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Messaggero: Le nostre scoperte? Lasciate a metà»

Dagli studi sui geni agli apparecchi di astrofisica: finiti i fondi non si va avanti

16/01/2010
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Il Messaggero

di VALENTINA ARCOVIO

ROMA - «Senza il sostegno dello Stato e delle imprese noi ricercatori fondamentali non riusciamo a produrre conoscenze e idee, quelle che in futuro possono produrre innovazione e progresso». Dall’estero, dove sono fuggiti per continuare le loro ricerche, ma anche dall’Italia, dove invece hanno continuato a lavorare stringendo la cinghia, la denuncia dei ricercatori ha una sola voce: «con le briciole non si crea conoscenza».
Sono infatti briciole i soldi che vanno a finire nei laboratori di ricerca pura soprattutto se li paragoniamo a quelli destinati alla ricerca applicata o allo sviluppo sperimentale. Sui 18.231 milioni di euro che il nostro paese investe in Ricerca & Sviluppo, solo 4.700 vengono investiti in ricerca fondamentale a fronte dei cospicui 13.531 milioni di euro investiti in ricerca applicata e sviluppo sperimentale.
«La tendenza degli ultimi anni - dice Luciano Maiani, presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) - è stata quella erodere risorse alla ricerca fondamentale. Per supplire alla mancanza di investimenti privati, lo Stato ha inseguito la ricerca applicata per produrre prodotti innovativi a breve termine, creando di conseguenza un disequilibrio con la ricerca di base». Con ricadute inevitabili anche sul destino dei nostri scienziati.
Per Arianna Betti, 39 anni, ricercatrice e docente alla Facoltà di Filosofia della Vu University Amsterdam, non c’è stata alcuna possibilità di scelta. «Sono stata costretta - racconta - ad andare all’estero, in Olanda». Una delle prime borse vinte dalla ricercatrice consisteva in 20 mila euro per tre anni, «l’equivalente del budget totale di cui dispone l’intero Dipartimento di Filosofia dell’Università di Urbino», dice. Certo, i suoi studi non aiuteranno a realizzare robot, ma servono a creare cultura, la base che sostiene i paesi più sviluppati.
Per Paolo Salucci, docente associato in Fisica delle galassie alla Sissa di Trieste, la scarsità dei fondi destinati alla ricerca di base si ripercuote sulla possibilità di lavorare con team di ricercatori eterogenei. «Studio la materia oscura - spiega - e il mio lavoro, anche se non produce risultati immediati, ci aiuta a comprendere l’origine dell’Universo. Ma gli stipendi bassi, la scarsità di fondi e la difficoltà di entrare in gruppi di ricerca, chiusi nel loro meccanismo clientelare, non solo fanno scappare i cervelli italiani più brillanti, ma attraggono sempre meno scienziati dall’estero».
Felice Tirone, ricercatore dell’Istituto di neurobiologia e medicina molecola del Cnr, dice «di passare gran parte del tempo a cercare di ottenere finanziamenti, piuttosto che lavorare ai miei progetti». Eppure, la sua ricerca di base sul lungo periodo ha prodotto importanti scoperte. «Abbiamo isolato il gene responsabile del differenziamento dei neuroni e, grazie all’eccezionale contributo di Telethon, abbiamo individuato anche il gene del differenziamento del muscolo». Grazie alla sua ricerca di base oggi si sono aperti percorsi applicativi per curare malattie come la distrofia muscolare o il tumore al cervelletto.
Si può definire, invece, paradossale il caso del «Sardinia Radio Telescope», costato dieci anni di lavoro e 70 milioni di euro. E’ uno strumento eccezionale attraverso il quale è possibile ascoltare la voce dell’Universo. Peccato che rischia di rimanere inutilizzato. «Non abbiamo - spiega Tommaso Maccacaro, presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) - le risorse necessarie per renderlo operativo e farlo funzionare». In questo caso la ricerca di base è stata bloccata anche laddove prometteva risultati straordinari. Nonostante questo, qualcosa inizia a muoversi. Almeno al Cnr, dove fino all’8 febbraio i ricercatori potranno partecipare a 9 bandi di concorso per circa 480 posti a tempo indeterminato. «E’ un segnale positivo - dice Maiani - dopo anni di riduzione del personale. Cercheremo di assumere, guardando al merito, scienziati che si occupano di ricerca fondamentale e di ricerca applicata».


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