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Repubblica-Intervista a D'Alema

INTERVISTA LE SCELTE DEI PARTITI Il presidente dei Ds D'Alema denuncia la "latitanza" del governo: l'unica idea-forza è la difesa del potere "Rischi di guerra e crisi economica ma l'Italia è r...

29/12/2002
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la Repubblica

INTERVISTA
LE SCELTE DEI PARTITI
Il presidente dei Ds D'Alema denuncia la "latitanza" del governo: l'unica idea-forza è la difesa del potere
"Rischi di guerra e crisi economica ma l'Italia è rimasta senza guida"

tasse e servizi I cittadini vedranno che ai pochi sconti sulle imposte corrisponderanno sanità a pagamento e trasporti peggiori
attacco all'iraq Sarebbe un tragico errore. Il terrorismo si batte con la politica. Berlusconi invece ha un'idea fissa: mostrarsi fedele a Bush
riforme Ho molti dubbi sugli annunci del premier. No alle nostalgie per il proporzionale
ulivo Da Cofferati a Rutelli, tutte le personalità della coalizione devono essere coinvolte
ciampi La sua popolarità dimostra che la gente guarda a lui come vero garante dello Stato
MASSIMO GIANNINI

ROMA - Il mondo vive una fase delicata, pericolosissima. La spirale terrorismo-guerra sembra inarrestabile. L'attacco all'Iraq va evitato, sarebbe solo un tragico errore. L'Italia, purtroppo, "non esiste in politica estera". E "appare totalmente priva di guida in politica interna". Il bilancio di fine d'anno di Massimo D'Alema è insieme preoccupato e severo. Coincide in molti punti con l'analisi del Commissario Ue Mario Monti. "E' vero - dice il presidente dei Ds - l'Italia soffre di asfissia: è il frutto della latitanza inquietante del governo Berlusconi". Ma anche il centrosinistra, dopo troppe esitazioni, deve saper stare in campo con le sue proposte politiche.
Presidente D'Alema, gli Stati Uniti sembrano su un piano inclinato dal quale non si torna più indietro: questione di settimane, ma sarà guerra a Saddam.
"Io continuo a sperare di no. Non vedo motivazioni convincenti né legittimazione internazionale all'attacco all'Iraq. Non ho alcuna simpatia per Saddam, ma sono convinto che attaccarlo sarebbe un tragico errore. Oltre tutto non si fa una guerra per rovesciare una dittatura: nel Kosovo noi non intervenimmo per sovvertire il regime di Milosevic, che poi fu cacciato dal suo popolo con libere elezioni, ma per fronteggiare un'aggressione e un'emergenza umanitaria. E oggi, se c'è un'emergenza umanitaria, questa è in Medioriente: ma lì l'Occidente non interviene, lascia mano libera a Sharon che promette agli israeliani "la pace e la vittoria"...".
Lo trova strano? Si sente in guerra anche lui. Provi a dargli torto, con i kamikaze palestinesi che si fanno esplodere nei mercati o sugli autobus.
"Ogni forma di terrorismo è aberrante, soprattutto quando colpisce le popolazioni civili. Lì siamo di fronte ad una guerra infinita, in cui ci sono morti da una parte e dall'altra. Da parte di chi si ostina a negare il diritto di Israele ad esistere, e da parte di chi occupa militarmente territori in palese violazione delle risoluzioni dell'Onu. Repressione e terrorismo non sono la soluzione: bisogna imporre la pace".
Che le succede? Un rigurgito da vecchia sinistra antiamericana e antisraeliana?
"Io non sono antiamericano né antisraeliano. Mi pare che sia proprio la politica di Bush a suscitare sentimenti antiamericani nelle opinioni pubbliche. Ha ragione Clinton: è la pretesa di dominare il mondo a fomentare odio contro gli stessi Stati Uniti. Dovrebbero usare il loro "soft-power", il fascino della loro democrazia e del loro stile di vita, e invece mostrano i muscoli. E portano avanti la strategia assurda della "guerra preventiva"...".
