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E continuano a chiamarla "utilità"

di Stefano Bartezzaghi

30/11/2013
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la Repubblica

L’INGLESUCCIO che serve a usare il computer lo si impara facilmente usando appunto il computer; e così del resto il computer stesso, che si fonda sostanzialmente su un’epistemologia autoesplicativa. Il latino invece si può imparare solo a scuola e morirà davvero solo il giorno in cui nessuna scuola lo insegnerà più. L’idea di quantificarne l’utilità è gemella all’idea di depurare i bilanci pubblici dagli investimenti per la cultura e dal sostegno a tutte quelle attività che l’economo considera improduttive e “senza ritorno”. Certo, che non c’è ritorno! La cultura è infatti un viaggio di sola andata; l’unico modo per tornare indietro è abrogarla. Un giorno il commissario per la cultura popolare di un governo del fare leggerà i programmi scolastici con un paio di affilate forbici. La sera di quel giorno a essere fatto a coriandoli non sarà il solo latino. La storia, non è forse “morta” per sua stessa definizione? E la filosofia? E a cosa serve la matematica, per l’attività di un futuro avvocato o ortopedico? La verità è che la scuola non deve essere utile né inutile: è autile, un’industria no-profit (la pubblica) di trasmissione del sapere in cui comunità di due generazioni diverse si scambiano insegnamenti e aggiornamenti su cosa implichi e cosa significhi essere italiani oggi.

Il testo è tratto dal numero uno nuova serie della rivista Latinitas


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