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La Nuova Sardegna-Diecimila nel grande corteo sotto le bandiere della Cgil

Diecimila nel grande corteo sotto le bandiere della Cgil di Nino Bandinu NUORO. Un mare rosso bandiere in un serpentone lungo dal Corso al Quadrivio. E decine di striscioni dalle fabbriche, dall...

19/10/2002
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Nuova Sardegna

Diecimila nel grande corteo sotto le bandiere della Cgil

di Nino Bandinu

NUORO. Un mare rosso bandiere in un serpentone lungo dal Corso al Quadrivio. E decine di striscioni dalle fabbriche, dalle scuole, dagli uffici e dai cantieri. E poi slogan dai megafoni, canzoni popolari, e tanta allegria sotto il sole autunnale. Il popolo della Cgil è sceso in piazza deciso, compatto, numeroso. Le fonti del sindacato danno diecimila presenze. Come l'ultimo sciopero unitario.
Sono le 8,30 e davanti al Quadrivio cominciano ad arrivare le delegazioni dalle fabbriche della Media valle del Tirso. Gli operai scendono dai pullan e si guardano intorno come per cercarsi. E subito vedono altri lavoratori scendere dalle venti corriere che vengono dai paesi lontani, gruppi di insegnanti e studenti che sbucano dalle vie laterali. E pian piano anche una folla di pensionati, braccianti, edili, donne e ragazzi con le bandiere e fazzoletti rossi. E gli striscioni sotto il braccio ancora arrotolati. Dopo un'ora l'imponente servizio decide e dà l'ordine. La testa del serpentone comincia a muoversi guidata da tre camion urlanti, tappezzati di manifesti contro la finanziaria, le politiche del governo che minacciano lavoro, pensioni e sviluppo. Il corteo si snoda lentamente e punta su via Lamarmora aprendo ampi spazi in coda a chi continua ad arrivare dalle periferie. Cinque, dieci minuti ancora per scaldare muscoli e voce, ed ecco scoppiare il gran frastuono all'altezza della stazione: sirene acute, tamburi assordanti, slogan satirici e il canto di "Bella ciao". La manifestazione è cominciata. Così sfilano tutti tra due ali di gente che guarda incuriosità quella folla colorata: delegazioni delle fabbriche dell'ex Enichem, Cartiera, Gtm, Rimisa, Emergency, Tessili di Gto e Gts, Scuola, Consulta studenti, Poste, braccianti, edili, Spaes e Arci. In fondo anche stricioni dal Mandrolisai, Sarcidano e Ogliastra. E in coda le bandiere di Rifondazione e i "disubbidienti" vicini al movimento No Global.
Ma nel mare rosso che avanza, sotto le bandiere della Cgil ci sono anche molti dirigenti di partito, consiglieri regionali e parlamentari: tutti dell'area dell'Ulivo. E con loro anche molti, tantissimi sindaci dei Comuni in mano al centrosinistra: stretti in un abbraccio ideale e identitario con il popolo della sinistra sociale, che oggi c'è. E vuole contarsi.
Nutrita anche la presenza delle donne, per lo più ex tessili delle fabbriche tradite, oggi sociali e utili, ma domani non si sa. E insegnanti e impiegate del terziario traballante, ma anche casalinghe, molto di Orgosolo, alcune pensionate, sempre battagliere come ieri e più di ieri. Compiaciute comunque del grande corteo e felici di ritrovarsi.
Novità importante anche gli studenti, i tanti giovani della Consulta, ma anche altri, molto combattivi, sicuramente più numerosi della manifestazione unitaria del 16 aprile scorso.
Il serpentone dei diecimila è ormai al Corso Garibaldi, si stringe nell'imbuto, assottigliato e più assordante, fino alla piazzetta Mazzini, dove c'è il palco e il microfono pronto per lo studente, Antonello Archittu, che legge un documento. E per Elena Musio di Lula che recita versi di Gino Strada. Poi anche Peppino Marotto di Orgosolo che rispolvera la sua poesia sociale con strofe molte belle (S'este movende sa classe proletaria/cun forza pro difender sos dirittos/ ca la cheren de badas e precaria/ sos accumulatores de profittos...). E così via, in difesa dello stato sociale, fino ai discorsi dei sindacalisti veri, prima quelli di categoria poi i provinciali e i regionali. Prende la parola per prima Lisetta Bidoni responsabile della Cgil scuola per attaccare la riforma della Moratti, i furiosi tagli, la confusione imperante e il rischio di un ritorno al passato "pericoloso" per il diritto allo studio e il lavoro.
Poi un'altra donna sul palco con grinta, Antonella Falconi della Filca, per parlare di commercio, terziario e Mezzogiorno: due settori "femminili" in crisi soprattutto nel Sud. Applausi fragorosi per tutti.
Infine i discorsi di Vincenzo Floris e Pino Marras, rispettivamente segretario provinciale e regionale della Cgil. Il primo mette a fuoco i temi sindacali del momento: innanzitutto l'attacco all'articolo 18 quello dei "licenziamenti facili". E poi la Finanziaria con i tagli indriscriminati che minacciano indistintamente "giovani e anziani". Una lotta "ferma e civile" da parte della Cgil che pure si è vista piovere addosso "accuse infamanti": di essere complici del terrorismo o massimalisti e giacobini che tutelano solo i diritti dei padri contro i figli. "Ma quale egoismo e quali padri da difendere - grida Vincenzo Floris - se c'è voluta la vicenda Fiat a dimostrare quanto siano sicuri i posti di lavoro: per giovani e anziani". Da qui il passo allo spettro della "recessione economica" che rischia di travolgere ogni settore, e "alla precarizzazione" che si allarga e "impoverisce tutti". La resa dei conti per Floris è comunque arrivata con la Finanziaria in cui spariscono: credito d'imposta, bonus per chi crea lavoro, prestiti d'onore per i giovani, investimenti per servizi e ricerca. Senza trascurare il Mezzogiorno "dimenticato" e le aree deboli "come la nostra provincia" che dovrà subire ancora "tagli alle scuole, agli uffici e ai servizi". Il deserto nel deserto.
Chiude la manifestazione tra lo sventolìo delle bandiere Pino Marras toccando gli stessi temi, nazionali e sardi. Ma con un appello speciale ai diecimila che affollano il Corso: quello all'unità sindacale. Un valore che lo sciopero nazionale deve esaltare senza mortificare nessuno. Evitando lacerazioni e chiusure.


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