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ScuolaOggi: A proposito del recupero dei debiti, recuperare la didattica

di Antonio Valentino

16/01/2008
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ScuolaOggi

L'enfasi sui debiti formativi, conseguente alla emanazione del DM 80 e alle iniziative ministeriali successive, può far correre il rischio che si trascurino le cause strutturali della abnorme selezione scolastica e quindi dei cattivi esiti delle nostre scuole superiori; e cioè le riforme continuamente rinviate, gli investimenti modesti, lo sviluppo professionale e la valorizzazione dei suoi operatori inadeguati, per citarne i principali.

Una questione nodale

Va però riconosciuto che la scelta del ministro, per quanto mal impostata, tende a bloccare comunque una spirale pericolosa fatta di apprendimenti mancati, cultura lassista, disfunzione didattica.

Va altresì ammesso con molta onestà che questa iniziativa del ministro, se mette in evidenza la crisi della scuola come sistema (e quindi le responsabilità della politica), mette anche sotto riflettore, per chi voglia vederla, una cultura delle scuole autonome che tende a considerare come estranea a sé il grave problema della dispersione e il dovere di trovare, o almeno di cercare, una sua autonoma risposta al problema dei debiti.

La scuola ha di certo consapevolezza del disagio che ne nasce, ma non che è compito suo pensare a soluzioni.

Ed è questa, a mio avviso, una questione nodale. Se un fenomeno non viene percepito come problema - in questo caso il rendimento scadente dei nostri studenti, soprattutto nei primi anni delle superiori (e quindi le bocciature e le ripetizioni, e fenomeni annessi) - non mobilita energie per la sua soluzione.

Fino a quando le scuole - soprattutto tecniche e professionali - riterranno "normale" bocciare propri allievi in misura del 25-30% al primo anno e considereranno questo come ineluttabile e non come un problema che li chiama in causa, probabilmente ogni intervento risulterà inadeguato.

I limiti dell'operazione ministeriale

Le scelte del ministro non mi sembra tuttavia che assumano a riferimento questo aspetto della questione.

Anzi privilegiano misure che, pur apprezzabili nelle intenzioni (molto meno sotto il profilo operativo e attuativo), fanno correre il rischio di non farci fare grandi passi in avanti.

Mi sto riferendo alle misure indicate nell'OM 92/2007 che fanno obbligo alle scuole di organizzare sia attività di recupero e sostegno nel secondo quadrimestre - per prevenire l'attribuzione dei debiti negli scrutini finali -, sia appositi corsi estivi per quanti comunque non fossero riusciti a trarre profitto dalle attività compensative durante l'anno scolastico.

Nonostante il clima inizialmente pesante tra gli insegnanti, a motivo delle indicazioni piuttosto generiche e approssimative dell'OM 80 anche sotto il versante delle risorse da mettere in campo, le scuole comunque si stanno muovendo con scelte di buon senso (spesso), nella consapevolezza che la questione dei debiti che si trascinano all'infinito è dannosa per le scuole e va quindi cancellata da subito.

Perciò la previsione della sua eliminazione sembra essere abbastanza fondata, come pure una maggiore responsabilizzazione di studenti e famiglie rispetto al problema.

Una occasione per cambiamenti positivi. Possibili terreni di intervento

Che l'operazione recupero debiti possa anche diventare occasione per cambiamenti più in profondità, è invece piuttosto dubbio. Non basta portare il compenso a 50 euro orarie per le iniziative previste, né minacciare i dirigenti scolastici che non dimostrino l'entusiasmo che il ministro reclama.

Comunque non ci si può nascondere che finora gli interventi sul recupero dei debiti (in genere, stanche ripetizioni di corsi compensativi, normalmente proposti nei vari momenti dell’anno scolastico) si siano rivelati in molti casi perdita di tempo e di denaro.

L’interrogativo a questo punto è: si può lavorare sull’ipotesi di legare l’operazione in atto con qualche obiettivo di miglioramento del sistema?

