Gli aiutini per legge a mister Cepu e alle casse dei partiti
Non è vero che con la riforma dell’università ci rimettono tutti. C’è qualcuno che ci guadagna: sono gli atenei «telematici», le università che laureano a distanza, le quali potranno accedere alla quota di fondi destinata agli istituti non statali «in base al merito».
Sergio Rizzo
Non è vero che con la riforma dell’università ci rimettono tutti. C’è qualcuno che ci guadagna: sono gli atenei «telematici», le università che laureano a distanza, le quali potranno accedere alla quota di fondi destinata agli istituti non statali «in base al merito». Non una distribuzione a pioggia, sia chiaro. Deciderà il ministero, sulla base delle indicazioni di «consulenti». Ma che questa sia altra benzina sul fuoco non c’è ombra di dubbio.
Anche perché, dice Walter Tocci, dal ministro Mariastella Gelmini starebbe arrivando un altro «regaluccio» a queste università. E ben più grosso. Il deputato del Pd ha denunciato che nella bozza di decreto «per la programmazione» inviato dal ministro alla Conferenza dei rettori per il parere di rito c’è una norma che consente alle «telematiche» di trasformarsi su loro proposta in «normali» università non statali (come la Bocconi). Tanto basta a Tocci per individuare il principale beneficiario di questa metamorfosi: «Il Cepu, che potrebbe entrare nel siste-
ma universitario trasformando la sua telematica E-Campus in università non statale autorizzata a svolgere sia didattica a distanza sia quella tradizionale». Una provocazione che il deputato del Pd, durante la discussione alla Camera, butta lì. Senza mancare di sottolineare «la comunanza di interessi e di sentimenti che intercorrono fra il presidente del Cepu e il presidente del Consiglio». Già.
Risale alla memoria la visita di Silvio Berlusconi, a luglio, alla E-Campus di Novedrate (ricordate le sue parole? «Dicono che sono circondato da veline, da belle senza cervello. Ecco, queste ragazze sono tutte belle, laureate con il massimo dei voti e non assomigliano certo a Rosy Bindi»). Soprattutto, però, viene in mente l’idea che Francesco Polidori ha presentato ad agosto a Berlusconi, quella di mettere a disposizione del premier la rete del Cepu per raccogliere consensi. Ecco che cosa ha detto lui stesso a Francesco Manacorda della Stampa: «Noi vendiamo formazione, dai corsi di recupero, all’inglese, all’università. Loro vendono politica. Ma in fondo il metodo non cambia e per me è un’occasione di business come le altre. Bisogna bussare a tutte le porte, ci vuole pressing e motivazione. Bisogna partire dalla sezione elettorale, ogni sezione in media 300 famiglie, e da lì scendere fino alla singola famiglia...». E poi, chissà, si prendono anche due piccioni con la stessa fava. Un voto e un cliente.
La sintonia di «Mister Cepu» con il Cavaliere è forte e ben radicata. Fin dalla discesa in campo del 1994. Anche se non si è mai tradotta in un seggio alla Camera o al Senato. Sua cugina Catia Polidori, invece, è stata messa in lista ed è diventata parlamentare del Popolo della libertà nel 2008. Salvo poi passare con i finiani di Futuro e libertà. Capita anche nelle migliori famiglie.
C’è da dire che Tocci si è fermato al Cepu, ma avrebbe potuto continuare, tanti sono gli spunti offerti dalle società che sono nell’affare delle società telematiche e perciò destinatarie dei «regalucci». L’università San Raffaele di Roma, per esempio. Azionista di controllo è il gruppo Tosinvest fondato dal re delle cliniche convenzionate con la sanità pubblica, Antonio Angelucci neodeputato del Pdl: partito che ha sostenuto e votato compatto la legge Gelmini. Poteva forse lui essere assalito da qualche dubbio? Diversamente da Catia Polidori, è anche rimasto fedele a Berlusconi, con il quale, peraltro, è pure socio in quell’ateneo. Perché l’8% appartiene a Fininvest servizi, e un altro 8% a Mediolanum comunicazione, controllata dalla holding che fa capo a Ennio Doris e al premier.
Al di là di questi dettagli, non è un mistero che la nascita delle università telematiche, avvenuta al tempo di Letizia Moratti ministro dell’Istruzione abbia sempre suscitato molte perplessità anche fuori del mondo politico e della sinistra. Il Comitato per la valutazione del sistema universitario, ad esempio, non ha mai nascosto la propria diffidenza. Giustificata? Basta dire che gli undici atenei telematici esistenti messi insieme, ovvero l’11,5% delle università italiane (95 in tutto) hanno appena sette professori ordinari. Sette su 18.861: uno di loro è il commissario dell’Alitalia Augusto Fantozzi, alla telematica Giustino Fortunato.
Come fanno allora a garantire le lezioni a distanza? Un caso per tutti: dalla banca dati del Comitato di valutazione si ricava che il corpo docente della Uninettuno è composto da 20 ricercatori a tempo determinato. Una categoria duramente colpita dall’ultima beffa dei politici. Perché mentre si apriva alle università telematiche lo spiraglio per accedere ai fondi pubblici, la Camera bocciava un emendamento proposto da Bruno Tabacci e Marco Calgaro che puntava a dirottare 20 milioni l’anno dall’esorbitante fondo per i rimborsi elettorali dei partiti agli stipendi dei ricercatori. Una folta pattuglia di «oppositori» rigorosamente bipartisan (Fli, Udc, Mpa e Pd) ha affondato il nuovo emendamento astenendosi o votando insieme al blocco, compattissimo, composto da Pdl e Lega. È stato il terzo salvataggio del finanziamento pubblico dei partiti nel giro di pochi mesi. Nella manovra di maggio il ministro dell’Economia Giulio Tremonti aveva tagliato del 50% i rimborsi elettorali. Quel taglio era stato prima ridotto al 20%, poi al 10%. Al Senato, durante la discussione della riforma dell’Università approvata ieri dalla Camera, Francesco Rutelli era riuscito a far passare sotto il naso ai suoi colleghi una norma pressoché identica a quella proposta martedì, che destinava ai ricercatori il 20% dei soldi pubblici riservati ai partiti. Che però, alla Camera non si sono fatti cogliere di sorpresa e hanno provveduto a eliminare l’articolo dal testo. Prima di bloccare l’emendamento Tabacci. Imbarazzi? Nemmeno a parlarne. E ti pareva