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Riformista: Pane e cicoria alla scuola pubblica, soldi alle private

ISTRUZIONE. I SINDACATI VERSO LA MOBILITAZIONE: TAGLI INACCETTABILI DI ETTORE COLOMBO

18/10/2006
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Il Riformista

Probabilmente il cattolicissimo ministro Fioroni tutto si sarebbe aspettato tranne che un attacco proveniente da un'area, quella cattolica, che pure nella scuola italiana è molto forte. Forte almeno quanto i Cobas scuola e le Rdb-Cub, esponenti di quella sinistra radicalissima che già hanno tirato un tiro malandrino al governo qualche settimana fa, quando diffusero il testo «vero» (e integrale) della Finanziaria prima ancora che uscisse da palazzo Chigi. La notizia sta nel fatto che, a Finanziaria compulsata anche nelle sue pieghe più recondite in mano, starebbero per sparire ben 50 mila posti di lavoro, nella scuola italiana. L'annuncio, che ha messo rumore nel governo e in allarme i sindacati, è stato ampiamente riportato ieri dalla stampa ma prende spunto da un'anticipazione molto poco nota e diffusa da un mensile storico del settore, Tutto scuola, che esiste da 25 anni e fa da collante agli insegnanti di area cattolica. Dello scoop Tutto scuola ha dato conto in un articolato dossier («Incubo Finanziaria») che si basa su una lettura «comparativa» di quanto emerso dalla relazione tecnica della Finanziaria 2007, relazione depositata alla Camera solo da un paio di giorni. Ieri, dal proprio sito Internet, Tutto scuola si limita a «prendere atto» della smentita diffusa in serata dal sottosegretario all'Istruzione Mariangela Bastico. La quale parla di «cifre infondate» e di «errore macroscopico», sostiene che «si stanno sommando le mele con le pere» (e cioè razionalizzazioni con tagli) e riferisce di altre (e diverse) misure varate dal governo: l'innalzamento dell'obbligo d'istruzione a 16 anni e molti altri, oltre alla già annunciata «stabilizzazione» di oltre 150 mila precari. Atti che determinerebbero «un aumento degli alunni e di conseguenza l'incremento degli organici». Dossier e anticipazioni che in ogni caso, tra lunedì sera e ieri mattina, hanno scatenato una bagarre politica, in Parlamento. L'ennesima, certo, si potrebbe dire, ma stavolta con l'appoggio dei sindacati.
I quali sindacati, una volta svegliatisi dal torpore in cui devono aver dormito mentre si scriveva la Finanziaria, ora annunciano la «mobilitazione». E cioè minacciano uno sciopero del settore, che va ad aggiungersi a quello, già proclamato, del 17 (personale dell'università) e del 20 novembre (comparto della ricerca). «Sono tagli inaccettabili - afferma il segretario generale della Uil scuola Massimo Di Menna - ma è sempre la stessa storia: i tecnici del ministero dell'Economia pensano di ridurre la spesa pubblica tagliando sul personale della scuola». Secco anche il commento del segretario generale della Flc-Cgil Enrico Panini (tra i pasdaran della sinistra radicale di corso d'Italia) secondo cui «questa Finanziaria non investe sulla conoscenza». Ma si vede che non basta l'effetto annuncio-tagli, a intorbidare le acque. Un emendamento presentato ieri alla Camera aumenterebbe infatti da circa 100 a 150 milioni di euro le risorse destinate alle scuole private. «Tagli e cicoria per la scuola pubblica, attenzione per quella privata», ribatte il sindacalista cigiellino per il quale «si tratta di una decisione sbagliata». «Non vengono restituiti alla scuola statale i 600 milioni sottratti negli ultimi 4 anni e però s'incrementano i finanziamenti previsti per le scuole private», commenta.
«Inoltre, i 2 miliardi e 400 milioni destinati dalla Finanziaria sono una partita di giro: soldi che prima gestiva il ministero e che ora passano direttamente alle scuole private». Anche la Cisl scuola reputa «inaccettabili» i previsti tagli alla scuola. «Altrettanto inaccettabile - aggiunge il cislino Francesco Scrima - è la mancata copertura finanziaria per il rinnovo del contratto, scaduto da 10 mesi. Sul contratto e su tutti gli altri tagli annunciati insistiamo a chiedere la loro modifica nel corso del dibattito parlamentare e l'attivazione di tavoli concertativi. In assenza di riscontri, risponderemo con la mobilitazione». Cioè con altri scioperi.
Il guaio è che i tagli alla scuola hanno suscitato imbarazzo e polemiche anche nella maggioranza, dove sia i centristi dell'Udeur che i socialisti dello Sdi, per non dire della sinistra radicale, unita come un solo uomo, elevano le loro «vibranti proteste». Roberto Poletti e Anna Schianchi dei Verdi registrano «con amarezza» che la scuola è «il fanalino di coda delle priorità». Per la senatrice del gruppo Verdi-Pdci, vicepresidente della commissione Istruzione, «50 mila posti in meno nella scuola sono un prezzo troppo alto da far pagare al nostro sistema scolastico». Non che le voci che si levano nell'altro ramo del Parlamento e da ben altra area politica siano meno inferocite. Mauro Fabris, capogruppo dell'Udeur, sostiene che «è urgente trovare risorse per la scuola» mentre per Boselli, capogruppo della Rnp, «si può ragionare solo su come spendere di più, per la scuola, non certo di meno». Netta e apparentemente senz'appello la presa di posizione del Prc: «Siamo convinti che il dibattito parlamentare dovrà modificare, all'interno della Finanziaria, l'entità dei tagli previsti alla scuola». Che equivale a sostenere, come disse al Riformista tempo fa il centrista Fabris in merito all'entità complessiva della manovra, che «quello che non vuole cambiare Padoa-Schioppa, lo cambieremo noi in Parlamento».


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