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La Ricerca italiana attrae sovvenzioni e le scienziate guidano la corsa

Buoni segnali arrivano dal mondo dei ricercatori italiani sulla scena internazionale

26/01/2014
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Corriere della sera

Buoni segnali arrivano dal mondo dei ricercatori italiani sulla scena internazionale. I grant (le sovvenzioni) appena assegnati dall’European Research Council (Erc) rivelano un record importante: i nostri scienziati ne hanno conquistati 46 ponendosi al secondo posto dopo la Germania (48). Ben distaccati seguono Francia (33), Gran Bretagna (31) e Paesi Bassi (27). Il numero che ci riguarda ha due particolarità. La prima, è che vincono le ricercatrici in stragrande maggioranza (32). La seconda, è che 26 del gruppo totale lavorano in istituzioni di vari Stati europei.
Dei 20 appartenenti ai centri nazionali Milano ha la maggior concentrazione con cinque assegnazioni, quattro delle quali alle scienze della vita, a dimostrazione di un ruolo di rilievo in questo campo dove emergono l’Istituto europeo di oncologia-Ieo (Maria Resigno e Giuseppe Testa), l’Istituto Firc di oncologia molecolare-Ifom (Vincenzo Costanzo) e l’Ospedale San Raffaele (Alessandra Biffi). Si aggiunge poi il Politecnico. Alle spalle dei milanesi ci sono i genovesi dell’Istituto italiano di tecnologia (tre grant) e svariate istituzioni (Cnr, tre università, Sissa di Trieste). Ci si può soffermare sulla nota dolente degli italiani al di fuori dei confini; ma forse bisognerebbe cominciare a guardare con occhi diversi all’Europa della scienza.
L’altro segnale positivo emerge da un rapporto britannico commissionato dal Department of Business, Innovation and Skills che mette a confronto la realtà e l’evoluzione della ricerca internazionale negli ultimi anni. Qui si nota la buona produttività dei nostri scienziati che dal 2011, dopo un periodo di decrescita, hanno ripreso un buon ritmo nella generazione di articoli scientifici marciando verso il 4% internazionale. Questo si accompagna ad una maggior citazione dei lavori a dimostrazione del loro valore. Restano tuttavia due dati che certificano la difficoltà del trasferimento della conoscenza: il costante basso livello di brevetti (circa il 3 %) e il bassissimo indice di migrazione di cervelli dalle industrie alle università. La diagnosi è solo una conferma: si aspetta da tempo il coraggio di una terapia.
Giovanni Caprara  
 


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