Ma mi spieghi lei come ci si difende dal terrorismo, che è la vera, tragica "novità" di quest'inizio di millennio.
"Da Grozny al Medioriente e all'Iraq, viene fuori quest'idea dello scontro di civiltà. Questa idea che al terrorismo si risponda militarizzando i rapporti con l'Islam. E' una scelta disastrosa per la sicurezza del mondo e per il futuro dei nostri figli. Se cacciamo Saddam e al suo posto ci mettiamo un governatorato americano che controlla il petrolio, noi gettiamo le basi per altri 100 anni di terrorismo antioccidentale!".
Le ricordo che non siamo stati noi ad attaccare il mondo islamico, ma dall'11 settembre del 2001 è accaduto l'opposto.
"E' vero, ma io le rispondo che ci si difende proprio con la strategia varata dopo quel tragico attacco agli Usa, e poi inspiegabilmente abbandonata. Ci si difende riaffermando i valori dell'Occidente, la democrazia, lo stato di diritto, la tolleranza, creando una vasta coalizione mondiale contro il terrorismo, cercando di coinvolgere anche i paesi arabi moderati, impegnandosi con forze di interposizione per risolvere la questione mediorientale. Insomma, ci si difende con la politica".
D'Alema pacifista "assoluto", anche questa è una novità.
"Io non sono contrario a priori all'uso della forza, ma a condizione che questo avvenga in un quadro di legittimità e al servizio di una politica. Sull'Iraq tutto questo non c'è. Mentre c'era in Afghanistan, e a maggior ragione in Kosovo".
L'Italia deve dire no a qualunque forma di intervento armato in Iraq?
"Purtroppo l'Italia in politica estera non esiste. Mentre Chirac e Schroeder hanno cercato di difendere la dignità europea, e il Papa ha pronunciato parole sacrosante, il governo Berlusconi vive un'eclissi totale. E' quasi incommentabile l'alternarsi di gaffe e smentite su temi così importanti. Il governo ha un solo pensiero: dimostrare a Bush che l'Italia è un alleato fedele. Sul Medioriente abbiamo perso il nostro ruolo di mediazione e ora prevale l'ansia di legittimazione di An, che ci ha portato a sposare le posizioni filo-israeliane più oltranziste e che è costata al premier un incidente diplomatico gravissimo: le porte di Palazzo Chigi chiuse in faccia ad Arafat, invitato da Tony Blair solo due giorni dopo. E' un momento veramente drammatico: nel governo non si percepisce una presenza all'altezza del compito di assicurare la pace nel mondo e la sicurezza per gli italiani".
Attacca il governo per non vedere le divisioni dentro l'Ulivo? Vi rispaccherete di nuovo, quando si tratterà di votare sulla guerra?
"Di fronte ai pericoli di una guerra, sono preoccupato più per questi che per le divisioni nel centrosinistra. Io penso che l'Italia dovrà dire no ad un'azione militare. C'è l'Onu, sono stati inviati ispettori in Iraq. Questa è la via da seguire, non la guerra che per l'Italia avrebbe effetti economici più disastrosi rispetto agli altri Paesi: anche su questo fronte scontiamo la totale assenza di una politica".
L'economia va male ovunque. Germania e Francia non sembrano locomotive.
"Stanno comunque meglio di noi. Il Paese è privo di guida. Berlusconi ha buttato via un anno e mezzo alla ricerca di capri espiatori. Guardi quello che succede sui prezzi e le tariffe: è vero che l'inflazione sale ovunque, ma da noi non c'è stata alcuna azione pubblica per frenarla. Le vicende della Finanziaria sono state penose: e presto la gente scoprirà che quei pochi centesimi che risparmia in minori tasse li restituirà con gli interessi quando dovrà pagare più cara la sanità, e dovrà rinunciare ai trasporti o alle mense scolastiche, perché ai comuni hanno tagliato le risorse. Questo è insopportabile: gli errori del governo si scaricano in modo drammatico sui più deboli".
Non si vede in giro, tutta questa "macelleria sociale". Semmai non si vede niente...
