FLC CGIL
Contratto Istruzione e ricerca, filo diretto

https://www.flcgil.it/@3804367
Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Riformista: Il manifesto realistico per l’università

Riformista: Il manifesto realistico per l’università

MODESTA PROPOSTA AL GOVERNO DI CENTROSINISTRA - DI GUIDO FABIANI

04/05/2006
Decrease text size Increase text size
Il Riformista

ACCADEMICA 1. MODESTA PROPOSTA AL GOVERNO DI CENTROSINISTRA - DI GUIDO FABIANI
Quindicimila nuovi ricercatori in cinque anni, un’edilizia efficiente e l’agenzia per la valutazione del sistema

Durante la campagna elettorale appena conclusa le forze politiche che si richiamano all’Unione hanno dichiarato che, in caso di vittoria elettorale, lo sviluppo del sistema universitario sarebbe stata una delle priorità del nuovo governo. Chi, come il sottoscritto, ha votato per l’Unione per scelta di campo, ha anche creduto a quelle dichiarazioni programmatiche e continua a crederci, fino a prova contraria. Ora, in attesa della definizione delle responsabilità ministeriali, potrebbe essere utile provare a suggerire una realistica linea di politica universitaria con alcune indicazioni per congiungere le prime iniziative da intraprendere all’avvio di un processo di rinnovamento di medio lungo periodo.
Non si può non tener conto delle difficoltà della situazione generale. Se, come afferma il Fondo monetario internazionale, il deficit ha superato quota 4% rispetto al pil e richiede una significativa manovra finanziaria aggiuntiva, è arduo trovare subito risorse sufficienti per soddisfare pienamente le molteplici esigenze di sviluppo del paese. Questo vale anche per la priorità università. Ma un approccio responsabile, che non preveda un massiccio impiego di risorse in tempi brevi, deve fornire realistiche certezze di funzionamento nel breve periodo, permettere l’esercizio di un’autonomia responsabilizzata e garantire un percorso di rinnovamento profondo e partecipato del sistema universitario nazionale, in linea con quello europeo. Sarebbe disastroso se per la politica universitaria ci si limitasse, anche solo nella fase iniziale, alla semplice gestione delle normative e delle strumentazioni predisposte dal precedente governo e se si lasciasse spazio, in quel ministero, a un’impostazione tecnocratica che, senza alcuna sensibilità alla complessità del sistema e alla necessaria progettualità culturale, ha portato gran parte degli atenei italiani sull’orlo del disastro e innescato le condizioni per preoccupanti tensioni sociali.
Intendiamoci, bisogna aver cura di evitare di sottoporre il sistema a traumatici cambiamenti dei processi in atto, ma è necessario introdurre ragionevolezza e competenza, eliminando lo spirito burocratico e accentratore che ha attecchito in questi anni. Da questo punto di vista, bloccando, ove possibile e utile, misure inconcludenti e dannose, e muovendosi in una logica di “parziale e ragionevole” (dis)continuità ma di reale innovazione, è in primo luogo opportuno: a) avviare l’agenzia per la valutazione del sistema universitario; b) portare a termine una verifica approfondita della riforma della didattica, attraverso un confronto nazionale che utilizzi le riflessioni già avviate e maturate in molti atenei dedicando attenzione, oltre che ai risultati del triennio, alle lauree specialistiche, ai master e ai dottorati; c) sperimentare il nuovo meccanismo concorsuale correggendone i contenuti più discutibili e da “ope legis” e introducendo forme di controllo che favoriscano la selezione per merito, assolutamente non garantita dalle nuove norme, nonostante si sia voluto far credere il contrario; d) garantire le esigenze incomprimibili del funzionamento di base degli atenei (la “quota di garanzia” del programma dell’Unione), mentre si mette a punto un modello di finanziamento rispettoso, al contrario dell’attuale, delle strategie di sviluppo di sistema e specifiche, che preveda di premiare i risultati di eccellenza e di tener conto dei vincoli del contesto economico sociale di riferimento.
In secondo luogo si debbono avviare subito altre linee di azione da portare a regime nell’arco di alcuni anni. La prima riguarda la scelta di immettere una folta leva di giovani ricercatori programmata su cinque anni, utilizzando in forma di anticipazione le risorse che si renderanno disponibili con l’imponente turn over che culminerà intorno al 2012 in quasi tutti gli atenei. Si tratta di mettere in grado le università, con la garanzia dello Stato, di attivare prestiti che, opportunamente graduati nel tempo, permettano di ringiovanire e riqualificare il corpo accademico nazionale anche garantendo una quota di candidati stranieri. Questo significa che, garantito il funzionamento di base degli atenei, il finanziamento dei concorsi per ricercatori è basato sull’anticipazione di una parte di risorse già nella disponibilità del sistema. Gli atenei possono così essere messi in condizione di programmare in cinque anni concorsi per 15 mila ricercatori, utilizzando all’incirca 750 milioni di euro di risorse proprie. Si tratta di una cifra pari al monte stipendi di 7.500 professori ordinari: del tutto compatibile se si tiene conto che sono 25 mila i docenti che fino al 2017 dovrebbero raggiungere i limiti di età, liberando circa 2 miliardi di euro, quindi senza alcun danno per le legittime aspirazioni di carriera maturate nel frattempo.
