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Napoli.com: Scuola, educazione e smaltimento dei rifiuti

Oltre l’emergenza, per uno sviluppo compatibile dei centri urbani

13/01/2008
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di Antonio Pisanti

Si è soliti invocare la scuola e l’educazione nei momenti di crisi e di esasperazione dei problemi che non si riesce ad affrontare, in situazioni in cui pare che non si abbiano più santi a cui votarsi per invocarne la risoluzione o più docili capri espiatori da additare.

Ed è così per la questione della “munnezza” a Napoli e in Campania, questione che ha radici profonde, dove si sono innestati nel corso del tempo, grazie all’indolenza e alle connivenze di cattivi amministratori della cosa pubblica anche nuovi interessi e nuovi traffici. Questi hanno fatto di una vergognosa “emergenza cronica” un business per i profitti di imprese di trasferimento, di finta trasformazione e di stoccaggio, in aree magari abusive o infinitamente provvisorie.
Non è quindi il caso di ricorrere ai soliti luoghi comuni e alle consuete comode argomentazioni autoassolutorie per ignorare gli aspetti di un problema quanto mai annoso e complesso che, in quanto tale, richiama numerose responsabilità pregresse, ma che per essere risolto richiede anche il concorso fattivo e sistematico di tutti gli anelli del ciclo di produzione e di smaltimento dei rifiuti.

Le omissioni e le colpe sono di lunga data e ad ogni livello, dai tempi della digiacomiana “‘Ncoppa a ‘nu nuntone ‘e mmunnezza” ad oggi, dal più noto dei commissari per l’emergenza rifiuti all’ultimo dei cittadini inosservanti degli orari di deposito e restii al compito, doveroso quando possibile, di una selezione dei rifiuti all’origine.
La gravità e l’ampia portata della presente emergenza, di giorno in giorno più drammatica e più pericolosa per le sue implicazioni ecologiche, sanitarie e sociali, non tutte immediatamente valutabili, sono tali da far perdere di vista alla pubblica opinione le originarie inadempienze e le rispettive responsabilità e possibilità di intervento per un’inversione di tendenza che, dati i volumi di rifiuti da smaltire e la molteplicità dei territori interessati, richiederà comunque immediatezza di decisioni, tempo ed organicità di piani tutt’altro che precari e palliativi.

Intanto, è necessario che ogni cittadino, pur giustamente preoccupato e risentito per le altrui colpe, si immedesimi nella sua parte di responsabilità di base e pretenda non solo quei provvedimenti straordinari per la risoluzione dell’emergenza attuale, ma anche la disponibilità di quei servizi indispensabili a far funzionare un ciclo integrato dei rifiuti, a cominciare dalle rispettive sedi abitative e di lavoro.

Troppe volte i cittadini più sensibili e pronti per un riscontro attivo alle esigenze dell’ambiente hanno visto disattendere il proprio impegno con la mancata raccolta dei rifiuti da loro selezionati o con l’accumularsi degli stessi sotto i portoni di casa e nei punti, non sempre agevoli, di raccolta; troppe volte, sfiduciati, hanno finito col desistere da una consuetudine rivelatasi inutile per l’indifferenziato finale convogliamento di tali rifiuti in contenitori unici; troppe volte hanno dovuto assistere impotenti alla mancanza di senso civico dei loro vicini impunemente ostinati nel lasciare per la strada, senza alcuna conseguenza sanzionatoria, rifiuti di ogni genere e a qualsiasi ora.

Troppo spesso raccolte differenziate accortamente sollecitate dagli insegnanti sono state accumulate nei corridoi e nei cortili delle scuole, rimedi peggiori del male, in attesa che fossero svuotati dagli addetti ai servizi, addirittura paradossalmente inoccupati nei depositi, si è detto, per insufficiente manutenzione o mancanza dei mezzi.

Accusare i cittadini di essere poco sensibili rispetto al problema, dopo aver demotivato i più disponibili ed aver tollerato la sistematica inosservanza di troppi inadempienti, è una evidente, comoda scappatoia per sfuggire alle proprie responsabilità e alle proprie omissioni.
La stessa azione educativa da svolgere nelle aule scolastiche può raggiungere ben pochi risultati se i più giovani, nei quali certe abitudini vanno inculcate sin dai primi anni di scuola, percepiscono poi l’inefficienza del sistema e l’inutilità di taluni loro gesti in un contesto che, oltre a non incentivare azioni positive, frappone addirittura difficoltà per chi, nonostante tutto, volesse intraprenderle o promuoverle.

Selezione, riciclo e sfruttamento dei rifiuti sono praticati con profitto in molte città e sono strategie ineludibili in tutte le società sviluppate. Sono la chiave risolutiva perché i rifiuti, da causa di disagio e di gravosi oneri per la loro eliminazione, diventino motivo di profitto economico grazie alla loro trasformazione in materiali energetici e di recupero. Ma la programmazione del ciclo dei rifiuti va definita in ogni sua fase e ad ogni livello di responsabilità perché sia governabile e produttivo.

Quella che a Napoli e in Campania si impone come urgenza da far valere ora, alla luce della drammatica situazione emersa di questi giorni, deve diventare una pratica corrente che comporta, anche altrove e sempre, un attento e paziente impegno educativo da supportare con tutte le azioni indispensabili per trarne giovamento. L’educazione allo smaltimento dei rifiuti deve esser assecondata senza interruzioni da piani di trattamento continuo ed integrato, ma anche dalla creazione di una coscienza ecologica a lungo termine che, oltre ogni emergenza, possa generare un maggior rispetto per l’ambiente e un rapporto di solidarietà civile nei confronti di quanti occupano e dovranno in futuro occupare il territorio.

Un diverso stile di vita, orientato ad uno sviluppo sostenibile e, quindi, all’utilizzazione di oggetti meno effimeri e meno a perdere, con nuovi comportamenti e nuove strategie nei processi di produzione, di confezionamento, di vendita e di utilizzazione, da incentivare nelle competenti sedi, dovrà subentrare all’attuale fase di esasperato consumismo e di inseguimento dell’avere all’insegna dell’usa e getta, se si vuole evitare che siano i rifiuti a prevalere sull’individuo, il consumare a prevalere sull’essere.


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