"Studiare a casa allena il pensiero e poi l’alternativa sono tablet e tv"
Intervista a Benedetto Vertecchi
Non chiamiamoli più compiti, è una parola che fa parte del lessico ottocentesco. Ma diamoli: da cosa si dovrebbero riposare i bambini durante le vacanze?». Il pedagogista Benedetto Vertecchi mette in guardia da proposte «che solleticano l’opinione pubblica sul buon senso senza nessun fondamento pedagogico».
Professore, non concorda con la circolare annunciata dal ministro Bussetti?
«Io trovo che stiamo affogando in una retorica che nasconde la realtà o la sua comprensione».
Il suggerimento è quello di dare meno compiti per permettere ai ragazzi di stare con la famiglia, è sbagliato?
«Ma quale famiglia? Un bambino appena entra in casa sta attaccato alla televisione.
Nei ristoranti guardateli a cena: genitori e figli incollati a telefonini e tablet che non si dicono una parola per tutta la sera. Credo che questi ragazzi sarebbe il caso di affaticarli un po’, gli farebbe bene. Stiamo attenti alla facile retorica sullo stare in famiglia».
I compiti, dunque, servono?
«La questione è esercitare aspetti del pensiero e della manualità per favorire l’apprendimento. I compiti forse non servirebbero in una scuola diversa, che nel tempo pieno somministra tante attività, in cui i bambini possono imparare a leggere e scrivere, a usare le mani e a sviluppare un repertorio verbale. I compiti servono perché da noi ciò che si apprende in classe deve essere allenato fuori, ci sono bambini che a otto anni non sanno tenere una penna in mano: si devono riposare durante le vacanze da questa incapacità?».
– il.ve.