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Per spazzare via la legge serve un'altra classe politica

02/12/2010
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il manifesto

Nicola Tranfaglia


Quello che sta succedendo in Italia o, meglio, nelle università e nelle scuole di molte città italiane, da Torino e Milano da Roma a Palermo, indica con chiarezza due cose che ho letto assai poco sui giornali italiani e che non ho sentito in nessuno dei telegiornali del nostro paese.
Cerco di sintetizzare la mia impressione: i giovani, non tutti, quelli più attivi e appassionati, hanno capito che questa maggioranza parlamentare, e di governo, non è in grado di riformare l'università italiana e farla diventare un'università paragonabile a quella dei più civili paesi europei. Non si può parlare di merito, e persino di premi per alcuni professori, se si impedisce il ricambio del personale insegnante, se si tagliano i fondi per la ricerca scientifica, se si continua a investire meno dell'uno per cento nel settore dell'istruzione di fronte a paesi dell'Occidente come degli Stati Uniti e dell'Europa come la Germania e la Francia che investono più del due per cento, e in certi casi, una percentuale che si avvicina al 3 per cento del Pil.
Ma non è possibile avere a che fare con un ministro come Maria Stella Gelmini che non è in grado di rendersi conto della contraddizione di fondo che anima la «sua» riforma: di parlare di meritocrazia e di lotta ai «baroni universitari» e, nello stesso tempo, confermare i tagli enormi già fatti agli atenei in questa legislatura (più di un miliardo di euro con la legge numero 133).
Deciderà il ministro dell'Economia Giulio Tremonti sulle materie che riguardano il settore della Pubblica Istruzione. E allora che ci sta a fare un ministro che non possiede qualità intellettuali e politiche adeguate a una situazione complessa e difficile come quella dell'università in questi anni?
Il governo Berlusconi dovrebbe rendersi conto che, grazie alla sua azione mistificatrice, è riuscito a unificare l'opposizione di studenti, ricercatori e di parte degli stessi professori che, pur divisi da mille questioni particolari, respingono tutti insieme il tentativo grossolano di far passare per buona una riforma, o presunta tale.
Una controriforma - è proprio il caso di definirla così - che insiste sui tagli e sullo smantellamento dell'università pubblica a vantaggio di fondazioni private nei consigli di amministrazione, svuotando di ogni potere i senati accademici da cui continuano ad essere esclusi studenti e ricercatori.
L'Italia, il paese che possiede il maggior patrimonio culturale e artistico del mondo, tra gli stati fondatori dell'Unione Europea nel 1957, dovrebbe - nei progetti dell'attuale classe di governo guidata da Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti - comportarsi come se fosse uno degli ultimi stati che hanno aderito all'Unione Europea e non avesse l'antica tradizione culturale di cui disponiamo. È una contraddizione di cui dovrebbero finalmente rendersi conto le classi dirigenti della penisola, non solo il parlamento e il governo attuale, e comportarsi di conseguenza. Tanti giovani universitari lo hanno capito e a loro dobbiamo una rivolta che ha almeno frenato il disegno di legge Gelmini.
Ora è necessario lavorare per elaborare una proposta alternativa di riforma. E farlo in tempi brevi perché nei prossimi mesi dovremo prepararci a uno scontro politico e culturale con il populismo autoritario di Berlusconi e con quelli che, di questo populismo, continuano ad essere complici più o meno consapevoli. Una proposta alternativa che ponga al centro dell'università gli studenti e quelli che vi lavorano, che investa le risorse necessarie nella ricerca scientifica e in una didattica adeguata al nostro secolo, che trasformi l'università italiana in un sistema moderno e confrontabile a quello dei più avanzati paesi europei.
Ma, perché questo accada, occorre mandare a casa il berlusconismo e rinnovare a fondo la classe politica del centro-sinistra, privilegiando le donne e gli uomini che fanno politica per il bene comune e non per la propria personale carriera. Un compito difficile. Ma forse non impossibile nell'Italia del ventunesimo secolo.
 
 


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