolo indicatore, ma deve considerare una pluralità di elementi. Non deve fissarsi sulla finalità di fare gare per le scuole, ma fornire informazioni alle scuole che consentano di specchiarsi e confrontarsi con gli altri e, al tempo stesso, consentano al sistema di verificare le aree critiche dove concentrare le poche risorse disponibili per supportare il miglioramento».
A.Cam.

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