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Studenti più preparati se l’«esame» è quotidiano

A sostenerlo sono tre docenti americani del Dipartimento di Psicologia dell’università del Texas

26/11/2013
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Corriere della sera

Un esame al giorno. È la formula per ottenere il massimo rendimento all’università, sia in termini di voti sia di apprendimento. A sostenerlo sono tre docenti americani del Dipartimento di Psicologia dell’università del Texas che, dopo aver studiato due classi (una con 901 studenti, l’altra con 935) nel loro ateneo, hanno messo nero su bianco i risultati in uno studio appena pubblicato sul sito Plos One . I dati dicono che se i ragazzi sono sottoposti a quiz quotidiani, magari anche con l’aiuto del pc, migliorano di molto le loro prestazioni (anche del 10%), riducono il tasso di frequenza e abbattono («di almeno il 50%») il divario sulla media dei voti tra chi appartiene a famiglie ad alto e basso reddito. Mentre in una delle due classi i tre professori — James W. Pennebaker, Samuel D. Gosling e Jason D. Ferrell — hanno continuato a fare lezione come al solito, fissando un esame alla fine del corso, nell’altra hanno chiesto ai ragazzi di portarsi un pc e rispondere a un quiz alla fine di ogni lezione. Risultato: i voti finali di tutti sono risultati migliori di 5-10 punti rispetto allo stesso esame fatto l’anno prima, ma in modalità «tradizionale». Studenti più bravi rispetto a quelli del precedente corso? No, secondo i tre docenti. Perché, spiegano, «i dati dello studio indicano che se l’allievo è sottoposto a test continui — soprattutto per corsi di laurea dove si iscrivono in tanti — riesce ad avere una valutazione finale più alta rispetto a colleghi che frequentano le stesse lezioni, ma poi fanno soltanto un esame». La reazione degli studenti-cavie, però, almeno all’inizio non è stata proprio positiva. «Di solito gli alunni ci danno voti alti», spiega al New York Times James W. Pennebaker, uno dei docenti-ricercatori. «Ma la classe che abbiamo sottoposto a questa nuova modalità ci ha assegnato i voti più bassi di sempre. Direi che ci hanno odiato. Salvo poi ricredersi alla fine del corso, quando hanno visto che sono andati decisamente meglio degli altri colleghi».
L. Ber.

 


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