Proroga fino al 31/12/2014 delle vigenti disposizioni in materia di scatti stipendiali
IL Ministero dell'Economia e delle Finanze con la circolare n. 12, emanata ad aprile e resa nota a giugno, interpreta la legge 122 del luglio 2010, quella che ha bloccato contratti e anzianità nel settore della scuola e, in forme diverse, nel resto del pubblico impiego
Osvaldo Roman
IL Ministero dell'Economia e delle Finanze con la circolare n. 12, emanata ad aprile e resa nota a giugno, interpreta la legge 122 del luglio 2010, quella che ha bloccato contratti e anzianità nel settore della scuola e, in forme diverse, nel resto del pubblico impiego.
A pag. 9 della suddetta circolare si afferma:
“L’art. 9, comma 23, primo periodo, stabilisce che per il personale docente, amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) della Scuola gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti.
Ferma restando la non utilità ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici dell’intero triennio 2010/2012, si evidenzia comunque la possibilità di intervenire sugli effetti della norma in esame ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 8, comma 14, e all’art. 9, commi 1 e 23, ultimo periodo, del decreto legge in esame, come modificato in sede di conversione. “
E’ dunque evidente che per il governo i tre anni di servizio 2010-2011 e 2012 non esistono più!
Sorprende il silenzio di quelle organizzazioni sindacali che avevano sinora sostenuto, e fatto sostenere da tutti i media, l’esatto contrario.
Non stupisce che dalla medesima parte non si siano sollevate proteste o richieste di chiarimento quando si è saputo che il Decreto legge n.98/2011, convertito dalla legge n.111del 15 luglio 2011, all’articolo 16, comma 1 lettera b) stabilisce “la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici anche accessori del personale delle Pubbliche Amministrazioni previste dalle disposizioni medesime.”
La formula adottata, (“disposizioni vigenti”), senza un’esclusione esplicita della scuola, è significativamente oscura per essere un testo legislativo. Non è un caso che lo stesso Ufficio Studi della Camera nell’interpretarla abbia richiamato, in un suo Dossier, tutti i commi dell’art. 9 tranne il comma 23 che riguarda la scuola. Un’analoga omissione è stata operata da parte di tutta la stampa, specializzata o meno. Non era infatti facile interpretare il blocco degli scatti prolungato fino al 31 dicembre 2014 come una disposizione che potesse riguardare anche il personale della scuola.
Vediamo cosa potrebbe significare tale eventualità.
Il comma 23, a differenza delle altre disposizioni previste dall’articolo 9 per il personale pubblico contrattualizzato o meno, come confermato dalla Circolare n.12 del MEF, cancella dalla carriera economica il valore giuridico di tre annualità (2010-2011-2012) ma consente il pagamento degli scatti maturati in questo periodo:
In questo quadro interpretativo cosa può significare per il milione di dipendenti della scuola la norma richiamata del Decreto legge n.98 che proroga fino al 31 dicembre 2014 le vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici?
Per tentare di dare una risposta a tale interrogativo esaminiamo con un minimo di dettaglio come è stato applicato il comma 23:
• la legge n. 122 del 2010, art.9- comma 23, ha cancellato, per circa un milione di dipendenti, docenti ed ATA, la validità giuridica ai fini della carriera economica degli anni di servizio 2010,2011,2012; la relazione tecnica al disegno di legge di trasformazione del decreto legge n.78/10 quantificava in 18,7 miliardi di euro tali tagli per i successivi quaranta anni;
• le modifiche introdotte dal governo al comma 23 nel corso della conversione parlamentare del Decreto, come è chiaramente confermato dalla Circolare n.12/2011, non hanno cambiato tale contenuto normativo limitandosi a indicare una copertura finanziaria già in bilancio(il 30% dei tagli derivanti dalla riduzione degli organici inizialmente destinato al merito) al fine di garantire il solo trattamento economico derivante dagli scatti maturati nel triennio;
• a tale bisogna, per l’anno 2011,(con i fondi immessi nel bilancio 2010) ha provveduto il D.I. n 3 del 14 gennaio 2011;
• il governo ha smentito dunque, con la C.M n.12, quanto finora sostenuto dalle organizzazioni sindacali “più responsabili” che hanno condiviso tali scelte riguardo al fatto che tale cancellazione giuridica sarebbe stata progressivamente rimossa dai Decreti ministeriali che per quei tre anni saranno chiamati, consentendolo le disponibilità previsionali, a retribuire gli scatti maturati;
• infatti nella Decisione di finanza pubblica 2011-13 tali tagli, indicati rispettivamente alla Tabella 2.10 in 320, 640, 960 milioni di euro, risultavano come componenti del saldo primario;
• inoltre risulta significativa al riguardo la conferma, riportata nel DEF 2011, che i tagli apportati dal comma 23 dell’art.9 della legge 122/2010 effettivamente incidono sul saldo primario, come riportato nella Tavola VI.I della medesima Sezione I: per 418 milioni di cui 320 della scuola nel 2011, per 812 mln (640) nel 2012, per 1124mln (960) nel 2013.
