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Manifesto-L'ora di restaurazione

L'ora di restaurazione Il tempo pieno E' tra le innovazioni più straordinarie e forti degli anni '70. E ha contribuito a eliminare dalla scuola parte della discriminazione sociale La controrifo...

21/09/2002
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il manifesto

L'ora di restaurazione
Il tempo pieno E' tra le innovazioni più straordinarie e forti degli anni '70. E ha contribuito a eliminare dalla scuola parte della discriminazione sociale

La controriforma Insegnante unico, scuola solo la mattina, l'ingresso dei privati. E si rimuovono speranze e bisogni dei protagonisti delle riforme, i bambini e i ragazzi
ENZO MAZZI
E'ripartito ormai ovunque il rito della scuola. "Rito" non è parola inappropriata o solo metaforica. Ivan Illich, negli anni ruggenti intorno al `68, predicando la necessità di "distruggere la scuola", diceva che "la scuola è un rituale di iniziazione che integra il neofita nella corsa sacra al consumo". C'era molto intellettualismo privo di riferimenti a esperienze concrete nelle analisi di Illich ma questa idea del rito credo che fosse assai azzeccata e la ritengo ancora valida. Non solo sul metro della funzionalità ma anche su quello simbolico vanno valutate le esperienze innovative e le riforme attuali. Questo dato fa parte di un principio più generale della convivenza umana: la forma è sostanza. Tanto più la forma è sostanza nell'epoca moderna. La modernità ha reso insignificanti i vecchi simboli, ma non ha rimesso al centro la sostanza dell'essere umano e delle sue relazioni, anzi ha sostituito quei simboli con altri ancor più astratti e potenti. Ha costruito le torri gemelle simbolo dell'onnipotenza di un altro dio: il danaro. L'astrazione simbolica del danaro è il nuovo principio di autorità. La cosa più astratta e formale, il danaro appunto, è diventata la realtà più sostanziosa, pietra angolare, fondamento del nuovo ordine mondiale. Tutta la realtà che ieri veniva consacrata, ad ogni costo, anche al prezzo di massacri e roghi e dannazioni, oggi è monetizzata. E ancora una volta la sottomissione alla nuova divinità deve avvenire "ad ogni costo". La scuola non fa eccezione. Ed oggi il rito della scuola riprende proprio sotto il segno della più impudica monetizzazione. Il fronte della resistenza nella scuola assume ormai una importanza primaria. Vediamo alcuni aspetti del problema, i pochi su cui posso dire qualcosa perché legati ad esperienze che mi hanno coinvolto.

Il tempo pieno

Il tempo pieno è una delle innovazioni che ritengo fra le più significative e meglio riuscite nel panorama delle riforme della scuola. Fu il tentativo di "descolarizzare" l'insegnamento senza distruggere la scuola, anzi valorizzandola. Ebbe l'obiettivo di rendere praticabile l'essenza stessa della pedagogia contemporanea (lo diceva negli anni `70 il pedagogista Francesco De Bartolomeis, il quale però vedeva il tempo pieno inevitabilmente confinato in un ristretto ambito sperimentale, a causa del suo carattere rivoluzionario).

La nascita della sperimentazione del tempo pieno, negli anni `70, avvenne per rispondere a bisogni molto concreti, ma come vedremo poi l'impatto maggiore lo ebbero gli aspetti simbolici. Influì innanzitutto l'esigenza di tenere insieme a scuola tutti i ragazzi dalla mattina al pomeriggio. Fino allora c'era la scuola del mattino gestita dallo stato per tutti e poi, solo per alcuni, il pranzo e il doposcuola gestiti dai comuni. Il tempo pieno annulla questa divisione. E lo fa in nome dell'egualitarismo e dei diritti, contro le discriminazioni fra benestanti e bisognosi e fra bravi e ciuchi enfatizzate dal doposcuola. Ma lo fa anche in nome dell'efficienza didattica ed educativa. Otto ore a scuola permettono di svolgere i programmi in maniera più distesa, di tenere il passo dei meno bravi, di introdurre nuove tecniche didattiche, di valorizzare la socializzazione, di inserire con pieni diritti e con attenzioni mirate i portatori di handicap. Lo stesso tempo del pranzo è considerato in qualche modo parte del programma formativo se non proprio didattico. Il tempo pieno conosce uno sviluppo straordinario. Anche i genitori benestanti e perfino i benpensanti, che non mandavano i figli al doposcuola per non segnarli insieme ai figli del popolo, si rendono conto che il tempo pieno è una risposta efficiente capace di risolvere molti loro problemi pratici. Il tempo pieno contribuisce così ad accentuare la crisi delle scuole private che sulla discriminazione classista fondano le loro fortune.