Volendo lavorare su questa ipotesi, vedo due possibili terreni di intervento.

Il primo è ovviamente quello della sperimentazione di modalità organizzative e didattiche più efficaci e qualificanti.

Con una frase ad effetto, potremmo dire che anziché far leva sui corsi di recupero, dovremmo puntare preliminarmente sul "recupero" della didattica curricolare e delle sue funzioni più importanti (insegnamento sensato e attivo, ascolto e motivazione, valutazione formativa, individualizzazione, correlazioni e unitarietà dei saperi, ricerca e sperimentazione, pratica responsabile che mira a risultati verificabili…). Obiettivo che a parole potrebbe risultare addirittura scontato, ma che si scontra con una situazione di fatto che lo fanno sembrare quasi rivoluzionario. Sic stantibus rebus.

Il secondo terreno ha a che fare di più con i contenuti delle iniziative da mettere in atto e riguarda i possibili collegamenti ai processi di riforma che interessano il biennio delle superiori (ma che potrebbero "contagiare" in positivo anche l'ambiente del triennio).

Sto riferendomi alle tematiche previste dall'innalzamento dell'obbligo scolastico: dalle competenze chiave di cittadinanza, alla nuova centralità di nozioni quali: competenze e certificazione, dipartimento (come luogo della collaborazione tra materie affini e superamento della separatezza disciplinare) e laboratorialità (come strategia di coinvolgimento e di learning by doing, che stenta ad avere fortuna in un sistema rimasto ancora per molti versi gentiliano anche negli istituti tecnici e professionali).

E' certamente, quella ipotizzata, una operazione difficile, complicata soprattutto se pensata a metà anno scolastico. Che però potrebbe rappresentare, in prospettiva (se non si riesce da subito), un terreno di lavoro sul quale può valere la pena spendersi. Per la ragione che guarda lontano e innesca (può innescare) processi di cambiamento che prefigurino ruoli meno marginali e più gratificanti per il mondo della scuola. Indubbiamente anche più impegnativi e difficili. Ma gli unici, comunque, in grado di farci uscire dal vittimismo diffuso e ritrovare una diversa considerazione del ruolo e della funzione.

Le risorse finanziarie come questione preliminare

Va ribadito però che la ricerca di un senso più motivante all'operazione recupero debiti passa per un banco di prova obbligato: l'accertamento delle risorse finanziarie. Sapere con certezza di quanto si dispone è la condizione per una pianificazione attendibile di quanto si può fare. Senza questa certezza, è difficile iniziare qualunque discorso di progettazione e sollecitare investimenti, soggettivi o di categoria, tra i docenti.

Questo è il primo compito del dirigente scolastico, prima di tentare di mettere mano a qualsiasi discorso di pianificazione organizzativa.

A tal proposito va detto che le risorse arrivate alle scuole per l'operazione debiti non permettono grandi investimenti. Ove si consideri che occorre organizzare attività sia per fare rientrare le insufficienze del primo quadrimestre; sia per preparare gli studenti con debiti, attraverso appositi corsi, alle previste verifiche.

Se però si utilizzano - in una logica che intreccia l'operazione recupero debiti con i processi riformatori legati all'innalzamento dell'obbligo scolastico - anche le risorse date alle scuole per la sperimentazione dei nuovi bienni (e quelle per il progetto ministeriale “Scuole aperte” al pomeriggio), si garantisce almeno una condizione importante di fattibilità.

Questa strada è da ritenersi effettivamente percorribile, se si guarda ad alcune esemplificazioni di fonte ministeriale al riguardo e ad una prima contabilizzazione delle iniziative possibili.

Alcuni paletti per non perdersi

Sul terreno delle cose fattibili occorre però mettere qualche paletto per meglio orientarsi.

La prima cosa che andrebbe richiamata a noi stessi è che una operazione che intrecci le iniziative per il recupero di debiti con la ricerca e la sperimentazione sul nuovo obbligo ha evidentemente tempi più lunghi del solo 2° quadrimestre e dei corsi estivi di quest’anno scolastico.