Dunque non si può sostenere che quel “fino al 2014”si possa considerare assimilabile alle modalità di trattazione degli anni 2010, 2011 e 2012 che hanno consentito e consentiranno il pagamento degli scatti maturati durante gli anni 2011, 2012 e 2013. Non si può sostenere che anche gli anni 2013 e 2014 risultino giuridicamente soppressi realizzandosi in tal modo quella “proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici”. Ciò se non altro perché non sussistono le disponibilità finanziarie per garantire il pagamento degli scatti maturati nel 2013 e nel 2014. Infatti le risorse di 320, 640, 960 milioni di euro utilizzate nel triennio 2011-13 relative a quel 30% indicato al comma 9 dell’art. 64 della legge 133/2008 esauriscono totalmente quel fondo configurandosi come una spesa a regime a pari degli scatti che retribuiscono. Non vi sarebbero quindi le risorse per una analoga copertura degli scatti maturati negli anni 2013 e 2014.
Scartata, per tale mancata disponibilità finanziaria, l’ipotesi che la nuova norma riproduca l’effetto della precedente restano solo due ipotesi.
O che si intenda applicare alla scuola lo stesso trattamento degli statali, congelamento delle retribuzioni riguardanti gli scatti senza l’abolizione del valore giuridico delle corrispondenti annualità di servizio, oppure che la norma non si applichi al personale della scuola.
La legge non indica quale delle tre ipotesi sopraindicate potrà essere applicata. Una volta chiarita la questione rimarrà comunque la certezza che il nuovo scalone sarà conseguito con tre anni di ritardo.
Sicuramente tali tagli alle retribuzioni dei docenti e degli ATA uniti a quelle che i regolamenti adottati come schemi (ma ancora non resi noti) dal Consiglio dei ministri lo scorso 5 maggio stanno preparando per i docenti e i ricercatori universitari, contribuiranno in maniera sostanziosa e analoga (scatti triennali anziché biennali e valutazioni del merito a cui legare le retribuzioni riservate ai “nuovi” ma aperte alle adesioni volontarie dei “vecchi”) al conseguimento dell’ obiettivo della riduzione della spesa per l’istruzione.
Il Governo Berlusconi si é proposto di ridurre la spesa in materia d’Istruzione e di Università portandola, nel 2015, dal 4,2% del 2010 al 3,7 %, del PIL.
Si tratta di una riduzione strutturale della spesa nel settore, che riguarda i bilanci del MIUR e degli Enti locali, di quasi 8 miliardi di euro. Poiché, dei 4.651 milioni, a regime nel 2012, derivanti dai tagli sugli organici previsti dalla finanziaria 2007 e dall’art.64 della legge 133/2008, nel 2010 erano stati conseguiti strutturalmente 2.809 milioni, i residui 1.752 si conseguono nel 2011 e nel 2012. Risulta così che la prevista riduzione di 8 miliardi della spesa necessita di un nuovo taglio di 6.248 milioni. Questa è l’entità della riduzione strutturale della spesa per l’istruzione, che il governo Berlusconi si ripropone di realizzare dal 2013 al 2015, in barba alle medesime Direttive europee in materia di sviluppo-capitale umano approvate anche dal nostro Parlamento.
Finora si è tentato di nascondere tale obiettivo, anche con il trucco, ai limiti della truffa, di nascondere nella recente manovra di stabilizzazione gli effetti finanziari derivanti dall’attuazione dell’art.19. Ma è molto evidente che la sua realizzazione non potrà che derivare da un drastico taglio delle retribuzioni del personale a cominciare dall’effetto che determinerà nei futuri bilanci la soppressione del triennio di servizio 2010-12 di un milione di dipendenti della scuola. L’operazione sarà condotta in nome del “merito che sostituisce alle carriere economiche per tutti i premi per i migliori”.
Questo è il nuovo “mantra” che sostituirà quello sugli “sprechi di personale assunto come ammortizzatore sociale”. Le formulette balbettate dalla Gelmini hanno dunque ben altri ispiratori nel governo e nella società.
Con la manovra presentata nel D.L. n.98/2011 si continua a tenere in ombra il problema: nulla si dice del comma 23 dell’art. 9 della legge 122/10 e si cercano di introdurre alcuni interventi strutturali (obbligo di accorpamento negli istituti comprensivi, mobilità forzosa per gli idonei, riduzione dei vicari ecc.) già nel 2012, prefigurando quelli successivi sul blocco degli organici che dovranno essere gestiti dal nuovo governo.