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Repubblica: Precari Ispra, due mesi sul tetto "Non chiediamo la luna ma lavoro"

Oggi incontro decisivo dei ricercatori con il governo . Cinquantanove notti all´aperto per tornare al contratto da poco più di mille euro al mese

20/01/2010
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la Repubblica

ROBERTO MANIA

ROMA - Sul tetto si prepara l´ultima notte. Forse. Ne sono già passate cinquantotto. Due mesi di protesta senza precedenti per chiedere di tornare a essere precari a tuttotondo; per avere la "sicurezza" di un contratto co. co. co. a poco più di mille euro al mese, non un contratto a tempo indeterminato. Paradossi di una storia tutta italiana nella quale l´unico ente pubblico che fa ricerca e controlli sull´ambiente (l´Ispra) avrebbe voluto sbarazzarsi nel silenzio di oltre 400 suoi ricercatori, proprio mentre il mondo scommette sulla green economy per uscire dalla grande recessione. Ma il 24 novembre i ricercatori, da più di un decennio precari e ormai ex giovani, sono saliti sul tetto e non sono ancora scesi. Potrebbero farlo oggi, se l´incontro al ministero dell´Ambiente finirà con l´impegno a confermare i contratti scaduti.
La palazzina dell´Ispra, una costruzione anni cinquanta disegnata da un architetto romano prestigioso come Ugo Luccichenti e immersa nel verde del parco della Cellulosa in via di Casalotti, estrema periferia nord occidentale della Capitale, non è occupata. Si entra senza problemi, basta lasciare un documento in portineria come in qualsiasi ufficio. Poi si sale al terzo piano, sul tetto della protesta, 200 metri quadri circa. «Non potevamo rischiare un´imputazione per interruzione di pubblico servizio. Avremmo compromesso i nostri prossimi concorsi», spiega Marco Matiddi, biologo, uno dei componenti del nocciolo duro che ha dato il via alla protesta. Protesta moderna, post-industriale, e tanto mediatica, pensata e attuata dopo la salita sulla gru degli operai dell´Innse di Milano. D´altra parte quelli dell´Ispra sono diventati esperti del ramo: si inventarono il ricercatore-lavavetri ai semafori, e poi l´esecuzione pubblica del ricercatore, fino alla rottamazione del ricercatore. Ma nulla come il tetto ha attirato l´attenzione. Di loro si è occupato anche l´austero Financial Times. «Abbiamo pensato che il tetto fosse il palcoscenico più adatto», dice Michela Mannozzi, rappresentante delle RdB, il sindacato di base che tra questi ricercatori non teme la concorrenza delle tre grandi confederazioni. Anzi. Qui, tra laureati, dottori in ricerca, tecnici di laboratorio, sventolano solo le bandiere delle RdB.
Da due mesi - Natale e Capodanno compresi - si dorme sul tetto. Lo si fa a turno, a gruppi di almeno una decina di persone, donne e uomini. Marco Pisapia: «Abbiamo rinunciato alla vita normale»; «una vita sospesa», per Salvatore Porrello.
All´inizio tutti dentro le tende, poi, con il grande freddo di inizio anno, si è "occupata" anche una stanza che viene liberata senza deroghe alle sette le mattino, quando arrivano le donne delle pulizie. Perché nella palazzina si continua a lavorare e chi vuole lo può fare anche sul tetto con il pc portatile. Si studia, sul tetto: ci sono stati corsi di statistica di base, sulla gestione del sistema di qualità in laboratorio. Si è costituito un governo, ma - precisano - senza presidente del Consiglio. Ciascuno ha una delega: l´alimentazione, la comunicazione, le finanze. È stato tirato su un gazebo, donato dal Parco della Cellulosa. Lì sotto trascorre la giornata, dalla prima colazione al cineforum serale. Qui da due mesi non si guarda la tv. C´è un gruppo elettrogeno per quando salta la corrente, le stufe per riscaldare e anche le ricetrasmittenti e le bombole del gas. Una webcam fissa mantiene il collegamento tra il tetto e il mondo di fuori.
«È la prima volta - dice Simone Canese, iscritto alla Cgil - che i ricercatori ci mettono la faccia. Prima il precario non si lamentava mai. Piano, piano ha preso coscienza...E ora, va detto, non chiediamo la luna! Chiediamo cose ragionevoli. Non una sanatoria, non l´assunzione di tutti a tempo indeterminato. Chiediamo quello che è già possibile con i normali atti amministrativi». Non è un problema di mancanza di risorse perché in buona parte le ricerche sono finanziate dai committenti. Che le affidano, dopo le gare, solo a ricercatori di qualità.
Questa, nata dopo gli anni Settanta, è una generazione che si accontenta. E verso la quale è scattata una inedita forma di solidarietà. C´è stata una fiaccolata lungo le vie del quartiere, il comitato "Casalotti libero" (dal traffico) ha fornito spesso il pranzo, ci sono state le famiglie (quelle del welfare protettivo degli anni Settanta) a scendere in campo. E poi le istituzioni locali (Regione e Provincia), i partiti e i sindacati. Ma solo oggi si capirà cosa vuol farne il governo di questi ricercatori precari, ex giovani.

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