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Messaggero: Ricerca, in Italia spendiamo solo l’1,1% del Pil: il governo adesso pensa a sgravi fiscali

Allo studio del ministro Tremonti crediti d’imposta per chi innova

03/01/2010
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Il Messaggero

LUCIANO COSTANTINI
ROMA La ricerca e l’innovazione sono le chiavi della competitività. Da questi due parametri dipendono la salute o il malessere di un Paese. «Solo chi innova, chi guarda al futuro e si reinventa, può crescere e affermarsi sui mercati», parole del vice presidente di Confindustria, Diana Bracco, nel corso dell’ultima ”Giornata per la ricerca” che si è svolta nella Capitale lo scorso 6 di novembre. «Serve una riforma dell’attuale sistema fiscale vecchio di oltre 40 anni», parole del ministro, Giulio Tremonti, agli Stati Generali di Cisl e Uil del 15 dicembre. Due priorità che si intersecano per poi procedere nella stessa direzione, quella di un profondo rinnovamento del sistema produttivo che permetta all’Italia di riprendere spedita la strada di uno sviluppo compatibile, una volta uscita dalla crisi.
Il titolare del dicastero dell’Economia, proprio al meeting sindacale, ha sottolineato come la riforma del fisco dovrebbe ruotare attorno a due cardini fissi, due meccanismi selettivi: un ”bonus” per chi favorisce l’occupazione, investe su ricerca e innovazione, contribuisce alla salvaguardia dell’ambiente; un ”malus” per chi fa speculazioni finanziarie e consuma le risorse ambientali. Si tratta, al momento, di uno schema che andrà riempito di regole attraverso il confronto con le forze sociali, tenendo conto che in 30-40 anni il sistema produttivo è profondamente cambiato: prima c’era la grande fabbrica, oggi ci sono 8 milioni di partite Iva. «Mentre il sistema fiscale - ha ricordato Tremonti - è stato continuamente rattoppato, peggiorato con l’introduzione dell’Irap e migliorato con il 5 per mille. Ora la crisi può essere l’occasione per accendere alcuni lumi sul futuro».
Chiaro che innovare vuol dire anche avere una cospicua disponibilità di risorse, pubbliche e private, da investire sulla ricerca e sull’innovazione. Secondo l’Ocse, nel 2007, l’Italia ha destinato alla ricerca e allo sviluppo soltanto l’1,1% del pil, la metà rispetto ai Paesi del G7 (2,2%). Le imprese finanziano soltanto il 40% dei due comparti rispetto al media dei Paesi Ocse (53%). Le università attraggono poco a livello internazionale, come dimostrato dal basso numero di studenti stranieri con dottorato (5%). Il numeri dei brevetti pro-capite è stato tra i più bassi nel periodo 2005-2007 (13 ogni 1.000 abitanti).
Il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia (e prima di lei anche Montezemolo e D’Amato) ha più volte sottolineato come ricerca e innovazioni siano «due autentiche priorità». Il numero uno degli imprenditori italiani ha indicato alcuni obiettivi: dovrebbe essere l’Europa con il coinvolgimento degli industriali, e non i singoli Stati, a gestire programmi e investimenti per la ricerca e l’innovazione. Mettendo insieme le risorse dei fondi strutturali si otterrebbero 13 miliardi: «Sarebbe un passo in avanti straordinario anche in considerazione del fatto che saranno le ultime risorse a disposizione dell’Italia».


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