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Gaffe del viceministro:«Da sfigati laurearsi dopo i ventotto anni»

Polemica sulle affermazioni di Michel Martone, che poi si scusa I sindacati «Forse non conosce la sofferenza dei giovani»

25/01/2012
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l'Unità

Susanna Turco

Dacché era diventato viceministro al Lavoro, era del tutto invisibile e silente. Scarsa armonia con Elsa Fornero, sussurravano. E comunque, anche alla trattativa di lunedì coi sindacati, era seduto in fondo al tavolo. Gli è, però, bastato sussurrare uno «sfigati» per provocare un pandemonio di quelli che non si vedevano dai tempi dei «bamboccioni » di Tommaso Padoa Schioppa. Roba da fargli rimpiangere la consegna del silenzio. Ieri Michel Martone, 38 anni, supergiovane del governo Monti, s’è infatti conquistato suo malgrado la ribalta di commenti, prime pagine on line, social network. Motivo, la dichiarazione rilasciata a un convegno sull’apprendistato:«Dobbiamo iniziare a far passare messaggi culturali nuovi: dobbiamo dire ai nostri giovani che se non sei ancora laureato a 28 anni, sei uno sfigato... essere secchioni è bello», ha detto la mattina. Di lì in poi, il delirio bipartisan. Attacchi da destra e sinistra, Gianfranco Rotondi e Nichi Vendola, Antonio Di Pietro e Vittoria Franco, e la Lega, persino. Anche il ministro Fornero, pur rifiutando di «sgridarlo per il linguaggio usato», precisa la propria distanza: «Nonne sono stata testimone ». IL REQUISITO DELL’ETÀ C’è infatti che toccare il requisito dell’età, in un Paese che ha nell’età uno dei suoi punti più dolenti e nelle università una media di laureati a circa 27 anni (e si è anche abbassata con la riforma del 3+2) finire a scottarsi è un gioco da ragazzi. «Indignata» l’Unione degli Universitari, tra i primi, e quanti sanno sanno che «il40 per cento degli studenti universitari fa almeno un lavoro, anche in nero, per mantenersi gli studi». Non uno strale viene risparmiato al povero viceministro: «Non tutti sono figli di papà», dice l’associazione Gioventù e libertà. «Forse Martone non conosce la sofferenza dei giovani», specifica Mimmo Pantaleo della Flc-Cgil. Forse. Già, perché parlando Martone riesce a riaccendere un faro che probabilmente avrebbe preferito spegnere, o almeno affievolire: quello di avere come padre il giudice di lunga e intensa carriera Antonio Martone, peraltro anche lui a suo tempo docente alla Sapienza e alla Luiss (come il figlio); quello di essere – in sostanza –un giovane sveglio e studioso che si è «piegato sui libri» ma non ha dovuto farsi largo da sé a gomitate, perché la strada gli era naturaliter aperta – fortunato: bastava solo percorrerla comeha fatto lui, con onore e dovuta preparazione e attenta triangolazione tra gli amici di famiglia e i Brunetta e i Sacconi e i Montezemoli. Intanto, per stare a ieri, Martone prova a parare il colpo: «Io non mi riferivo ha chi ha problemi di lavoro, famiglia o salute. Solo a chi si laurea comodamente dopo i 28 anni stando a casa», precisa nel pomeriggio. Restano in pochi a difenderlo: la più ferma Daniela Santanchè, per dire. Persino chi prova a spiegare «non lo crocifiggiamo» (Giuliano Cazzola del Pdl), è infatti costretto a mettere il coltello nella piaga dello “sfigato”: «Ha usato un aggettivo improprio che appartiene più al linguaggio dei giovani che a quello dei ministri». «Bocciato in comunicazione, ha posto un problema vero», dice il futurista Mariniello. Il vero punto dolente, in effetti, non è tanto il tema dell’età media di laurea (problema che di tutta evidenza esiste in Italia) ma il modo d’affrontarlo e comunicarlo – che però sulla scena politica è molto, per non dire tutto. «Se la sfiga è un demerito, la fortuna diventa una virtù. Mi pare una china scivolosa», chiosa infatti perfido Marco Follini – uno che le parole le sa usare. E al fortunato Martone, a sera, non resta che dire: «In futuro sarò più sobrio». Vale a dire meno “giovane” e un po’ più viceministro, magari.❖ 


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