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FdV-Education: A scuola di responsabilità

Education: A scuola di responsabilità Le responsabilità primarie dei docenti. Di Dario Missaglia, responsabile ...

17/01/2006
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Education: A scuola di responsabilità

Le responsabilità primarie dei docenti. Di Dario Missaglia, responsabile Sezione Education, FDV.

La questione del "contratto di responsabilità parentale" in Francia, di cui abbiamo dato conto nei giorni scorsi, fa discutere.
"Le Monde" riferisce di un mondo dell'educazione "inquieto", perplesso di fronte alle misure proposte. La proposta, ricordiamolo, prevede che il contratto copra tre casi possibili: assenza prolungata e ingiustificata da scuola, "abbandono" dei minori fino a tarda ora per strada, comportamenti problematici a scuola.
Sul primo caso, dicono i rappresentanti del mondo dell'educazione, non c'è problema. Da tempo in Francia sono disposte misure atte a contrastare il fenomeno della non frequenza scolastica (i genitori possono essere chiamati a pagare una multa di 750 euro).
Fenomeno da noi "invisibile". Le scuole italiane non raccolgono né tantomeno rendono pubblico un fenomeno che è invece particolarmente grave negli istituti superiori, in particolare negli istituti professionali. Il problema non c'è, non esiste. Pertanto non esistono misure in proposito, salvo la norma da ultimo disposta nel decreto sul secondo ciclo che prevede la bocciatura "automatica" per coloro che superano il 25% di assenze del monte ore annuo dell'istituto.
Norma evidentemente controversa dal momento che non è precisato neppure che cosa possa accadere in caso di assenza per malattia o trasferimento o, nel caso di studenti stranieri, di iscrizione in corso d'anno.
Ma soprattutto questa norma non serve ad attivare nessun rapporto tra scuola e genitori; è un automatismo. Basta certificare.

Il secondo caso non riguarda evidentemente la scuola dal momento che docenti e capi di istituto non possono assumere responsabilità dirette su ciò che il giovane può fare o meno una volta fuori dalla scuola. In tal caso spetta ai servizi sociali esercitare il loro ruolo anche se, dal punto di vista educativo, molto la scuola può fare per costruire un rapporto positivo tra scuola e territorio, tra iniziative dentro la scuola e condizioni di vita dei ragazzi fuori dalla scuola.
Ma è il terzo caso ad aprire la discussione più sofferta. Che cosa vuol dire "comportamento problematico" a scuola? Qual'è la definizione di "infrazione"? Chi può giudicare?

Ci si domanda, soprattutto, se questa ipotesi non finisca con il contraddire una delle finalità fondamentali della scuola pubblica che è quella di "farsi carico" anche delle situazioni più problematiche per favorire un processo di crescita e miglioramento. Si teme insomma una deriva di tipo autoritario, giustizialista, diremmo noi. E certamente il rischio esiste se accanto a misure di
"contenimento" la scuola non opera sull'altro versante: il coinvolgimento dei genitori e degli studenti, l'affermazione di una partecipazione non formale alle scelte e al governo della scuola. Tema anche per noi attualissimo.
Ma è significativo che il sindacato maggioritario dei capi di istituto (SNPDEN) affermi che questa responsabilità non può far capo ai dirigenti scolastici ma ai giudici minorili. Come dire, la non frequenza e la relativa responsabilità dei genitori è una questione di ordine pubblico, di giustizia minorile. La scuola non c'entra.

Ma la non frequenza non può diventare reato. E', e così dovrebbe essere colto, una segnale di profondo malessere e di crisi dell'istituzione pubblica. Ognuno dovrebbe fare la propria parte. Se tanti giovani dichiarano letteralmente di annoiarsi a morte durante le lezioni, noi non possiamo replicare cantando le lodi delle splendide discipline che vengono insegnate. Vuol dire che la scuola non riesce a rendere quelle discipline un contenuto in qualche modo interessante, stimolante, per i giovani. Vuol dire che esiste un grande problema relativo ai curricoli e alla didattica nella scuola di cui nessuno parla. Vuol dire che la scuola non riesce, o non sempre riesce, a trovare un senso, un significato, capace di collegare le esperienze di vita dei giovani con i contenuti dell'insegnamento.

Questa è la responsabilità primaria dei docenti. Un contratto di responsabilità parentale non può essere la scorciatoia per assolvere la scuola dalle proprie responsabilità.

Dario Missaglia, responsabile Sezione Education, FDV.


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