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La Provincia-Gli obiettori del presepe finiscano in un albo"

"Gli obiettori del presepe finiscano in un albo" La proposta del presidente della provincia di Treviso: "I genitori devono sapere come la pensano gli insegnanti" E mentre a Como il caso della canzone ...

08/12/2004
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La Provincia

"Gli obiettori del presepe finiscano in un albo" La proposta del presidente della provincia di Treviso: "I genitori devono sapere come la pensano gli insegnanti" E mentre a Como il caso della canzone fa ancora discutere è ormai guerra di accuse tra i politici delle diverse fazioni

Un bambino osserva un presepe: moltissime le proteste di fronte alla proposta di abolirlo

TREVISO Mentre a Como il caso della canzoncina di Natale con il testo cambiato continua a fare discutere in tutta Italia la polemica non accenna a placarsi e registra prese di posizioni politiche anche alla luce dell'altro caso, avvenuto in una scuola elementare di Treviso, di non allestire il presepe per non urtare la sensibilità degli alunni islamici. Proprio dal Veneto arriva una proposta che fa discutere. Ieri come benzina sul fuoco è infatti giunta l'idea del presidente della provincia di Treviso, Luca Zaia, di chiedere al ministro Moratti l'istituzione di un albo degli insegnanti che si rifiutano di fare il presepe. Una sorta di "albo degli obiettori", che oltretutto avrebbe come obiettivo quello di evitare fraintendimenti, in modo che i genitori sappiano in quali scuole iscrivere i loro figli senza incorrere in spiacevoli sorprese prima di qualsiasi festività o ricorrenza cattolica. Immediata la reazione del deputato dei Verdi Mauro Bulgarelli che ha definito la proposta "davvero raccapricciante". "Ancora una volta gli esponenti della Lega - ha osservato - colgono l'occasione per trasformare una questione di convivenza tra culture e religioni diverse nella scuola italiana in argomenti utili per attizzare il fuoco dell'odio e per proporre nuove liste inquisitorie". Albo degli obiettori a parte, in tanti ieri sono tornati sulla questione dei presepi e dei canti natalizi. L'assessore veneto all'istruzione Ermanno Serrajotto ha chiesto che in occasione del Natale il presepe torni a essere presente in tutte le scuole della Regione: "Non minaccia la laicità dello Stato e consente a tutta la collettività di conservare un preciso punto di riferimento e di vedere riconosciuto il proprio patrimonio religioso, identitario e culturale". "Un presepio - ha affermato il presidente del consiglio regionale del Piemonte e segretario della Lega piemontese Roberto Cota - non è un insulto e non può offendere la sensibilità di alcuno". Per il leghista piuttosto "è un'offesa non fare il presepe e non festeggiare il Natale" e "censurare le nostre tradizioni". Non mancano proposte per iniziative concrete. Il capogruppo della Lega in comune a Monza Massimiliano Romeo ha annunciato, in polemica con le variazioni dei testi delle canzoni, un coro di canti della tradizione natalizia sotto i portici dell'Arengario nella cittadina Lombarda, mentre il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale del Veneto, Carmela Palumbo, ha fatto notare come sia "artificioso concepire la scuola come uno spazio neutro, dove gli allievi possano crescere assieme privandosi delle proprie tradizioni e radici culturali e religiose". Di "episodi gravissimi, frutto di una mentalità ignorante" ha parlato Maria Burani (Forza Italia), presidente della commissione Infanzia. "A me sembra una follia, una ideologia becera quella di chi si permette di sostituire la nostra tradizione religiosa con una favola, per giunta discutibile", ha detto riferendosi alla decisione della scuola di Treviso di sostituire la recita della Natività con la fiaba di Cappuccetto Rosso. Secondo l'Osservatorio Scuola del Movimento Italiano Genitori (Moige), quello che sta succedendo in questi giorni in alcune scuole "ha veramente del paradossale". "In nome dell'integrazione si praticano l'intolleranza e l'azzeramento di ogni cultura. In nome della multiculturalità si rinuncia alla cultura". Il coordinatore nazionale del Moige Bruno Ladaresta spiega: "Rinunciare alla Natività, peraltro presente anche nella cultura islamica, vuol dire praticare l'intolleranza verso la propria cultura e voler eliminare ogni diversità. Invece la diversità è una ricchezza, non qualche cosa di cui vergognarsi o da usare per far vergognare gli altri". Infine il responsabile del Moige aggiunge che "così si dà alla tolleranza il significato di rinuncia, e di qui a pretendere che anche gli altri rinuncino a manifestare in qualsiasi modo la propria cultura o religione il passo è breve". "Ciò che oggi si fa per non offendere - conclude Ladaresta - in un domani non molto lontano potrà essere usato per annientare chiunque manifesti un pensiero, per creare una sorta di Grande Fratello dell'omologazione, e riunirci tutti sotto un'unica "non cultura" dominante, una società di signor nessuno".


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