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La STampa: “Io, una carriera grazie al web”

Irene Tinaglia, ricercattrice dagli USA alla Spagna con una mail

13/12/2009
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La Stampa

La prima volta che sono stata a Madrid, pochi mesi fa, è stato per cercare casa. Sapevo di aver ottenuto un posto da ricercatrice all’Università Carlos III di Madrid, ma non c’ero mai stata. Avevo scaricato il bando dal sito Internet e avevo inviato la mia domanda per e-mail: curriculum, lettera di motivazione, articoli e tutto quello che era richiesto. Quando seppi che la domanda aveva avuto buon esito pensai che a quel punto era il momento di andare a cercare un appartamento, vedere il campus e incontrare i miei futuri colleghi. Non sapevo cosa aspettarmi, ma essendo stata fino a quel momento alla Carnegie Mellon University di Pittsburgh, in Pennsylvania, sapevo che almeno avrei trovato il sole.
Non fu necessario camminare troppo per trovare casa e sistemare le cose più urgenti. Grazie a un «relocator» internazionale contattato in precedenza tramite internet trovai casa in una mattina, e grazie al sistema del welfare informatizzato ottenni il mio numero di sicurezza sociale spagnola il giorno dopo, in dieci minuti. Tre giorni dopo ero in aula ad insegnare Economia delle imprese ai ragazzi del secondo anno. Non avevo ancora visto Madrid, ma il mio lavoro, la mia casa, la mia vita si erano materializzati dopo una serie di scambi di e-mail e di documenti elettronici. La cosa non mi stupì: in fondo il mio trasferimento a Pittsburgh qualche anno prima era avvenuto con le stesse modalità: una domanda alla Carnegie Mellon University fatta con Internet.
Tutto ormai funziona così: concorsi, borse di studio, partecipazioni a conferenze. Ammissioni e decisioni che si basano su documenti e conversazioni scambiati a distanza, che viaggiano in uno spazio invisibile ma che permeano in modo molto concreto il nostro lavoro e che sempre più spesso cambiano la nostra stessa vita in tempi rapidissimi. La rapidità ed impalpabilità di questi processi di comunicazione e decisione può farli sembrare più superficiali, ma non è così. Al contrario: li rende oggettivi, trasparenti, democratici. Perché costringono a mettere le regole nero su bianco e rende le opportunità alla portata di tutti. Scardinano il principio della prossimità fisica, del rapporto personale e valorizzano quello della competenza. La selezione diventa più rapida ed efficiente, ma non meno solida. Tramite Internet ed e-mail si possono avere tutte le informazioni necessarie per prendere decisioni importanti, si possono condurre verifiche e controprove, sondare e raccogliere le opinioni di altre persone e formarsi così un’opinione approfondita su un candidato, un lavoro, un progetto.
E infatti nel mondo accademico e della ricerca si usano la rete e le e-mail non solo per assegnare di borse di studio o assumere giovani ricercatori, ma anche per valutare la perfomance dei professori nei vari stadi della loro carriera.
Il nocciolo della questione non è tanto l’uso di Internet o della e-mail, ma l’impostazione di un sistema impersonale di valutazioni e decisioni che possono essere condotte a distanza. Così è possibile allargare il raggio di azione di una valutazione o di un concorso per includervi persone magari lontane, di altri paesi, altre lingue, altre culture, ma con le giuste caratteristiche e competenze. E’ questa caratteristica che rende i processi condotti «a distanza» così potenti e importanti, ma anche, per altri versi, molto temibili.


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