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La Stampa-SIMBOLI E CAVILLI GIURIDICI

SIMBOLI E CAVILLI GIURIDICI Fabrizio Rondolino PER una curiosa coincidenza, presepe e crocifisso hanno fatto ieri il loro trionfale ritorno nelle scuole d'Italia. Per la verità, non se ne eran...

16/12/2004
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La Stampa

SIMBOLI E CAVILLI GIURIDICI

Fabrizio Rondolino
PER una curiosa coincidenza, presepe e crocifisso hanno fatto ieri il loro trionfale ritorno nelle scuole d'Italia. Per la verità, non se ne erano mai allontanati: ma da ieri la loro presenza ha un qualche timbro di ufficialità. Timbro non indelebile, e anzi, seppur per ragioni diverse, di origine e natura bizzarra: il crocifisso, infatti, non sarà tolto dalle aule perché la Corte costituzionale si è rifiutata di esprimersi in materia, giudicandola di esclusivo carattere amministrativo; quanto al presepe, la sua presenza a scuola è caldeggiata in una lettera del ministro Moratti. Insomma: una questione di per sé delicata, e oggi alla ribalta in tutto l'Occidente, è da noi affidata ad atti amministrativi, attribuzioni di competenza, cavilli giuridici e missive di valore sostanzialmente simbolico.
Il crescere della società multiculturale (e dunque anche multireligiosa) è andato di pari passo, in questi ultimi anni, con l'esplodere del fondamentalismo islamico, così da formare una miscela confusa, che oscilla istericamente fra una muscolosa evocazione della versione secolarizzata della guerra santa, cioè il conflitto di civiltà, e l'ingenua esaltazione di un mondo multietnico in cui tutti sarebbero uguali e fratelli. In un contesto di questo genere, che affida all'emozione più che al ragionamento la discussione dei problemi, la questione della laicità dello Stato, cioè della sua ovvia separazione da ogni religione, rischia di passare in ultimo piano, tanto più che in Italia non ha mai trovato orecchie particolarmente sensibili. Il ministro Moratti può dunque mettere in un unico calderone la giusta affermazione secondo cui "senza rispettare le nostre radici non possiamo capire e rispettare i valori di chi ha storia e cultura diverse", e l'altra, assai più discutibile e assai meno laica, secondo cui il presepe deve stare a scuola perché "ricorda la nascita di Gesù" e sarebbe per ciò stesso "il simbolo dell'amore".
Se è vero che nessuna persona di buon senso si scandalizza al cospetto di un presepe, è vero però che una discussione sull'identità culturale di una nazione, sulla distinzione fra Stato e Chiesa, sul rispetto delle altre culture, e insomma sulle forme della convivenza nel terzo millennio, meriterebbe qualcosa di più di una sentenza rifiutata o di una lettera spedita a presidi e giornali.


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