"Il fatto è che tutta l'analisi iniziale di Berlusconi era inadeguata. Lui è partito pensando che bastasse allentare la briglia al cavallo. Questo è stato un abbaglio gravissimo, che i fatti hanno smentito: oggi c'è una crisi strutturale. Condivido il giudizio del commissario Monti: è entrato in crisi un modello di competitività basato sulla formula bassi salari-scarsa innovazione. Oggi la fine delle svalutazioni competitive e l'inizio delle liberalizzazioni imposte dal mercato globale hanno innescato il corto circuito. E Berlusconi non ha una ricetta. Il centrosinistra un progetto per l'Italia lo aveva: prima l'euro, poi l'avvio di un ciclo di riforme. Almeno questo Monti ce lo dovrebbe riconoscere, anche se poi non siamo riusciti a portarle a compimento".
Il premier è sicuro che il 2003 sarà l'anno della ripresa.
"Appunto. Non una ricetta, ma una speranza quasi patetica. Difendono il loro potere, e intanto pregano perché cambi il vento. Un disastro. Io credo che questa situazione inizi ad essere percepita da larghi settori dell'opinione pubblica. Dopo le elezioni c'è stata una forte radicalizzazione: da una parte c'era chi diceva "lasciateli governare", dall'altra chi chiedeva "siate più duri". Ora di fronte a questa crisi profonda cresce una parte di Italia preoccupata: non ha più fiducia nel governo, ma non è ancora conquistata dall'opposizione. É colpita dai toni eccessivi, che aumentano l'insicurezza. Questa Italia ha bisogno di una guida. E Berlusconi non lo è. Questo, per contro, spiega anche la grande popolarità di Ciampi, punto di riferimento sopra le parti, capace di parlare a tutti gli italiani, capace di stare in mezzo alla mischia senza mai farsi trascinare di qua o di là, anche a costo di qualche mal di pancia di chi, a sinistra, lo vorrebbe più "militante". E invece ha ragione lui: è il Capo dello Stato, è il garante dell'unità nazionale, la gente lo percepisce o lo apprezza. E già basta questo a indebolire il progetto presidenzialista di Berlusconi".
A proposito di presidenzialismo, il Cavaliere "sogna" di fare con voi le riforme.
"Sarebbe necessario farle, ma ho molti dubbi sugli annunci di Berlusconi. Sono comunque convinto che il centrosinistra debba stare in campo con le sue proposte. Vedo nell'Ulivo una convergenza sul premierato, sullo statuto dei diritti dell'opposizione, sul Senato federale. Dovremmo abbandonare invece ogni tentazione neo-proporzionalista: lo capirei per il centrodestra, non per il centrosinistra".
Finora l'opposizione non ha brillato, per capacità di proposta.
"Abbiamo avuto qualche difficoltà. Ma proprio l'eclissi del governo Berlusconi ci impone uno scatto. Sulle regole abbiamo fatto un passo avanti importante, anche sulla scelta del futuro leader con la formula delle primarie. Ora serve un progetto, un pacchetto di proposte sui grandi temi, e un gruppo dirigente legittimato, nel quale tutte le personalità del centrosinistra si impegnino insieme".
Da un anno e mezzo ripetete lo stesso appello.
"Guardi, se dipendesse solo da me tutto questo procederebbe molto più rapidamente. Ma non siamo stati fermi. Ora serve un salto di qualità. Dobbiamo costruire l'alternativa, tutti insieme. Anche perchè questa idea che intanto ognuno va avanti per la sua strada, poi a un'ora X ciascuno porterà un suo contributo, non mi convince affatto. Così come non mi convince l'attesa del "momento salvifico" della scelta del nuovo leader. Non ci sarà una "palingenesi del nuovo Ulivo". Serve un processo politico, che coinvolga tutti, da Cofferati a Rutelli. Solo così torneremo credibili, anche agli occhi di quell'Italia che non si fida più del Cavaliere".


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