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ItaliaOggi: Reclutamento, ecco la riforma

Il viceministro Bastico: contro la precarietà diciamo basta alle graduatorie a esaurimento

22/01/2008
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ItaliaOggi

Università per 5 anni, pratica per uno, concorso regionale

Tre anni di università, due di specializzazione e uno di praticantato da svolgere direttamente nelle scuole, dopo aver superato un concorso pubblico bandito a livello regionale sulle cattedre disponibili. È questo l'iter, complessivamente sei anni, uno in meno rispetto all'attuale, che dovranno seguire gli aspiranti insegnanti. Probabilmente già dal prossimo anno. Se le intenzioni del ministro della pubblica istruzione, Beppe Fioroni, saranno confermate, il regolamento attuativo dovrebbe infatti aversi nel giro massimo di sei mesi. Un regolamento che dovrà essere concordato con il ministro dell'università, Fabio Mussi, per gli evidenti risvolti che la disciplina della nuova professione ha in termini di gestione delle classi di laurea. Ne parliamo con il viceministro all'istruzione, Mariangela Bastico, che sta seguendo da vicino la trattativa con l'università e il mondo delle associazioni di categoria.
Domanda. Partiamo dall'esistente. Che fine faranno i precari iscritti nelle graduatorie a esaurimento?

Risposta. I nuovi concorsi si faranno quando le vecchie graduatorie saranno esaurite. Ma questo, per alcuni classi di laurea, quelle scientifiche, e in alcune regioni, quelle del Nord, è già avvenuto. Non è escluso che, in attesa di avere i laureati dei nuovi percorsi, ci sarà bisogno di concorsi già tra un paio d'anni.

D. E chi vi potrà partecipare?

R. Per esempio coloro che intanto si sono iscritti ai corsi di formazione primaria e alle Siss, e che hanno l'abilitazione.

D. Perché riducete di un anno la formazione?

R. Sette anni erano troppi, uno in più della media europea. Stiamo ragionando su una laurea di tre anni, che dia una formazione disciplinare, e una specializzazione di due anni, che affronti i temi della didattica e della pedagogia. Già questi corsi saranno a numero programmato, ma dovrebbero essere strutturati in modo tale da essere polivalenti: chi si dovesse rendere conto che non ama l'insegnamento deve poter fare altro. Ecco perché il numero di iscritti non dovrà essere troppo stringente rispetto al fabbisogno di insegnanti.

D. Di solito, però, un docente si rende conto che ha sbagliato mestiere quando in aula già c'è.

R. Ecco perché, anche nei due anni di specializzazione, va dato molto spazio all'esperienza.

D. Cinque anni di università anche per chi dovesse insegnare nell'infanzia e alle elementari?

R. Forse in questo caso potrebbe restare anche l'attuale schema, visto che non ci sono singole discipline sulle quali doversi laureare. L'esperienza del corso di laurea di formazione primaria ha dato dei buoni risultati.

D. Il concorso, poi, che struttura avrà?

R. Sarà su base regionale, svolto ogni due anni e tarato sul fabbisogno riscontrato. Ma il datore di lavoro resta lo stato, che assumerà dopo un anno di prova presso una scuola e il giudizio positivo espresso da una commissione.

D. E le graduatorie?

R. Fermo restando che siamo ancora in fase di discussione, le graduatorie dovrebbero avere valore solo tra un concorso e l'altro e dunque per due anni. Questo è l'unico modo per evitare che si formi nuovo precariato.

D. E chi non dovesse avere il posto, pur avendo vinto il concorso? Rifarà la gara?

R. In linea astratta sì, anche se una buona programmazione dovrebbe evitarlo.

D. Ma se poi i docenti emigrano, come succede, dal Nord al Sud, ogni previsione salta.

R. Questo non possiamo evitarlo per legge, gli strumenti vanno trovati in sede di contratto.


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