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Gazzettino: L'attacco del rettore «La politica umilia la qualità della ricerca»

Università

14/01/2008
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Il Gazzettino

«Ero abbacchiato, per via di quei 15 milioni di euro di sottofinanziamento che subiamo mediamente tutti gli anni. Ma adesso che il Parlamento ha tagliato altri 87 milioni di euro alle università, mi hanno fatto proprio arrabbiare».
Furio Honsell, 49 anni, famiglia e nome di battesimo tipicamente triestini, cognome di evidenti origini transalpine - «sono senz'altro un mitteleuropeo», precisa subito - da quasi sette anni è rettore dell'Università di Udine, dove ha conquistato stima e simpatia di friulani e friulanisti lavorando duramente sul campo, ma anche consortite"non accademiche" e per certi versi sorprendenti, come le comparizioni televisive da Fabio Fazio e il divertito impegno letterario. Sul ponte di comando di una nave giovane e apprezzata, ma afflitta da tempeste economiche, chiamarlorettore tradisce, in questa parola insieme solenne e istituzionale, tutto il carico di gravità che nel "reggere" è connaturato.

Lui, però, che prima di assumere il timone friulano non usciva mai dal suo studio di ricerca - fosse a Stanford, Genova (dov'è nato), Parigi o Edimburgo - ora nel suo elegante ufficio a Palazzo Florio di Udine dispensa sguardi da Lucifero e muove il passo, insieme imprevisto e meditato, del maschio della volpe. Del resto non sa giocare in difesa.

Professor Honsell, lei sta per inaugurare il nuovo anno accademico con il ministro Fabio Mussi, ma pare di capire che il cielo sia scuro.

«La mia nave, questa bellissima Università, è tanto se la condurrò in porto nel 2010, al termine dell'ultimo dei miei tre trienni».

Condurre in porto, dice. Perché: rischia di ridimensionarsi?

«Sì, conti alla mano. Le idee non mancano, ma senza soldi non volano. Non riesco a vedere prospettive reali per le università italiane. Si continua a non invertire la tendenza, a non premiare qualità e rigore».

Colpa dei politici, insomma.

«È la verità. Sempre meno si comprende e si considera l'urgenza di definire strategie per lo sviluppo. Ah, sono molto, molto delusopoliticamente. Sono passati governi d'ogni colore e dunque non accuso una parte anziché l'altra. Nessuno, dico nessuno ha ancora deciso di valutare le risorse in base al merito. Si tira a campare con la logica delquantum e così i migliori si sviliscono e si arrendono, mentre prosperano i prepotenti, quelli che fanno la voce più grossa».

E fra i migliori c'è il Friuli. Record di nuovi iscritti, exploit (effetto Honsell?) degli iscritti a matematica e in genere ai corsi scientifici. Un'eccellenza riconosciuta da tutti.

«Vorrei che continuasse questa tendenza, ma la situazione e la mentalità nazionale puniscono gli slanci ideali e le aspettative dei nostri giovani migliori: chiedono di poter fare ricerca in Friuli e in effetti noi, con i salti mortali, assumeremo quest'anno 40 ricercatori. Ma non basta».

Lei è un "cervello" italiano che è tornato all'Italia. E da buon matematico-statistico sa far di conto anche fuori dalle aule. In fondo a Udine le cose migliori accadono a dispetto dei sottofinanziamenti.

«Per forza, bisogna far tesoro della regola "min-max", fare il massimo con il minimo di forze. Finora ho agito con questo viatico. Quando sono arrivato in Friuli, le vacche erano oggettivamente magre, ma in tutti questi anni non le ho mai viste ingrassare».

Allora non si dovrebbe arrabbiare se in fondo nulla sta cambiando. Avrebbe dovuto farlo sette anni fa.

«Non mi fa rabbia la penuria in sé delle risorse, ma il perché. Il Ministero stanzia ogni anno sette miliardi di euro - sottolineosette miliardi- per le università, ma appena una trentina di milioni o poco più vengono assegnati con criteri di valutazione effettiva».

Ma a Trieste i soldi arrivano. Abbondanti.

«Per carità: nessuno mi accusi di campanilismo, non è questo il punto. E poi con il rettore Peroni abbiamo buoni rapporti di collaborazione. Però è un fatto che l'università giuliana sia largamente soprafinanziata. E non è nemmeno la situazione più clamorosa. Ma lasciamo stare...».

Eh no, professore, adesso ci spieghi.

«Abbiamo avuto atenei italiani soprafinanziati anche del 100 per cento».

Dove?

«Beh, a Messina. Ecco: l'ho detto. Per noi, invece, meno male che c'è la Regione...».

Da lì arrivano quei 5-6 milioni di euro all'anno, vero?

«Sì, il presidente Illy e l'assessore Cosolini non ci hanno mai fatto mancare sostegno, però purtroppo soltanto una piccola parte di queste risorse èlibera da vincoli di progetto. Certo, possiamo realizzare Medicina, poi arriva un milione per le Scienze motorie... Almeno queste opere si faranno».