Il tempo pieno però non è solo questo. L'efficienza e la funzionalità sono solo gli aspetti espliciti. E va detto a onor del vero che non sempre sono all'altezza delle intenzioni. Il tempo pieno è stato ed è realizzato talvolta in forme incomplete e approssimative, anche per mancanza di adeguata formazione degli insegnati e per carenza di mezzi e sostegni. Ma dietro e dentro, come cause e insieme come conseguenze, ci sono gli aspetti simbolici. I quali, come dicevo all'inizio, non hanno meno importanza formativa. Sono quegli aspetti ad aver creato una classe di insegnanti che l'Europa ci invidia, ad aver prodotto una gran riserva di esperienze pedagogiche d'avanguardia che hanno segnato le principali riforme della scuola e ad aver formato generazioni di giovani che ritengo abbiano avuto rilevanza nel nascere degli attuali movimenti di socialità.

Prendiamo l'impatto simbolico creato dal passaggio dalla singolarità dell'insegnante alla coppia e alla équipe. Il tempo pieno oltrepassa infatti la singolarità individualista della funzione didattica che si esprime alle elementari col maestro/a unico e alle medie, imitate poi dai moduli nelle stesse elementari, con una pluralità di insegnanti ognuno dei quali però gestisce autonomamente e spesso in modo separato un pezzo di didattica e un pezzo di ragazzo. Chi più ne fa le spese è l'ideologia del capo come figura centrale che genera la comunità e ne gestisce l'identità e l'unità; l'ideologia secondo la quale è il padre che fa la famiglia, il padrone che fa l'impresa, il leader che fa il partito, il premier che fa il governo, il prete che fa la chiesa e via di questo passo fino all'insegnante che fa la scuola.

E vediamo l'implicazione simbolica delle classi aperte sia in senso orizzontale, cioè fra classi di ragazzi della stessa età, sia in senso verticale fra classi di ragazzi di età diversa; il senso di liberazione dall'inscatolamento nella rigidezza delle classi. E il senso di rivoluzione culturale insito nella introduzione di nuove tecniche didattiche non come attività separate dai curricoli ma come valori educativi in sé capaci di dare senso nuovo e vitale a tutta la didattica e a tutta la scuola, capaci di rispondere ai bisogni dei più svantaggati (Bruno Ciari). E i nuovi orizzonti culturali aperti dai laboratori scelti dagli studenti in base ai loro interessi e propensioni. E la descolarizzazione dell'insegnamento resa possibile dalla apertura al territorio e alla società. E' la vita che torna a fare scuola. E la valenza simbolica che ha il giro e l'intreccio di insegnanti i quali coordinano rigorosamente il loro lavoro, si confrontano e talvolta anche si scontrano, insegnano a porsi interrogativi e curiosità più che dare risposte, impostano metodologie di ricerca più che proporre/imporre i loro saperi, insegnanti che comunque si presentano agli studenti e ai genitori e al territorio come una comunità di operatori educativi tesi a socializzare il sapere, considerato non più bene di consumo preconfezionato e posto sul mercato ma oggetto di condivisione.