Un’altra linea di azione deve riguardare l’edilizia universitaria. Non esiste possibilità di sviluppo del sistema universitario nazionale se non si predispongono sedi adeguate, collegi e, soprattutto, laboratori di ricerca avanzata, biblioteche, luoghi di accoglienza di studiosi e studenti stranieri. Bisogna ripristinare il fondo per l’edilizia sciaguratamente ridotto e avviare una politica di mutui a basso costo e di sostegno a project financing, accordi con le banche, con le imprese, con le fondazioni e con le istituzioni territoriali. E’ un intervento assolutamente indispensabile e richiede un esborso di risorse non eccessivo da distribuire su un quindicennio, con un grande impatto moltiplicativo anche al di fuori del sistema.
Con queste linee di azione si comincerebbe a rispondere a diversi obiettivi: avvio di una seria attività di valutazione, garanzie di funzionamento, ringiovanimento e riqualificazione del corpo accademico, sostegno alla ricerca e alla internazionalizzazione, coinvolgimento di soggetti finanziari e produttivi, impegno di risorse controllabile e, soprattutto, elementi di certezza per gli atenei che sarebbero messi in grado di programmare responsabilmente da subito una parte significativa della propria crescita per il prossimo quinquennio.
Fin qui per iniziare da subito con un approccio di concretezza innovativa. Ma è chiaro che l’impegno per un percorso di rinnovamento profondo del sistema universitario è ben altra cosa. Nel programma dell’Unione, infatti, ci si impegna a fare dell’università e della ricerca la «chiave di volta del rilancio del paese». Qui vorrei svolgere solo qualche brevissima considerazione partendo da due domande: Quale è il futuro del nostro sistema universitario? Cosa può aspettarsi il paese dall’università?
In questi anni negli atenei si è vissuto un clima d’incertezza. Si è assistito alla promulgazione di interventi nell’assenza di reali obiettivi di sviluppo, senza un disegno politico-culturale valido e condiviso, senza fantasia e coraggio, con richiami approssimativi a modelli stranieri e a concezioni rozzamente aziendalistiche e efficientistiche. Si è dimenticato che l’università, pur necessitando di modelli organizzativi e gestionali complessi e moderni, non è un’azienda ma qualcosa di diverso e di speciale, per la forte connotazione pubblica delle sue funzioni e finalità. Si è favorita l’istituzione a pioggia di università locali e di altisonanti “istituti di tecnologia”, si sono improvvisate “università telematiche” spesso sottratte alla valutazione della comunità scientifica. E’ sembrato, quasi che si volesse minare il rapporto tra didattica e ricerca e disarticolare la concezione stessa di università come luogo elettivo per la coltivazione dell’intelligenza del paese e la produzione di conoscenza evoluta e vantaggiosa per tutti.
A ciò si è aggiunto un taglio di risorse finanziarie e una loro squilibrata distribuzione con effetti gravi sul già precario livello del diritto allo studio, sul reclutamento di giovani, sulla scoperta di nuovi talenti, sulla creazione di conoscenze di base e applicate, sulla manutenzione e espansione degli impianti, sulla creazione di relazioni internazionali di cooperazione scientifica e didattica, sull’organizzazione di convegni e di iniziative culturali avanzate: insomma, sulla vita complessiva degli atenei e sul vantaggio globale che un’università dinamica, evoluta, moderna può portare al paese. Non è difficile prevedere che il perdurare di queste condizioni solleciterà la crescita dello scontento e perfino tensioni interne ai singoli atenei e situazioni di crisi. Va anche considerato, inoltre, che mentre è maturato tutto ciò, in tanti, dall’esterno o da gruppi con pochi contatti e conoscenza di un sistema complesso e del suo reale travaglio di trasformazione, hanno voluto fornire le proprie ricette di cambiamento, spesso solo semplicistiche e a volte interessate. E’ in questo clima che è maturata una reazione difensiva degli atenei e una sensazione di isolamento favorita anche da una impermeabilità alle sollecitazioni esterne, dura a morire nel mondo accademico.
Bisogna superare questa situazione. Il paese ha bisogno di rivitalizzare l’immenso patrimonio di saperi, di intelligenza, di energie intellettuali e di competenze e dare un respiro nuovo a questa istituzione cruciale per il proprio sviluppo. C’è bisogno di un impegno congiunto delle forze politiche e culturali, del mondo delle imprese, delle donne e degli uomini che lavorano nell’università, degli studenti. Bisogna che ci si confronti sui temi della governance, del valore legale del titolo di studio, dei diritti e dei doveri dei docenti, delle modalità di accesso alla carriera accademica, della valutazione della didattica, della ricerca, dell’organizzazione e amministrazione degli atenei, del modello di finanziamento, di necessari interventi premiali e di sanzione, del funzionamento degli organismi di coordinamento regionale delle università e dei loro poteri, della costruzione di rapporti organici tra università ed enti di ricerca, tra università, istituzioni territoriali, imprese e mondo del lavoro. Nel corso del prossimo anno si può lavorare seriamente a tutto ciò, dismettendo ogni posizione pregiudiziale e preparando una convenzione sugli stati generali dell’università. Valga come criterio guida quanto affermato efficacemente da altri: «Nell’università mai più cambiamenti senza risorse, mai più risorse senza cambiamenti» (Guido Trombetti, Il Mattino, 23/04/2006).

Rettore dell’università Roma Tre


La nostra rivista online

Servizi e comunicazioni

Seguici su facebook
Rivista mensile Edizioni Conoscenza
Rivista Articolo 33

I più letti

Filo diretto sul contratto
Filo diretto rinnovo contratto di lavoro
Ora e sempre esperienza!
Servizi assicurativi per iscritti e RSU
Servizi assicurativi iscritti FLC CGIL