Ma i vostri conti sembrano in pareggio.

«Ha detto sembrano. E in effetti appaiono e non sono. Su ungirodi 164 milioni di euro, chiudiamo il 2007 con un disavanzo di 7-8 milioni. I numeri sembrano pareggiare perché comprendono i finanziamenti erogati per interventi da attuare in più anni, però la verità vera èpassiva. Senza contare quella gran beffa "tecnica" che continuiamo a subire».

Quale beffa "tecnica"?

«È una cosa scientifica. In un anno, dobbiamo fronteggiare maggiori uscite per circa 4 milioni di euro alla voce aumenti di stipendi, che noi non stabiliamo di certo. In tutto attualmente sosteniamo una spesa per gli stipendi di 65 milioni e soltanto per quei 4 di aumento restituiamo alle casse pubbliche un paio di milioni fra Irpef e Irap: soldi che con il federalismo fiscale del Friuli Venezia Giulia avvantaggiano soprattutto la Regione, ma anche lo Stato. Ebbene lo Stato, per reggere l'urto, ci dà un milione. Capita la beffa "tecnica"?».

In queste condizioni sarà difficile coronare il suo sogno.

«Quale? Per la verità ne avevo diversi».

Un Museo delle Scienze a Udine.

«Sarei già soddisfatto di portare al quasi compimento il Campus dei Rizzi e a non tarpare le ali del Parco tecnologico e della Scuola superiore. Per il Museo delle Scienze bisogna coinvolgere le istituzioni e innanzitutto il Comune: noi non potremmo neanche pensarci con le nostre forze. Sarebbe una cosa straordinaria soprattutto per i più giovani, dando un taglio all'inutile spettacolo dei festival della scienza».

Perché? Riscuotono buon successo fra i ragazzi.

«Già, successo. Attirano la gente ma danno la percezione della scienza come un catalogo di grandi vittorie, che sorprendono e intimidiscono».

Mica le scoperte sono intimidatorie?

«Non dovrebbero esserlo. Ma lo spettacolo mantiene severamente le distanze, avvolge le cose in un'aura esoterica. Insomma non si fa capire. Invece la scienza, quella vera, è fatta da chi ama la quotidianità della ricerca. Un bambino che riceve in dono un giocattolo e anziché farlo funzionare, lo smonta completamente per capire come sia fatto. La mamma lo sgrida, gli contesta di averlo rotto, eppure è proprio quello il punto di partenza della scienza».

Lei ha pubblicato per Mondadori un libro alternativo di divulgazione scientifica, "L'algoritmo del parcheggio". Il botteghino ha risposto?

«Bene, benissimo: ho appena superato le ventimila copie».

È vero che ne sta già scrivendo un altro?

«Saranno due. Uno sarà pubblicato a livello quasi amatoriale ed è un commento alDe viribus quantitatis di Luca Pacioli, dove si afferma la forza dell'approccio quantitativo alle cose. Io invece affermo altri criteri, un po' come a proposito di nostri finanziamenti».

E l'altro?

«L'altro, se i crucci dell'Azienda unica ospedaliera di Udine mi lasceranno respiro, lo scriverò per proseguire la divulgazione divertente della matematica. Sarà pubblicato da Mondadori, ma non c'è ancora un titolo e anche il testo è appena cominciato».

Un "Algoritmo del parcheggio" bis?

«No, questo no. Il libro non porrà altri cento problemi, la chiave sarà diversa anche se lo scopo è sempre far amare la scienza».

Scienza. Lei le è senz'altro devoto, ma ultimamente ha cominciato a insegnare anche logica agli studenti di filosofia. Sulle orme di un grande...

«Di Ludwig Wittgenstein, vuole dire? Sì, è così. Un'esperienza molto interessante».

NBasta che non faccia come lui, che abbandonòo la cattedra di Cambridge per andare a fare il maestro elementare in montagna.

«No, non credo. Anche se in qualche modo l'ho fatto e non me ne pento».

Quali problemi pone agli studenti friulani il matematico-filosofo-divulgatore?

«Partendo da un commento di Benedetto XVI a Grozio, ho parlato di comportamenti etici: bisogna pensare e agire come se Dio fosse dato o come se Dio non fosse? In altre parole: devo dire a mia figlia "suona bene come se fosse il saggio" o "suona bene anche se non è il saggio"? In effetti la soluzione è identica, ma l'importante non è risolvere: bisogna dare forma al pensiero, imparare a pensare».

L'ultima domanda è obbligata: a quando una sua candidatura politica?

«Non ho mai avuto e continuo a non avere aspirazioni del genere. Anche se...».

Se?

«Me l'hanno già chiesto di candidarmi, magari anche per le prossime elezioni qui a Udine. Ma ho ancora quasi tre anni di rettorato. Non cerco questa prospettiva e poi servirebbero condizioni che me la facciano diventare, come dire, naturale».

È un ni?

«Non mi sottrarrò se un domani le cose si concretizzassero. Ma sia chiaro: io non cerco nulla».

Maurizio Bait


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