Essa pertanto va vista proiettata anche sul prossimo anno scolastico. In questo modo si potrà far rientrare l'operazione "recupero" (cioè gli interventi compensativi di lacune o incertezze o apprendimenti lacunosi o incerto o errati) dentro il suo ambito proprio e riconsiderarla per come effettivamente è: una funzione della didattica (esattamente come la motivazione ai contenuti dell'insegnamento, il coinvolgimento attivo, il controllo e la valutazione, ecc). E quindi dentro la didattica "ordinaria". Riservando i corsi pomeridiani ai casi particolari (stranieri, studenti riorientati verso altri tipi di scuola, ecc.).

La seconda cosa che andrebbe ribadita invece per l'oggi è che la nozione di recupero comprende elementi diversi che vanno considerati per quello che effettivamente sono, prima di mettersi a progettare interventi. Se, dietro un apprendimento lacunoso o superficiale o in ogni caso inadeguato, c'è disimpegno che nasce da demotivazione; e se, dietro la demotivazione, ci sono una didattica sentita come poco coinvolgente e motivante e contenuti che lo studente avverte come privi di senso, allora non si può supplire a tutto questo con un corso di recupero o attività similari. Sono poi nel vissuto di molti i casi di corsi pomeridiani in cui studenti assenti al mattino si presentavano al pomeriggio; o che al mattino, durante le lezioni, pensavano a tutt'altro e frequentavano attività di recupero pomeridiano.

Per scongiurare questi rischi, i paletti da fissare riguardano l'individuazione chiara delle situazioni in cui le attività vanno previste, organizzate e garantite.

Il recupero motivazionale o metodologico (saper studiare) non lo faccio in un corso pomeridiano, dove vado a riproporre (seppure con modalità diverse) conoscenze e competenze disciplinari. Meglio in questi casi le attività di sportello o tutoring condotto con competenza e continuità.

E’ fondamentale comunque che qualunque intervento nasca da un patto formativo tra scuola (docente), da una parte, e studente e famiglia, dall'altra e preveda impegni precisi e condizioni chiare.

Qualche indicazione operativa

Termino con alcune indicazioni più operative - raggruppate in cinque punti - tra quelle che ho sentito più "gettonate" in incontri sull'argomento.

1. Possibili (e auspicabili) strategie di istituto

- Con l'inizio del 2° Quadrimestre, prevedere lo stop di una/due settimane nello svolgimento del programma, in tutte le situazioni in cui il numero delle insufficienze superi il 40%, per svolgere coerenti azioni di ripasso, di recupero di nozioni e abilità chiave, di chiarimenti e approfondimenti, di consolidamento;

- Le priorità nel recupero: competenze linguistiche (e, in primis, di lettura, comprensione e uso di un testo e capacità argomentativa) e competenze matematiche;

- Puntare sulle nozioni chiave e competenze / prerequisito di area (cioè delle discipline di uno stesso asse culturale), più che di materia;

- Privilegiare, soprattutto nel biennio, le competenze trasversali (metodologiche) più che disciplinari;

- Puntare, per il biennio, solo sulle alcune (poche) Competenze Chiave di Cittadinanza, aggregabili) e sulle competenze culturali assunte come essenziali dal Gruppo di dipartimento (qualora, ovviamente, l’Istituto abbia già cominciato un suo percorso di sperimentazione di quanto previsto dal Documento Tecnico per l’innalzamento dell’obbligo di Istruzione).

2. I termini del patto formativo

Alle attività di recupero si viene ammessi solo se si sottoscrive uno specifico patto formativo tra studenti e famiglie, da una parte, e scuola (rappresentata dal coordinatore di classe) dall'altra. Il patto prevede, da parte della scuola, impegni

a. sulla specificazione degli obiettivi e del tipo di prova finale e

b. sulle metodologie, che saranno comunque attive e partecipative;

e, da parte dello studente:

a. partecipazione continuata e

b. studio individuale e svolgimento dei compiti assegnati.


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