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La «riforma protestante» che vogliono gli studenti

Torino, presentato il Manifesto per l'università che verrà

10/12/2010
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il manifesto

Mauro Ravarino
TORINO
La protesta continua, ma ora è anche il momento della proposta. Studenti e ricercatori rigettano l'accusa di conservatorismo scagliata dal ministro Gelmini, quella sui «vecchi slogan» e «la difesa di uno status quo». «Non difendiamo - ribattono - l'università dei baroni, né l'università-azienda prospettata dal governo. Ci battiamo, invece, per la realizzazione di una Nuova Idea di Università». Detto e fatto. Mercoledì un drappello di universitari ha affisso alla porta del Rettorato di Torino il «Manifesto per l'Università che verrà». Proprio come Martin Lutero che, in polemica con il clero romano, quasi cinquecento anni prima, appese alla porta della chiesa di Wittenberg le famose 95 tesi. E non è strano che gli studenti abbiano ribattezzato la loro lotta «La riforma protestante».
La carovana dell'AltraRiforma è partita da un pezzo. Dall'appello lanciato da Link-coordinamento universitari e da altri soggetti a fine ottobre, concretizzatosi poi il 21 novembre con la scrittura di un documento collettivo, durante l'occupazione di Palazzo Campana. «Adesso - dicono Marco Viola e Giulia Mercuri, studenti del gruppo Sinai, che si è occupato di analizzare il ddl Gelmini e di elaborare un'alternativa - si tratta di discutere il Manifesto e condividerlo dal basso, con studenti, precari, dottorandi e ricercatori. L'obiettivo è scatenare un dibattito dentro e fuori dall'università e rivendicare il valore del sapere come bene pubblico». Ci vuole, allora, una riforma partecipata che preveda, per esempio, un diritto allo studio garantito a tutti. Una delle proposte è: «Una copertura totale delle borse di studio, mediante uno specifico fondo statale erogato alle Regioni di almeno 321 milioni di euro, comprendenti il reintegro dei tagli contenuti nella legge di stabilità 2011. In questo modo si metterebbe fine all'assurdità degli idonei non beneficiari».
L'AltraRiforma parla, inoltre, di «didattica di qualità» e di «partecipazione democratica». «Pensiamo - si legge nel Manifesto - che la miglior cura contro il clientelismo e la corruzione sia il controllo dal basso e non l'accentramento del potere baronale e aziendale». No alle ingerenze dei privati, sì a un autogoverno dell'università. Alle baronie non si risponde «esternalizzando», assegnando l'indirizzo strategico a un cda in mano agli imprenditori, ma con «un governo democratico» che preveda la partecipazione di tutte le componenti d'ateneo e con un ruolo unico della docenza che «scardini lo strapotere degli ordinari».
Una nuova università dovrebbe riconoscere specifiche competenze ai rappresentanti degli studenti, simili a quelle delle Rsu dei lavoratori: «Permettere il controllo sulla qualità dei servizi e la possibilità di esprimere un parere vincolante sui temi che riguardano più direttamente gli studenti, anche tramite referendum». E sulla contribuzione studentesca il Manifesto è chiaro: «Dovrà essere equa e progressiva attraverso una riforma del sistema di tassazione e un aumento delle lotta all'evasione fiscale».
Quando si parla dei mali dell'accademia si mette spesso in evidenza la distanza dal reale, dalla società civile, dal mondo del lavoro. «Ma non si risolve con la privatizzazione» spiegano gli universitari. «Meglio spingere le imprese a puntare sull'innovazione: occorrerebbero incentivi allo sviluppo e all'impiego di nuove tecnologie socialmente utili».
Infine, l'AltraRiforma dice un «no» netto ai tagli. «Servono investimenti, almeno come in Francia, l'1,7% del Pil, per una reale riforma che riesca a traghettare l'Italia fuori dalla crisi».
 


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