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Tirocinio sottopagato: condannato il governo, risarcimento milionario per le Università

La vittoria dei medici specializzandi

02/12/2010
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La Stampa

Marco Accossato

Ci sono voluti ventisette anni di proteste, ricorsi, manifestazioni di piazza. Ventisette anni di tensione, di lavoro sottopagato, di diritti negati. Ma ora la Corte d’Appello di Roma dà ragione a migliaia di ex medici specializzandi che con una class action promossa dall’Associazione Consulcesi Health aveva chiesto venissero riconosciti i diritti previsti da una normativa europea.

Agli specializzandi degli anni 1983-1991 le Università dovranno pagare non solo la remunerazione dovuta per tutta la durata del corso di studi, ma anche rivalutazione e interessi. Per la prima volta, la Corte d’Appello ha condannato la presidenza del Consiglio dei ministri a restituire ai medici specialisti di quell’epoca 6 milioni e mezzo di euro. «Una sentenza - commenta l’Associazione Consulcesi - che costituisce un importante precedente nel quadro delle class action dei professionisti medico-sanitari, che a questo punto potranno ricorrere, per simili questioni, anche dal 1992 in poi».

La delibera della Corte d’Appello riguarda oltre 30 mila medici provenienti da tutta Italia. Chi aveva frequentato le scuole di specialità delle Facoltà di medicina e chirurgia senza ricevere la borsa di studio mensile negli otto anni della sentenza, «ha finalmente visto riconosciuto un diritto legittimo». La cifra ammonta a più di 100 mila euro per ciascun medico: 11 mila e 103 euro della borsa per ognuno dei tre anni di scuola, più la rivalutazione e gli interessi che hanno triplicato gli importi».

In tutte le manifestazioni di protesta di quegli anni, come in quelle dei periodo successivi, i medici specializzandi hanno sempre sottolineato come l’Italia fosse inadempiente rispetto alla normativa europea dell’82, recepita nel nostro Paese soltanto nove anni dopo, nel 1991. Stipendi insufficienti, senza diritto alle ferie o alla maternità. Quel mancato adeguamento dello Stato italiano alle direttive Cee che prevedevano innanzitutto un’adeguata remunerazione per il periodo di specializzazione dei medici è stato all’origine della sentenza. Le norme sono state applicate infatti soltanto a chi frequentava le scuole di specialità dal 1992 in poi, quando la situazione è cambiata, senza però alcun rimborso per gli specializzandi degli anni precedenti.

«Più che studenti in formazione - è stata da sempre la protesta dei dottori in formazione - siamo trattati come medici a tutti gli effetti, senza tutor e con incarichi in reparto, ambulatorio, day hospital o pronto soccorso che spetterebbero ai nostri docenti». «Non conosciamo ancora il merito del ricorso, ma è senza dubbio una vittoria e un apripista», è il commento del dottor Stefano Magnone, oggi chirurgo a Modena, uno dei fondatori di Federspecializzandi. La conquista del diritto apre però adesso, secondo Magnone, un altro problema: «Come faranno le Università, di fronte a tante richieste di risarcimento, a pagare quanto dovranno?». Una strada possibile, ipotizza già qualcuno, potrebbe essere quella di una sorta di sanatoria di massa, che richiederà comunque l’intervento economico dello Stato. Per adesso non c’è dubbio: «E’ una sentenza storica». La prima di una serie, sperano gli ex specializzandi.


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