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Manifesto-Università-La fabbrica del mentale

UNIVERSITA' La fabbrica del mentale ENZO MODUGNO Le recenti mobilitazioni degli studenti hanno sottratto l'istruzione al monopolio dei pedagogisti del Ministero, facendone ancora una volta un imp...

08/12/2005
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il manifesto

UNIVERSITA'
La fabbrica del mentale
ENZO MODUGNO
Le recenti mobilitazioni degli studenti hanno sottratto l'istruzione al monopolio dei pedagogisti del Ministero, facendone ancora una volta un importante terreno di scontro sociale. È in gioco la felicità di conoscere, che già Lutero e Bacone considerarono con sospetto e che Berlinguer, Zecchino e Moratti vorrebbero, anche loro, costringere sulla stretta via che porta al mercato del lavoro precario. Si è discusso anche di questo nell'aula occupata della Facoltà di Lettere e Filosofia a Bari, gremita di studenti, ricercatori in esubero, un paio di docenti. I gruppi giovanili dei partiti di sinistra avrebbero voluto occupare per pochi giorni e affidare poi le loro sorti alla prossima riforma. Ma gli occupanti hanno continuato contro tutte le riforme, non solo contro la Moratti, per impedire la normalità di un'istituzione che produce e disciplina i nuovi lavoratori mentali dequalificati e senza diritti richiesti dal nuovo modo di produrre. Risolvendo così praticamente un groviglio di questioni che la sinistra non è stata in grado di affrontare e spesso nemmeno di vedere.

Prima di tutto: ma perchè i ministri, Berlinguer e Moratti, continuano a fare riforme che immiseriscono l'istruzione proprio quando le conoscenze sono diventate la parte più importante della produzione?

Può sembrare infatti che si stiano sbagliando, ma non è così: al contrario, stabilendo un nesso tra questa importanza crescente delle conoscenze e la qualità decrescente dell'istruzione, hanno posto una questione teorica e metodologica decisiva per il buon andamento dell'economia. Questo teorema dei ministri esprime l'essenza stessa delle trasformazioni del modo di produrre, e costituisce un tentativo di razionalizzazione capitalistica dell'istruzione.

Il compito assegnato dal sistema produttivo all'istruzione infatti non è quello di produrre conoscenze, bensì quello capitalisticamente più urgente di produrre lavoratori mentali dequalificati, i "piccoli" scienziati - come li chiama la letteratura manageriale - che non raggiungono il livello dei veri scienziati, ma a differenza di questi hanno un enorme vantaggio: sono tanti. Sono questi i lavoratori richiesti dalle tecnologie informatiche: istruiti più degli operai, ma meno dei vecchi laureati.

Un immiserimento simile si verificò quando gli artigiani, ridotti ad operai con l'affermarsi del capitale industriale, perdettero la loro virtuosità, che passò nelle prime macchine "per" filare senza dita. O quando la residua virtuosità degli operai di mestiere passò nelle macchine della catena di montaggio fordista che li ridussero ad operai-massa. Questa volta la macchina per pensare senza cervello incorpora il sapere accumulato della società, che prima esisteva nel cervello dell'intellettuale, e lo riduce al lavoratore mentale dequalificato delle ultime riforme.

La produzione di conoscenze è diventata invece un settore produttivo come gli altri. Le conoscenze, come qualsiasi altra merce, si comprano e si vendono sui mercati internazionali. Centinaia di miliardi di documenti che raddoppiano ogni due anni sul web profondo sono ormai la merce più venduta, il valore di scambio del capitalismo informazionale.

Nel 1944 Theodor W. Adorno poteva già scrivere: "Il pensiero si reifica in un processo automatico che si svolge per conto proprio, gareggiando con la macchina che esso stesso produce perché lo possa finalmente sostituire". Questa precoce descrizione delle nuove forme della produzione capitalistica ormai universalmente affermate, può farci capire in quale tritacarne siano finiti gli studenti.

Con le lotte degli studenti, la critica del sapere diventa una critica di massa - è stata questa la quarta ondata, dopo il `68, il `77 e il '90. E sempre più questa critica del sapere diventa, tout court, una critica radicale della produzione capitalistica, ora che il capitale, come il sofista di Platone, "produce" e vende cognizioni come qualsiasi mercante che venda cibi e bevande. Quando il capitale si impossessa di quest'"arte" di vendere cognizioni, nata nella piazza del mercato di Atene, le conoscenze abbandonano l'ambito ristretto del lavoro intellettuale e cominciano a circolare sul mercato mondiale. Queste cognizioni, "avvisi" utili dati al genere umano, come dice Giambattista Vico, oggi diventano la merce più venduta: come mezzo di produzione, ratio calcolante, e come mezzo di godimento, "valanga" di informazioni minute e divertimenti addomesticati. Ma questo va di pari passo col completo svuotamento, con l'alienazione, con la separazione del lavoratore mentale da questa universalità delle conoscenze, divenuta la nuova ricchezza sociale che egli cerca di far sua e dalla quale invece viene ingoiato.

Questo processo storico - che le riforme dei ministri ratificano post festum riducendo tutta l'istruzione a un'enorme scuola di avviamento al lavoro - non sarà rovesciato da un ritorno alla scuola pubblica fordista, ma dalle lotte per la riappropriazione di questa nuova ricchezza sociale.


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