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Manifesto: «Le nostre classi non sono ghetti. Il ministro non conosce la scuola»

LA DIRIGENTE SCOLASTICA

09/01/2010
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il manifesto

Giusi Marcante
Tre scuole materne, tre elementari e una scuola media nella periferia bolognese. Con una presenza media di figli di genitori stranieri del 40% che diventa il 60% nel quartiere del Pilastro dove vivono soprattutto famiglie provenienti dal nord Africa e nuclei di rom romeni che in passato erano stati ospitati nell'ex campo di accoglienza. L'Emilia Romagna è una delle regioni in cui, secondo l'ultimo dossier Caritas Migrantes, c'è la più elevata incidenza di alunni stranieri e l'istituto comprensivo che dirige Maria Amigoni è l'esempio tipo di quello che il ministro Maria Stella Gelmini non vuole per cui vede il rischio della formazione di ghetti. Un termine che alla dirigente scolastica non piace per niente «non è diminuendo il numero che si fa l'integrazione» e che dimostra, a suo avviso, «quanto poco il ministro conosca la scuola». Il tetto del 30% non solo non la convince ma a suo avviso non si potrà attuare: «dove li mando i bambini cui dico di no? In una scuola del centro dove non li prendono o è complicato per loro arrivare?» La prof. Amigoni è forte di un'esperienza ormai pluriennale con gli alunni stranieri e di un'organizzazione della didattica flessibile che conta su classi aperte e molti laboratori.
Perché non è d'accordo con il tetto del 30%?
Io non mi sono mai sognata di chiamare le mie classi ghetto eppure in alcuni plessi di scuola dell'infanzia i bimbi stranieri arrivano ad essere anche il 90% sul totale. Per questo dico che i discorsi del ministro sembrano fatti da chi non conosce come lavorano gli insegnanti. Noi utilizziamo una metodologia flessibile e abbiamo un gruppo di insegnanti che è rimasto abbastanza stabile nel tempo.
Qualche esempio?
Le classi aperte, alle medie ogni pomeriggio ci sono dei laboratori e i ragazzi possono scegliere tra venti diverse opzioni. Si va dalla realizzazione del giornalino che quindi implica un approfondimento dell'italiano, all'informatica. Si crea un gruppo oltre alla classe perché i laboratori non sono necessariamente in orizzontale ma anche in verticale e si aumenta la socializzazione.
Il ministro ha spiegato che il tetto si può alzare o abbassare ulteriormente rispetto alla padronanza linguistica degli alunni.
Anche questo aspetto non mi convince, cosa dovremo fare, un test linguistico? E se un alunno non lo supera a quel punto dove lo mando? Proprio stamattina (ieri ndr) ho iscritto in prima e quinta elementare due bambini cinesi. Sono da due anni in Italia ma la più grande non capiva quello che dicevo. Ma bisogna tener conto anche di dove queste persone abitano. Non si possono prendere queste iniziative senza pensare anche al contesto, gli stranieri con le famiglie qui da noi vivono soprattutto fuori dal centro. Altre scuole per quello che so non prendono determinati alunni, penso ad una bambina di cui mi ha parlato proprio in questi giorni una pedagogista che ha ricevuto tre rifiuti da altrettanti istituti.
Lei parla come se il ministro non conoscesse la scuola.
O ha visto delle scuole irreali oppure io la invito qui a Bologna dove c'è una situazione sociale molto tranquilla e non ci sono particolari tensioni. Venga da noi al Pilastro e vedrà che le cose funzionano.
Pensa che queste raccomandazioni che compongono la nota verranno introdotte?
Io penso che siano destinate a rimanere lettera morta, che sia più una mossa politica e di propaganda. Io sicuramente non ci penso minimamente.


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