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Repubblica-Berlusconi: in pensione più tardi Maroni frena, sindacati in rivolta

LA RIFORMA PREVIDENZIALE Il premier vuole prolungare l'età lavorativa di 5 anni. Il ministro: niente costrizioni o tagli, solo incentivi a restare Berlusconi: in pensione più tardi Maroni frena,...

25/08/2003
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la Repubblica

LA RIFORMA PREVIDENZIALE
Il premier vuole prolungare l'età lavorativa di 5 anni. Il ministro: niente costrizioni o tagli, solo incentivi a restare
Berlusconi: in pensione più tardi Maroni frena, sindacati in rivolta
Pezzotta: così si crea il panico. Cgil: vogliono il conflitto

Palazzo Chigi studia un innalzamento intermedio dell'età pensionabile a 60 anni entro il 2010 per poi passare a 62 anni
RICCARDO DE GENNARO

ROMA - "C'è la questione delle pensioni. Bisogna metterci mano". Il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, dà il suo via libera: ci sarà una nuova riforma delle pensioni. L'asse del braccio di ferro sulla previdenza tra il ministro Roberto Maroni e il ministro Giulio Tremonti, che in occasione del Dpef sembrava favorire il primo, ora - com'era in larga parte prevedibile - si sposta inevitabilmente a favore del secondo. L'autunno porterà una riforma che va oltre la delega in discussione in Parlamento: le dichiarazioni di Berlusconi rilasciate ieri al quotidiano Libero sono molto chiare in questo senso. "In Italia - dice Berlusconi - si va in pensione mediamente a 57 anni. Sono costi insostenibili, e una perdita secca di abilità, che poi finiscono magari nel sommerso. Bisognerebbe alzare di cinque anni quest'età delle pensioni". L'innalzamento, naturalmente, non avverrebbe in un colpo solo, ma in maniera graduale: l'ipotesi che circola a Palazzo Chigi è quella di un primo passaggio a 60 anni entro il 2010.
Maroni, in settimana, aveva dichiarato che sulle pensioni è Berlusconi a dover decidere e che lui si sarebbe attenuto alle scelte del premier. Ora, però, non ci sta. La sua replica giunge in serata durante un comizio in provincia di Torino: "Sul principio dell'innalzamento dell'età della pensione siamo già d'accordo e non c'è nessun contrasto. Il punto è che non dobbiamo obbligare i lavoratori a rimanere, ma convincerli con un sistema di incentivi". In sostanza si ripropone il vecchio scontro tra incentivi da una parte e disincentivi o costrizioni dall'altra. Dopodichè Maroni smentisce il suo premier su un punto preciso: "Oggi l'età media di pensionamento non è di 57 anni, ma di 59,6, meno di un punto inferiore alla media europea. Quindi non siamo messi poi così male. E possiamo superare la media europea senza interventi drastici: basta un sistema di incentivazione forte".
Nel governo, tuttavia, sembra che la convergenza sull'esigenza di una nuova riforma pensionistica sia ormai ampia. Tagliare le pensioni, infatti, serve anche a fare cassa in occasione dell'imminente Finanziaria e per presentarsi davanti all'Europa senza rischiare la prevedibile bocciatura di una manovra infarcita di operazioni una tantum e di finanza creativa. L'opposizione alla riforma sembra circoscritta alla sola Lega Nord e una parte di An, che in caso di intervento sull'anzianità sarebbero in forte difficoltà con il loro elettorato. Lo riconosce lo stesso Berlusconi: "Come si fa - dice ancora - a smettere di lavorare così giovani? Ma io devo convincere due partiti che è necessario cambiare: An e Lega". Che alla fine, tuttavia, "ci staranno: li convincerò - dice ancora Berlusconi - il primo settembre porrò delle condizioni fortissime".
Le vere bordate, in effetti, vengono dai sindacati, già vicini alla mobilitazione per i contenuti della delega. "Stanno creando il panico tra i lavoratori - dice il leader della Cisl, Savino Pezzotta - ogni giorno c'è una proposta diversa. Maroni dice una cosa diversa da Berlusconi. Smettiamola. Ci stiamo facendo del male". Pezzotta invita dunque il governo a "mettersi d'accordo su una proposta, noi la valuteremo", poi, però, "se stravolgerà il nostro sistema pensionistico, noi ci batteremo contro". A proposito dei problemi di "cassa", Pezzotta sottolinea che anzichè colpire le pensioni, sarebbe meglio considerare "i dati corposi sull'evasione fiscale che ammonterebbe a 16mila miliardi di vecchie lire".
La Confindustria sente che anche per le pensioni il clima è cambiato: "È il tempo delle decisioni", dice il vicepresidente Guidalberto Guidi, il quale ricorda che se si vuole abbassare la pressione fiscale, bisogna ridurre la spesa corrente, agendo su una o più di queste tre voci: pensioni, sanità, stipendi dei dipendenti pubblici. Le parole di Berlusconi hanno consolidato invece nella Cgil la convinzione che il governo "si sta preparando a un grave conflitto con le parti sociali e in modo particolare con il sindacato e con la Cgil". Per Morena Piccinini, segretario confederale, "ciò che sta proponendo Berlusconi è inaccettabile e al di fuori di ogni sano intervento sul sistema previdenziale. È evidente che si sta preparando a fare cassa per coprire errori che il governo ha commesso e che sono ogni giorno più evidenti sul piano della politica economica". La Cgil annuncia una lunga battaglia: "Lo faremo per l'insieme della politica economica: per l'inflazione che non è sotto controllo, per un Dpef inadeguato ai bisogni del Paese, per la perdita di potere di acquisto delle pensioni e delle retribuzioni, per una politica economica e sociale che colpisce in campo sanitario e previdenziale i lavoratori".


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