Ebbene, lo ripeto, questa trasformazione oltre l'efficienza didattica ha anche una valenza simbolica di enorme impatto educativo-culturale non solo per la scuola ma per la società nel suo insieme. E' una crepa che si crea nel granitico impianto autoritario e classista della società. E' un colpo all'onnipotenza del sapere codificato e al potere assoluto della casta dei detentori di tale sapere. E' una fermentazione di socialità solidale che si genera dal basso. E' un momento del processo storico di riscatto delle classi e categorie sociali discriminate.

La restaurazione

E' per questo che il tempo pieno non solo non viene generalizzato, ma è piuttosto osteggiato e ghettizzato. E' sintomatica la devitalizzazione che si compie di fatto con l'istituzione dei moduli i quali recepiscono alcuni aspetti dell'innovazione del tempo pieno ma ne attenuano fino ad annullarla l'efficacia pratica e simbolica. Ed ora è da manuale questo ritorno alla scuola dei percorsi diversificati per censo, mercificata al punto che non è più scuola per tutti e di tutti ma è privata (azienda) anche se statale ed è pubblica anche se privata. E' disarmante questa restaurazione della scuola del mattino e del grembiule, questo ritorno all'insegnante unico o all'insegnante singolarizzato di lingua, di musica, e di quant'altro offrirà la generosità demagogica dello stato, la ingegnosità del preside manager e l'interesse dei privati. Ed è inquietante che un tale ritorno al passato venga per certi aspetti apprezzato da intellettuali illuminati come Massimo Cacciari. Il quale, in una recente intervista alla Repubblica (4 agosto 2002) alla domanda: "E cosa ne pensa del ritorno al maestro unico alle elementari che è uno dei pochi concetti sui quali la Moratti ha trovato vasto consenso?", risponde: "Ma sì, anche quella è un'idea giusta. Anche ai miei tempi era così...".

La rimozione dei soggetti della scuola

Qualche anno fa (estate 1998) ci fu una indignazione generale di fronte alla dimenticanza del padre che aveva lasciato il proprio figlio di 21 mesi, ad arrostire fino a morire in auto in un parcheggio sotto il sole cocente di Catania. Eppure il padre dimentico "adorava il suo bambino", ci assicura la madre. "Dietro questa tragedia c'è il modo contemporaneo di vivere i rapporti" disse lo psichiatra. Un tempo il valore assoluto dei padri era il dominio. I figli esistevano come sudditi. Oggi il valore assoluto è il successo. Nella competizione globale i figli sono strumenti: coccolati, adorati, rimpinzati, ma rimossi come persone.

Questa crudele gerarchia attuale dei valori non è solo dietro alle rimozioni dei bambini. Informa obbiettivamente tutti i rapporti. Una colossale rimozione profonda delle persone è il sacrificio richiesto dalla nuova religione delle cose. E i figli sono vittime sacrificali privilegiate.

Non mi interessa tanto il patteggiamento politico che si è fatto e si fa sulla scuola. Non mi sfugge il fatto che la politica è mediazione. Mi inquieta però l'arretratezza dei tanti "Cacciari" che parlano molto di scuola, di progetti di riforma organici e complessivi, ma non dei soggetti, studenti e insegnanti, della soggettività delle persone. E finiscono per risultare superficiali nel valutare i limiti delle mediazioni. La gerarchia di valori che hanno in testa è deformata. Si calano le braghe pensando di levarsi il cappello. E' anche per questo che trova tanto spazio la tragedia della restaurazione.

Insomma il rapporto con le persone vive e in particolare con i bambini ci obbliga a interrogarci su noi stessi e sul tipo di società che stiamo costruendo. In questo senso i bambini affollano e animano anche la sponda opposta rispetto alla globalizzazione mercantile liberista e cioè la progettualità della speranza che nessuna restaurazione o modernizzazione di fatto riuscirà a spegnere. Ci saranno sempre insegnanti e studenti e genitori che riusciranno a far germogliare i semi di una scuola diversa dentro le crepe della restaurazione.


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