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L'altro liceo

Un’istruzione specializzata e internazionale per rendere più competitivi i propri figli. È l’obiettivo di moltissime famiglie Dalle lingue straniere alla matematica: spesso scelgono gli istituti privati. Ma anche il pubblico allarga l’offerta e seleziona gli studenti più motivati

06/05/2014
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la Repubblica

Maria Novella De Luca


È LA paura di restare indietro. Sepolti nel ritardo di un paese senza finestre sul mondo. Guardando i figli crescere con il magro bagaglio dell’inglese “scolastico”, e vederli arrancare nell’universo multilingue che li circonda, popolato ormai di addestratissimi baby poliglotti. Così chi può corre ai ripari: asili trilingue per i più piccoli, scuole internazionali fin dall’infanzia e licei anche statali che garantiscano, almeno, la doppia maturità. È l’altra faccia del declino dell’istruzione pubblica, erosa e devastata da anni di tagli: come già avviene in Inghilterra o negli Stati Uniti, le famiglie che
possono pagare rette alte o altissime, o che scelgono di indebitarsi, cercano per i propri figli percorsi di studio alternativi, internazionali. Perché se l’avvenire è altrove, meglio prepararsi fin da piccoli a navigarci dentro. Ormai è una corsa. Anche se i costi possono variare dai seimila euro delle scuole francesi e tedesche, ai ventimila euro l’anno dei campus americani e inglesi.
Alla Deutsche Schule di Roma, grande e razionale edificio immerso in ettari di verde e con una piscina olimpionica interna, il 54% degli allievi è italiano. E le iscrizioni, dal 2010, quando già la crisi era alle porte, aumentano di anno in anno. Al liceo Chateaubriand, storico istituto francese che ha il privilegio
di sorgere tra i giardini di villa Borghese, il 60% degli studenti arriva da italianissime famiglie della Capitale. Alla “Deledda international school” di Genova, unico centro italiano a partecipazione pubblica che segue i programmi dell’Ibo, ossia l’International Baccalaureat, diploma che apre le porte di tutte le università del mondo, hanno raddoppiato le sezioni per poter accogliere sempre più studenti, nonostante la rigidissima selezione in entrata. Lunghe liste d’attesa anche al famoso “Collegio del mondo unito” di Duino, vicino a Trieste, ambitissimo liceo multilingue a cui si accede democraticamente con borse di studio. E al Saint Stephen’s, una tra le più radicate scuole
angloamericane nel nostro paese, la quota di allievi non stranieri ha superato il 36% delle iscrizioni.
Racconta Jutta Eberl Marchetti, rappresentante dei genitori della Deutsche Schule di Roma: «Sempre più famiglie italiane chiedono di iscrivere i loro figli alla scuola tedesca, infatti stiamo ampliando le classi dei più piccoli, perché da noi è fondamentale iniziare a tre anni, altrimenti l’apprendimento della lingua diventa troppo difficile. Dal 2010 abbiamo avuto un netto incremento di allievi: quello che vince è il metodo, il controllo pedagogico,
i ragazzi studiano in tedesco, in inglese e in italiano, vengono abituati all’autonomia ed entrano facilmente sia nelle università europee che in quelle americane. E metà della retta la paga lo stato tedesco... ». Numeri ancora marginali, numeri che raccontano però un’Italia che cambia, e dove per la prima volta si profilano scuole di serie A e scuole di serie B. Ma dove a fare la differenza non sono più i ricchi collegi (spesso religiosi) scelti per censo e per appartenenza, e non di rado diplomifici, ma quelle realtà che garantiscano percorsi internazionali. Ossia finestre sul mondo. Sottolinea Joel Lust, preside del licée Chateaubriand: «Abbiamo 1476 allievi di venticinque nazionalità diverse, ma oggi la maggioranza sono italiani. La retta varia dai 4.500 euro delle primarie ai 5.500 delle classi superiori. Siamo una istituzione storica, molti ex studenti che hanno frequentato Chateaubriand continuano ad iscrivere i loro figli. Ma non è soltanto tradizione — dice Lust — qui si studia in francese, inglese e in italiano e si esce con una doppia maturità, abbiamo atelier di cinese e di arabo. Ed è questo credo che rende ancora la nostra scuola così ambita».
Un approccio diverso alla cultura, più veloce, più scientifico. Anche più ludico a volte. Sarina Gosio, vice preside del “Deledda international school”, parla con entusiasmo della selezionatissima scuola in cui insegna, voluta dal comune di Genova, riconosciuta sede del Baccellierato Internazionale, unico liceo italiano che dura quattro anni e non cin-
que. «La richiesta è sempre più alta, ma noi scegliamo soltanto gli studenti più motivati, e oggi abbiamo allargato il nostro programma anche alle medie. È un percorso radicalmente diverso rispetto a quello italiano, si svolge completamente in inglese e credo che la nostra forza sia quella non solo di offrire una maturità “globale” ma di insegnare a studiare così come avviene nel resto del mondo».
Non poco infatti si è appannato nei nostri licei, spesso arroccati su un approccio filologico del sapere che stride con quanto il mondo chiede. Pur con delle aperture. Se infatti l’offerta multilingue oggi in Italia è soprattutto privata, e del tutto carente nelle primarie e secondarie pubbliche, in
diversi licei statali pur tra mille difficoltà si cercano di moltiplicare le opportunità. Dalla doppia maturità (francese italiana, spagnola italiana) alle certificazioni Cambridge per l’inglese, dai corsi di cinese a quelli di tedesco.
Isole però nel declino collettivo, come spiega Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli. E proprio nel volume sulla “Valutazione nella scuola” da poco pubblicato, i ricercatori della Fondazione si soffermano sull’esodo dagli istituti pubblici, da parte delle famiglie più “avvertite”. «Sappiamo che è sufficiente che alcuni
degli studenti migliori fuggano dalle “normali” scuole statali — si legge nella ricerca — per andare a frequentare scuole selezionate, statali o private, perché si inneschi una reazione a catena, in cui le scuole d’élite raccolgono un numero crescente di talenti e risorse mentre il resto entra in una fase di declino accelerato. Difficile non pensare alla fuga da quelle con un’alta percentuale di stranieri. O al successo di iscrizioni alle private internazionali
».
Ragiona infatti Andrea Gavosto: «Non abbiamo ancora i dati quantitativi di questo abbandono, ma è evidente che nel decadimento della scuola pubblica molte famiglie si stanno attrezzando. Ed è preoccupante, è la prima crepa profonda che può portare l’Italia ad una situazione come quella inglese o americana, dove nel pubblico restano soltanto le fasce più povere e difficili della popolazione». Per questo, spiega Gavosto, sarebbe utile e necessario che la scuola si aprisse alla valutazione, ad un rapporto trasparente con le famiglie. «I licei pubblici erano un tempo i luoghi di elezione in cui si creava la classe dirigente: oggi le eccellenze ci sono ancora, ma mancano la formazione scientifica, le lingue, un approccio più moderno e globale. Il boom delle private internazionali ci dice proprio questo: i genitori cercano una istruzione globale per i propri figli e sono disposti a qualunque sacrificio. E il rischio di declino della scuola pubblica — conclude Gavosto — è ormai evidentissimo ».


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