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Miaeconomia: Lavoro, la formazione a pezzi

Nel 2006 il 41,7% delle persone di 18 anni e più ha effettuato almeno un’attività di formazione negli ultimi 12 mesi precedenti l’intervista.

14/01/2008
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(14/01/2008)

Lo rivela una indagine dell’Istat, che aggiunge che le attività di formazione sono di diverso tipo: in primo luogo i corsi di studio (praticati dal 7,2% delle persone di 18 anni e più, con oltre il 40% dei giovani fino a 24 anni) in cui rientrano tutti i corsi, dalla scuola elementare al dottorato di ricerca, che permettono il conseguimento di un titolo di studio riconosciuto dal sistema nazionale delle qualificazioni (es. corso di laurea in lingue).

“L’indagine Istat sulla partecipazione degli adulti ad attività formative, oltre a confermare il ritardo del nostro paese rispetto all’Europa, mette in luce un quadro preoccupante di difficoltà e discriminazioni incontrate dagli adulti italiani nella partecipazione a momenti di formazione professionale”.

A sottolinearlo è il Segretario confederale della Cgil, con la responsabilità delle politiche del mercato del lavoro, Fulvio Fammoni, in merito all’analisi “I cittadini e il tempo libero”, diffusa oggi dall’istituto statistico.

I dati che emergono, aggiunge Fammoni, “confermano e rafforzano l’iniziativa della Cgil per ottenere una legge nazionale sull’apprendimento permanente che garantisca effettivamente il diritto a tutti i cittadini e costruisca un sistema della formazione permanente nazionale, integrato e decentrato”.

E in effetti bisogna fare attenzione: secondo la ricerca, infatti, la quota di persone che partecipano ad attività formative è superiore al 50% della popolazione fino ai 44 anni.

Al crescere dell’età il livello di partecipazione diminuisce rapidamente: è il 37,6% tra le persone dai 55 ai 59 anni, il 28,1% tra le persone di 60-64 anni e solo il 14,3% tra gli ultra sessantacinquenni.

Non solo, ci sono abissali differenze territoriali: partecipano ad attività formative il 48,5% delle persone residenti nel Nord-est e circa il 43% di quelle del Nord-ovest e dell’Italia centrale; risulta, invece, decisamente inferiore la quota di persone residenti nell’Italia meridionale e nelle Isole (circa 35%).

Le regioni in cui il tasso di partecipazione alle attività formative è più alto sono il Trentino-Alto Adige (53,1%), il Friuli-Venezia Giulia (52,2%), il Veneto (50,1%) e la Valle d'Aosta (47,7%). Le regioni in cui la partecipazione è minore, invece, sono la Calabria (33,1%), la Sicilia (34%) e la Campania (34,3%).

E che qualcosa non torni nel campo della formazione, viene anche confermato dalle forti differenze rilevate a livello sociale.

Gli studenti sono, ovviamente, quelli con i tassi di partecipazione più alti (91,8%); seguono gli occupati con il 54,6% dei casi e le persone in cerca di prima occupazione (49%).

Sono molto bassi invece i tassi di partecipazione tra le casalinghe (23,5%) e tra i ritirati dal lavoro (19,2%).

Si rilevano forti differenze anche tra gli occupati con i direttivi, quadri e impiegati (67%) e i dirigenti, imprenditori e liberi professionisti (66,3%) che partecipano ad attività formative molto più degli operai (41%) e dei lavoratori in proprio e coadiuvanti (42,4%).

Le donne occupate, inoltre, hanno dei tassi di partecipazione più elevati di quelli degli uomini: le occupate partecipano ad attività formative nel 58,1% dei casi rispetto al 52,3% degli uomini e tali differenze permangono anche a parità di livello professionale. Ad esempio le donne direttive, quadri e impiegate partecipano ad attività formative nel 67,9% dei casi rispetto al 65,9% dei maschi nella stessa posizione professionale.

Molto forti sono le differenze di partecipazione legate anche al titolo di studio. I laureati hanno svolto attività formative nel 74,4% dei casi, mentre le persone con la licenza elementare registrano tassi di partecipazione bassissimi (13,6%).

Tali differenze sono molto forti anche a parità di età; se, ad esempio, consideriamo la classe 25-44 anni si nota che i laureati hanno un tasso di partecipazione molto più elevato degli altri titoli di studio (78%) mentre già tra i coetanei diplomati la quota si riduce al 63,3% per passare poi al 39,8% tra le persone con la licenza media e al 20,2% tra le persone di 25-44 anni con la licenza elementare.

Proprio Fammoni mette a nudo un problema che forse è una delle cause delle profonde discrepanze: “Le difficoltà incontrate da chi ha partecipato, e i motivi della mancata partecipazione, alla formazione riguardano principalmente gli impegni familiari e di lavoro, temi e orari dei corsi, il tipo di formazione non sempre adeguata alle aspettative, l’insufficiente consapevolezza della necessità della formazione permanente e l’incidenza molto elevata dei costi”.


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