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«È meglio aspettare» I governatori preoccupati per l’aumento dei contagi

Ognuno per sé. Dopo l’intervento del Comitato tecnico scientifico sul ritorno in classe per gli studenti delle superiori, oggi il rientro non riguarderà tutti i 2 milioni e 600 mila ragazzi d’Italia

18/01/2021
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Corriere della sera

Chiara Voltattorni

Roma Ognuno per sé. Dopo l’intervento del Comitato tecnico scientifico sul ritorno in classe per gli studenti delle superiori, oggi il rientro non riguarderà tutti i 2 milioni e 600 mila ragazzi d’Italia. Perché, dopo mesi di didattica a distanza, se per il Cts le scuole superiori possono tornare in presenza (fino al 75%), sono meno della metà le regioni che seguiranno le sue indicazioni. «Continua una situazione d’incertezza», denuncia il governatore dell’Emilia-Romagna e presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini. Lui ha dato l’ok al ritorno in presenza al 50% («non voglio accrescere il caos»), ma sottolinea «la contraddizione» tra il Cts per il quale «ora la didattica in presenza è compatibile con la zona arancione», e «l’Istituto superiore di sanità che parla del rischio di pandemia fuori controllo: avremo così regioni in zona gialla con Dad anche per le elementari e regioni in arancione con studenti delle superiori in presenza».

I liceali di Valle d’Aosta, Abruzzo, Toscana e della provincia di Trento già dall’11 gennaio sono in classe, ma finora la maggioranza dei loro compagni ha continuato a seguire le lezioni da casa. Oggi poteva essere il D-Day con il rientro per tutti. Un nuovo «primo giorno» dopo quel 14 settembre che aveva segnato il ritorno sui banchi dal 9 marzo, quando l’Italia entrò in lockdown, e dopo il nuovo stop del 6 novembre. E invece oggi solo nelle superiori di Lazio, Molise, Piemonte ed Emilia Romagna si rientrerà, anche se a rotazione. Ma se la zona rossa di Lombardia, Sicilia e provincia di Bolzano non prevede il ritorno in aula, le altre regioni in zona gialla o arancione avevano l’ok, anche del Cts. Hanno deciso di aspettare ancora.

«Prevenire è meglio che curare», dice il governatore della Calabria Nino Spirlì che, nonostante la sua regione sia in zona arancione e quindi le scuole possano riaprire secondo il parere del Cts, conferma il rientro dei ragazzi solo dal primo febbraio: «I contagi da noi sono in aumento e interessano anche fasce più giovani, molti genitori ci hanno sollecitato ad aspettare e a continuare con la didattica a distanza». Aspettano febbraio anche gli studenti della Basilicata (e di Veneto, Marche e Sardegna) nonostante siano in zona gialla. Il governatore Vito Bardi motiva la scelta con l’aumento dei contagi: «Si conferma il trend in crescita del 6,33%».

Una settimana ancora di Dad (fino al 25 gennaio) anche per gli studenti di Campania, Umbria, Liguria e Puglia. In quest’ultima regione il presidente Michele Emiliano ha appena prorogato il ritorno in classe per i più grandi, mentre per i più piccoli lascia la scelta alle famiglie: lezioni da casa o in classe. E con buona pace del Cts, ribadisce: «La scuola non è un posto sicuro, come non lo è qualsiasi luogo dove si sta seduti per ore».

Non cambia idea neanche il governatore del Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga: rientro a scuola il primo febbraio, anche se in zona arancione. «Al Cts chiedo: perché aumentate le restrizioni per le diverse zone ma permettete la scuola in presenza? Il mio gruppo di lavoro certifica il rischio di aumento contagi con la riapertura delle scuole, è prudente aspettare». E poi promette: «Chiederò ufficialmente al Cts che assicuri che con trasporti al 50% e distanziamento in classe di un metro non ci sia alcun rischio contagio».


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