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Repubblica-IL CASO/ NIENTE ANTROPOLOGIA PER LE LAUREE BREVI

IL CASO/ NIENTE ANTROPOLOGIA PER LE LAUREE BREVI SE IL BIOLOGO NON STUDIA L'EVOLUZIONE CLAUDIA DI GIORGIO Lo studio delle origini dell'uomo si allontana un altro po' dalla formazione de...

29/11/2005
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la Repubblica

IL CASO/ NIENTE ANTROPOLOGIA PER LE LAUREE BREVI
SE IL BIOLOGO NON STUDIA L'EVOLUZIONE

CLAUDIA DI GIORGIO

Lo studio delle origini dell'uomo si allontana un altro po' dalla formazione dei ragazzi italiani. Stavolta però non si tratta di proteggere le giovani menti dei bambini di elementari e medie, a tutt'oggi ritenute dal ministero dell'Istruzione troppo immature per confrontarsi con la più temuta delle idee di Darwin. Stavolta si tratta delle menti decisamente più adulte degli studenti di biologia, e specialmente di quelli dei corsi per la cosiddetta laurea breve: dove è l'intero settore scientifico dell'antropologia (che include materie come la paleoantropologia, la primatologia, l'ecologia umana e l'antropologia fisica) a risultare assente dall'elenco delle materie "fondamentali e irrinunciabili" che i "tavoli tecnici" nominati dal ministero hanno consegnato al Consiglio Universitario Nazionale.
E stavolta, la scelta di separare l'evoluzione dell'uomo da quella delle altre specie viventi è sostenuta dai biologi stessi, o almeno dai presidenti dei corsi di laurea in biologia degli atenei italiani riuniti nel Cbui (Collegio dei biologi delle università italiane). I quali, come spiega la professoressa Candia Carnevali, che lo presiede, hanno accolto le indicazioni delle associazioni professionali, e inserito nei settori disciplinari del triennio solo "le cose essenziali" alla luce del fatto che "a chi fa la laurea breve il mondo del lavoro chiede soprattutto competenze di tipo tecnico". E se lo studio dell'evoluzione per un biologo è una materia fondamentale, "riteniamo che l'antropologia sia, come è sempre stata, una materia non caratterizzante in ambiti con risvolti professionali più comuni".
Proprio il contrario di come la vedono, tra gli altri, gli antropologi Gianfranco Biondi e Olga Rickards, che in una lettera aperta intitolata "I biologi italiani rinnegano Darwin?" sottolineano come questa esclusione abbia il senso di "mutilare l'evoluzione, cioè la legge di natura che spiega l'interezza della vita e la sua storia, e al di fuori della quale non è possibile concepire né la didattica né la ricerca biologica". In questo modo, scrivono, si dichiara di fatto "l'uomo estraneo al mondo e la biologia non adatta a studiarlo", allineandosi a una concezione che accetta sì l'evoluzione, ma per farfalle o orchidee. E quando arriva all'uomo invoca il salto ontologico, o magari il disegno intelligente.
Ma è la deriva della figura del biologo, destinato a "fare e non pensare", a preoccupare soprattutto Biondi e Rickards. E non solo loro. "Come fa un biologo a non rendersi conto che togliendo l'antropologia si porta avanti un attacco di fondo all'evoluzione?" si chiede il biologo dello sviluppo Carlo Alberto Redi, secondo cui la scelta del Cbui si spiega "con la volontà di trasformare la biologia in una disciplina solo applicativa, che costruisce una professione e non una cultura". Con conseguenze che vanno ben al di là delle aule universitarie, come spiega l'etologo e accademico dei Lincei Enrico Alleva. Che inquadra la vicenda nell'attuale tentativo di escludere Darwin dal sistema scolastico italiano, e dichiara di essersi aspettato "un'ulteriore mossa per separare le scienze "dure" dalle scienze sociali, con grave detrimento per lo sviluppo economico e sociale del Paese" e in controtendenza rispetto a ciò che si fa negli Stati Uniti e nel resto d'Europa.


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